Sant’Agata

Catania III secolo - Catania 250
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Terra di sante toste, la Sicilia. Non solo la siracusana Lucia, ma anche e prima di lei, Agata, Sant’Aita, patrona di Catania e protettrice dei suoi cittadini dalle eruzioni dell’Etna, formidabile e pericoloso vicino: nel primo anniversario della morte della santa Agata, la lava del vulcano, che scivolava pericolosamente verso l’abitato, per miracolo si arrestò.
La tradizione, risalente al III secolo, vuol che questa fanciulla nobile, bella, ricca e, come suggerisce il nome di origine greca, “buona”, sia chiesta in moglie dal potentissimo magistrato romano Quinziano o Quintiniano: la giovinetta, però, arde d’amore per ben altro sposo. È innamorata di Gesù e in suo nome ha fatto voto di castità. Il proconsole romano, allora, dopo aver esaurito ogni possibile lusinga, affida Agata nella mani di Afrodisia, nomen omen, un po’ maga e un po’ ruffiana, ma soprattutto tenutaria di una casa di piacere. Qui è ristretta la vergine e sottoposta a ogni genere di pressioni, morali e fisiche, alle quali Agata oppose un’inoppugnabile resistenza. Allora Quinziano, consumate tutte le sue risorse di pazienza, la passa alle cure dei carnefici che fanno strazio del giovane corpo della fanciulla, accanendosi sui suoi seni come estrema umiliazione di una femminilità che non intendeva piegarsi: un’orrenda mutilazione quella subita dalla giovane, prontamente sanata da San Pietro che, apparso ad Agata, ne favorisce la pronta cicatrizzazione. Sprezzanti le parole della giovinetta nei confronti del suo carnefice: “Tiranno crudele! Non hai vergogna di torturare in una donna quello stesso seno da cui, bambino, hai ricevuto la vita?” E muoveva “con grande gioia al carcere come una sposa verso le nozze” (Antifona delle lodi e dei vespri). Solo la brutalità della prigione e, più tardi, i carboni ardenti riescono ad avere ragione di questa martire, dolce e dignitosa, mite e fiera della propria verginità consacrata a Cristo. Santa “ausiliatrice” fin dal Medioevo, la “Santuzza” è oggi la protettrice delle donne malate al seno e la patrona dei fonditori di campane. La sua festa si dà il 5 febbraio e le sue reliquie sono conservate nel duomo di Catania in una cassa d’argento di gusto gotico, opera quattrocentesca del maestro argentiere Vincenzo Archifel (1461-1533). Del senese Giovanni di Bartolo il busto reliquiario d’argento della santa affiancato da due angeli con le ali spiegate: lavoro di preziosa oreficeria esso reca sul capo una corona donata dal re d’Inghilterra, Riccardo Cuor di Leone (1157-1199).

Come nel caso di Lucia, anche la memoria della santa di Catania è legata a un dolce prelibato che prende ispirazione dal suo martirio e dalla parte del corpo offesa: le siciliane “minne” – ovvero le poppe – di Sant’Agata.

Ingredienti per 10 dessert:
– pasta frolla;
– 500 gr di farina;
– 200 gr di burro;
– 150 gr di zucchero a velo;
– 3 tuorli;
– 1 bustina di vanillina.

Ripieno:
– 600 gr di ricotta di pecora;
– 100 gr di zucchero a velo;
– 80 gr di arance candite;
– la scorza di un’arancia grattugiata (facoltativa);
– 100 gr di cioccolato fondente.

Glassa:
– 525 gr di zucchero a velo;
– 3 albumi;
– 3 cucchiai di succo di limone.

10 ciliegine per guarnire.

Impasta la pasta frolla in questo modo: su una spianatoia versa la farina che avrai precedentemente frullato in un mixer con il burro freddo. Aggiungi i tuorli, la bustina di vanillina e impasta con le mani per ottenere un composto omogeneo. Avvolgi la pasta frolla in un foglio di pellicola e lasciala riposare in frigorifero per almeno mezz’ora.
Per il ripieno procedi tagliando a pezzetti l’arancia candita e il cioccolato fondente. Setaccia molto bene la ricotta, passandola attraverso un colino e unisci lo zucchero a velo, anch’esso passato al setaccio. Aggiungi poi i pezzetti di arancia candita e quelli del cioccolato. A questo punto, se vuoi, puoi grattare la scorza di arancia, per un aroma più profumato. Mescola tutto molto bene.
Prendi dal frigo la pasta frolla e con un matterello stendi una sfoglia alta circa mezzo cm e fodera con essa degli stampi semisferici di metallo o anche di silicone (diametro 8 cm e capienza 115 ml ) e riempili con circa 80 gr di ricotta. Con la pasta avanzata fai dei cerchi per sigillare gli stampi e chiuderli premendo leggermente i bordi.
Inforna in un forno ventilato già caldo a 180° per 15 minuti e, quando saranno completamente raffreddate, sfornale. Sistemale su una gratella e intanto prepara la glassa: monta gli albumi e quando il composto risulterà semi-montato, aggiungi lo zucchero a velo, un cucchiaio alla volta e alla fine il succo di limone. La consistenza della glassa non deve essere troppo soda, ma deve “scrivere”, cioè lasciare una scia cadendo dall’alto.
Ricopri bene le minne con la glassa, facendola scivolare uniformemente sul dolce e aggiungi poi una ciliegina sulla sommità di ogni dessert. Lasciale asciugare sulla gratella in modo da far colare la glassa in eccesso. Le minne di sant’Agata sono pronte e si possono mangiare subito, oppure quando la glassa è completamente asciugata.

Fonti, risorse bibliografiche, siti

Cattabiani Alfredo, Santi d'Italia, Rizzoli, Milano 1993

Farmer David H., Dizionario Oxford dei santi, Franco Muzzio editore, Padova 1989

Lodi Enzo, I santi del calendario romano, Edizioni Paoline, Milano 1992

Masante Fausto, I Santi dell'anno, Gribaudi Torino 1986

Referenze iconografiche: Martirio di Sant’Agata, 1519/1522. Francesco Prata da Caravaggio - Brescia, Chiesa di Sant’Agata. Immagine in pubblico dominio.

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Luciano Luciani

Luciano Luciani (Roma, 1947), docente di italiano e latino, ha insegnato nei licei di Capannori, Forte dei Marmi, Viareggio e Lucca. Giornalista pubblicista ha collaborato e collabora con numerose testate locali e nazionali, on line e di carta. Ha scritto libri di storia e antropologia del cibo, sul Risorgimento e sulla Resistenza.

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