Ruthie Dennis è stata, col nome d’arte di Ruth St. Denis, la più importante pioniera della danza moderna americana. Nasce il 27 gennaio 1879 nel New Jersey, da genitori che si conobbero in una comunità artistica ispirata alle teorie del mistico svedese Emanuel Swedenborg. Muore a Hollywood il 21 luglio 1968, dopo una vita dedicata alla danza intesa come rituale e manifestazione del sacro, saccheggiando a piene mani, spesso non senza ambiguità, le culture coreutiche orientali. Ma St. Denis non fu, non soltanto almeno, una danzatrice orientale, ma un’artefice della danza come liturgia e redenzione.
Il padre, Thomas Laban Dennis, era un inventore di poco successo e un alcolista, invece, di gran carriera. La madre, Ruth Emma Hull, fu una delle prime laureate in medicina, nonché femminista della prima ora. Aprì la sua fattoria a teosofi, artisti e seguaci della Christian Science, movimento religioso fondato nel 1875 da Mary Baker Eddy. Qui, la giovane Ruthie impara fin da subito che arte e spiritualità corrono parallele. Dalla madre riceve, anche, le prime lezioni di movimento ispirate alle teorie di François Delsarte, che poi mette in pratica in alcune esibizioni per gli ospiti della fattoria. Nel 1893, a soli quattordici anni, si trasferisce a New York, col benestare della madre, e l’anno dopo debutta al Worth’s Family Theatre and Museum come ballerina acrobatica. Studia danza spagnola e balletto classico con le italiane Ernestina Bossi e Maria Bonfanti.
Nel 1900 entra nella compagnia di David Belasco e va in tournée in Europa; da questa esperienza nasce in lei, come una vera e propria folgorazione culturale, l’attrazione per l’esotismo e per una spettacolarità eccessiva, di forte impronta emozionale. A Parigi, all’Exposition Coloniale, assiste alle danze moderniste di Loie Fuller e a quelle orientaliste di Sada Yacco. Nel 1905 abbandona la compagnia di Belasco e inizia a studiare le grandi tradizioni dell’Asia per poter progettare uno spettacolo di danza che sia insieme d’arte e spirituale. La mitografia, spesso ribadita, racconta di una sua folgorazione sulla via dell’Oriente egiziano di fronte alla pubblicità di una nota marca di sigarette che raffigurava la dea Isis. Sono del 1906 Radha, The Cobras e Incense, suoi primi assoli di ispirazione indiana, cui seguono, nel 1908, The Yogi e Nautch. Ritorna in Europa, e a Berlino incontra Max Reinhardt e Hugo von Hofmannsthal. Quest’ultimo, sulla enigmaticità espressiva di St. Denis scrive: «è affine all’impenetrabile sorriso sui quadri di Leonardo», e «Questa è la danzatrice lidia discesa dal bassorilievo». Tornata negli Stati Uniti, Ruth porta in tournée altri brevi drammi danzati di ispirazione orientale; nel 1914 sposa, a Los Angeles, il danzatore Ted Shawn (1891-1972), come lei impegnato a dare visibilità a una danza di ispirazione autenticamente americana, pur se negoziata attraverso l’esplorazione di molte tradizioni coreutiche native. Nel 1915 fondano la Ruth St. Denis School of Dancing and Its Related Arts, poi Denishawn School. È del 1916 la partecipazione al film di D. W. Griffith, Intolerance per le danze dell’episodio ambientato a Babilonia. In questo stesso anno realizza con Shawn, al Greek Theatre di Berkeley, Pageant of Egypt, Greece, and India, con più di 150 danzatori e, per la prima volta negli Stati Uniti, con una vasta affluenza di spettatori.
Dal 1919 al 1922, assistita da Doris Humphrey (1895-1958), crea una serie di lavori improntati alla music visualization, metodo compositivo che prevede che ad ogni singolo momento del testo musicale corrisponda un singolo momento gestuale e visivo; poi si ricongiunge a Shawn per una grande tournée americana organizzata dall’impresario Daniel Mayer. Nel 1925 è la volta dell’Asia, poi Giappone, Cina, Birmania, India, Ceylon, Singapore, Giava, Indocina e Filippine: ovunque prendono lezioni di danza locale e ne incontrano i protagonisti. A Calcutta conoscono il premio Nobel Rabindranath Tagore, alla cui amicizia Ruth St. Denis nel 1929 dedicherà la coreografia A Tagore Poem. Nel 1928 viene inaugurata la nuova sede newyorkese della Denishawn, ma alcune importanti defezioni nella compagnia, come quelle di Doris Humphrey e Charles Weidman che mal sopportano il moralismo autoritario e i pregiudizi razziali e culturali della coppia, ne minano la sopravvivenza. Definitivamente chiusa la relazione con Shawn, da cui però non divorzierà mai, St. Denis dedica l’intera ultima parte della sua vita alla diffusione di una idea di teatro sacro. Vito Di Bernardi parla di «una vena utopica, perfino messianica». Spesso interpretando la figura della Madonna, St. Denis promuove, in una drammaturgia della redenzione, la dimensione spirituale nella ricerca artistica, addirittura fondando una Chiesa della danza divina.
Nel 1932 pubblica una raccolta di poesie, Lotus Light e, nel 1939, la sua autobiografia, An Unfinished Life, il cui successo porta a una riscoperta del suo lavoro. Nel 1940 fonda, con La Meri (1899-1988), la School of Natya, scuola di danza interamente dedicata alle tecniche coreutiche asiatiche. Dopo essersi trasferita a Hollywood, collabora saltuariamente ancora con Ted Shawn; nel 1964, per le loro nozze d’oro, danzano per l’ultima volta insieme in Siddhas of the Upper Air. Nel 1966, a ottantasette anni, danza per l’ultima volta uno dei suoi assoli più rappresentativi e più illustrativo del suo credo artistico: Incense.
Ruth Dennis
detta Ruth St. Denis
Fonti, risorse bibliografiche, siti
Ruth St. Denis, An Unfinished Life, New York and London: Harper & Brothers, 1939
Vito Di Bernardi, Ruth St. Denis, Palermo: L’Épos, 2006
Referenze iconografiche:
Prima immagine: Ruth St. Denis in The Cobras. Foto di New York Public Library, fonte Flickr.
Seconda immagine: Ruth St. Denis mentre danza. Foto di Genthe, Arnold. Fonte: United States Library of Congress's Prints and Photographs division. Immagine in pubblico dominio.
Stefano Tomassini
Insegna all'Università Iuav di Venezia e all'Università della Svizzera italiana di Lugano. Si occupa di danza, teatro, e di letteratura. Senza pregiudizi, perché l'unica cosa che ha imparato è che si deve sempre dire la verità. E che le parole, come i gesti o i suoni, di oggi vengono dal passato. Non crede nel vangelo della gioia, né agli angeli.