“Salve, vorrei presentarmi: sono Sandra Verda, sono del cancro e ho il cancro!”
Fu così, nell’ottobre del 1994, in occasione della prima uscita del trimestrale femminista «MAREA» che la scrittrice genovese Sandra Verda fece il suo ingresso nel mondo politico e culturale del movimento delle donne, e nella mia vita. Del cancro, nel suo caso peculiare e rarissimo un non-Hodgkin che l’aveva colpita all’età di 16 anni, portandole via adolescenza, salute e fertilità, avrebbe parlato nel suo primo libro, il bestseller Il male addosso, edito da Bollati Boringheri nel 1995: un fenomeno editoriale straordinario, che la portò a calcare le scene tv per oltre un anno, invitata spesso al Costanzo Show, a causa anche dello scandalo che seguì la pubblicazione.
Poco dopo l’uscita del libro, infatti, rea di avere raccontato la malattia, la sofferenza condivisa con i genitori, l’inizio della crisi nei rapporti con la sorella, le miserie e le nobiltà della medicina italiana, nonché la vittoriosa e creativa convivenza con il male, fu licenziata in tronco dalla Disney, per la quale era una delle pochissime soggettiste e sceneggiatrici di fumetti. Suo, per esempio, uno dei numeri di Topolino più ricercati nel collezionismo fumettistico: Sior Papero Brontolon, una storia del 1992 parodia della commedia Goldoniana Sior Todero Brontolon o il vecchio fastidioso.
La storia fu scritta da Verda e disegnata da Sandro Del Conte. Ma la Disney non poteva permettere che il suo nome fosse collegato con una malattia, e per questo la allontanò. Nella brutalità del gesto ci fu, in questo caso, un vantaggioso eco di pubblicità per il libro di Sandra Verda, che ebbe quattro ristampe e vinse il premio Rapallo Carige per la donna scrittrice, sempre nel 1995.1.
Sandra Verda nasce a Genova il 30 giugno del 1959, da madre casalinga e padre medico, entrambe figure molto presenti nella sua vita personale e artistica; saranno loro, infatti, a incoraggiarla a tenere appunti e diari durante la malattia, preziosi spunti dai quali poi originerà Il male addosso. Studia al liceo classico, e intraprende in parallelo la carriera di fumettista e quella di scrittrice.
“Voglio diventare qualcuno – afferma durante una premiazione -, ma senza affanno, con la calma di chi si è vista portar via molti anni di vita, e ora, rinata dopo una morte simbolica di alcune parti di sé, affronta il mondo con una verità personale limpida e ricca di senso”.
Legatissima a Giulio Bollati, che per primo crede in lei come scrittrice, così ne ha ricordato la figura quasi paterna: ”Se Giulio Bollati non avesse letto la lettera in cui gli illustravo il mio primo romanzo Il male addosso e incuriosito non mi avesse chiesto di leggere il manoscritto, tutta la fortuna editoriale che ne è seguita non avrebbe potuto compiersi.”
È profonda estimatrice di Pasolini, del quale legge in piazza a Genova nel 2005, alla Fiera della piccola editoria, pagine profetiche sulla devastante azione della televisione commerciale nell’immaginario sociale. Di convinta formazione liberale e laica, individualista e sospettosa verso la politica istituzionale ma generosa nel dare e offrire tempo e sapere, si appassiona alle lotte sociali e a quelle per i diritti delle donne; è testimonial nel 2005 contro la legge 40, portando alla luce la sua peculiare esperienza nei, falliti, tentativi di concepire con la fecondazione in vitro.
In alcuni scritti pubblicati su «MAREA» in previsione del referendum sulla legge 40 Verda affronta direttamente il tema dell’ambivalenza del materno, che nel caso della sterilità rischia di diventare un ossessionante viaggio di accanimento.
“La società in cui nasciamo e cresciamo costruisce le femmine perché diventino soprattutto madri, non importa quale prezzo da adulte toccherà loro pagare. Regalare una bambola ad una bambina equivale ad una pistola giocattolo, è educare alle armi, è insinuare nella sua psiche un binomio indissolubile: donna vuol dire madre. Sono stata cresciuta per essere Sandra-madre e non semplicemente Sandra e averlo compreso mi ha fatto accettare la sterilità, rinascere con una nuova consapevolezza femminile e riprendere finalmente, a 32 anni, possesso di tutta me stessa.
A 37 anni ho avuto la possibilità di diventare madre con la fecondazione assistita eterologa, quella che oggi una legge parziale e crudele impedisce. Impossibile dimenticare quel pomeriggio in cui mi fu riscontrato un magnifico utero e un portentoso bacino capace di contenere ampiamente tre o quattro creature, impossibile non ricordare quella felicità immensa e inebriante che capivo essere autentico delirio di onnipotenza. Poi la pratica, spietata quanto gelida in ogni suo anfratto, con due tentativi dei cinque previsti, con vergognosi costi economici, con una devastazione chimica e morfologica del mio corpo. […]
In tutti quei frangenti ero completamente sola col mio essere perché anche se hai un ottimo uomo al tuo fianco con le migliori intenzioni di condividere questa esperienza, egli non potrà mai capacitarsi della ciclopica e costante fatica a cui vieni sottoposta.[…] Solo per motivi indipendenti dai problemi di salute che si manifestarono, dopo una profonda riflessione sul perché io desiderassi diventare madre ad ogni costo, ho scelto e quindi deciso di essere una donna non-madre. Non ho sofferto, di più, è stata una liberazione da un obbligo ancestrale che mi spingeva, come un automa, a realizzare quello per cui ero stata culturalmente programmata.”
Il secondo libro All’ombra dei girasoli (Frassinelli, 1997) non ottiene lo stesso successo del primo, anche perché l’argomento non è, giornalisticamente, così scandalosamente spendibile come la malattia. La storia è quella di un pezzo della famiglia Verda, coinvolta, nella concitata fine del fascismo dopo l’8 settembre, in una poco chiara faida che porterà all’uccisione di un parente da parte di un partigiano. La cifra di scrittura di questo secondo libro è meno solare de Il male addosso che, paradossalmente, pur trattando di malattia, risultava pieno di energia e speranza. Qui pesano l’esito drammatico della vicenda e lo sgomento per la fine di un sogno di liberazione collettiva dalla violenza dopo il fascismo.
Dopo un fugace impegno come candidata indipendente nelle liste del Partito Democratico della Sinistra (Pds), nel 1997, a Genova Sandra Verda continua a collaborare con il trimestrale «MAREA», con articoli e la partecipazione al cd audio sulle scrittrici italiane del ‘900 Ritratto di signora, mettendo in luce l’attualità di Grazia Deledda. Giurata per il premio Andersen, autrice di servizi culturali per la radio e tv svizzera, realizza con altri fumettisti un corso online di fumetto comico e tiene una rubrica per l’edizione genovese di «Repubblica» fino al 2008.
Le sue condizioni di salute peggiorano alla fine di questo stesso anno. Muore sola, per un infarto, nella casa amatissima costruita dal padre a Voltaggio, nel basso Piemonte, tra il 7 e il 10 settembre 2014: con lei due cani, che la vegliano quasi fino a morire di sete e fame. Sono i loro guaiti a dare l’allarme. Amiche e amici si riuniscono in una cerimonia laica a ottobre, accanto al fiume che scorre a Voltaggio.
Il materiale inedito che ha lasciato, così come la sua biblioteca, troveranno posto nella sede di Altradimora, centro di formazione che Sandra aveva animato nel 2009 con il seminario Il corpo indocile: autodeterminazione nel nascere e nel morire.
- Altri riconoscimenti: Targa d’oro del Premio letterario Stefanelli, finalista al Premio Flaiano e al Premio Donna Città di Roma ^