Ôei (Sakae) Katsushika

1790-1800 - 1866
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Ôei era figlia di secondo letto dell’artista giapponese Katsushika Hokusai (estremamente famoso già in vita anche in Europa). In patria viene ricordata con la qualifica di “pittrice compiuta nel suo pieno diritto”. Nonostante molti suoi lavori fossero commercializzati con il solo nome del padre, Ôei ha lasciato anche diverse opere autografe.
I commentatori si sono sbizzarriti sull’origine del nome della pittrice, che in realtà si chiamava Sakae. Alcuni ipotizzano che il nome Ôei fosse stato scelto a causa del fatto che il padre la chiamava al grido di “Oi, oi“.  Secondo altri invece il nome significa “brillo”, e Hokusai l’avrebbe voluto per la figlia ironizzando su come le piaceva il Sake. Una versione meno maligna riporta che il suo nome era Ei, con una ‘O’ onoraria che lo precede, secondo l’usanza affermatasi per i nomi delle dame nel periodo Edo (XVII-XIX secolo circa).
Della vita di Ôei si sa poco. Diverse fonti dicono che sia nata quando Hokusai (1760-1849) aveva 37 anni e altri figli, tra i quali la pittrice Otetsu morta in giovane età. Ma la vera erede artistica del pittore fu appunto Ôei, terzogenita della seconda moglie. 
Al momento di maritarsi, Ôei scelse il mercante Minamizawa Tomei, e con lui studiò arte presso il pittore Tsutsumi Torin. Ma presto divorziò dal marito, non accettando di trovarlo artisticamente mediocre.
Tornata a vivere con il padre Hokusai, Ôei lo aiutò nella sua arte e iniziò a produrre la propria; rimase con lui e lo accudì nella sua vecchiaia fino alla fine. Come riportano alcune fonti, la pittrice condivideva con Hokusai una vita quotidiana disordinata, dove l’arte escludeva ogni altro interesse; piuttosto che provvedere alla manutenzione ordinaria dell’abitazione, Ôei e Hokusai erano soliti trasferirsi periodicamente di casa, dedicandosi completamente al loro lavoro.
Padre e figlia seguivano entrambi lo stile ukiyo-e, («pittura della vita che passa, del mondo fluttuante») che fiorì tra l’inizio del 17° e la fine del 19° secolo e aprì il Giappone agli influssi occidentali. Le stampe di Scuola Ukiyo-e erano accessibili come prezzo e trattavano scene del mondo contemporaneo, della vita quotidiana, degli attori del teatro Kabuki e dei quartieri di piacere, sostituendo i solenni soggetti di tradizione aristocratica.
Ôei ci ha lasciato diverse tavole con firma, un piccolo corpus di stampe e due volumi di illustrazioni. La pittrice realizzò splendide opere con creature mitologiche e bijin-ga (ritratti di belle donne); inoltre eseguiva in incognito molti lavori poi firmati da suo padre e colorava alcuni dei suoi shunga (stampe erotiche). Nelle opere di Ôei risaltano alcune innovazioni rispetto alla precedente tradizione giapponese, caratterizzata prevalentemente da forme stilizzate e coloriture piatte. Per esempio nel Notturno in Yoshiwara la pittrice utilizza potenti tecniche di luce e ombra, studia l’effetto delle lanterne nel buio e la luce che emana dall’interno della casa da tè. La firma si riconosce nelle lettere O, I, e EI dipinte separatamente su tre lampioncini nella parte bassa del quadro. Anche nel dipinto Bella visione di fiori di ciliegio durante la notte due lanterne illuminano il viso e il kimono della donna intenta a dipingere, mentre gli alberi sono presentati in controluce.  Le stelle non sono puntini bianchi, come era usuale, ma rossi e blu. Ôei si distingue anche per il tocco vivace delle sue scene: per esempio, nell’opera Tre suonatrici l’esecuzione musicale concitata si esprime tramite l’andamento curvo delle figure e la particolare angolazione dei polsi; altrettanto innovativa, per la pittura giapponese, è la scelta di inquadrare di spalle una delle musiciste, rendendo la scena ancora più naturale.
Le fonti riferiscono che la pittrice ebbe numerosi allievi; tuttavia dopo la morte del padre si fece appartata, chiudendo i rapporti con la famiglia e con gli studenti. Dal 1857, quando aveva circa 67 anni, Ôei visse da sola in un quartiere di Edo (Tokyo), guadagnandosi da vivere vendendo i suoi quadri. In questo periodo effettuò qualche viaggio, ma non è chiaro dove abitasse al momento della sua morte, nel 1866 circa.
Sarà la disegnatrice Hinako Sugiura, tra il 1983 e il 1987, a riesumare la storia di Ôei con il manga Sarusuberi, (“mirto crespo”). Hinako Sugiura la descrive come uno spirito indipendente che soffre l’ombra del successo paterno. Nel 2015 Ôei ha ispirato anche un film di animazione dal titolo Miss Hokusai, dove la pittrice appare timida e riservata in pubblico, ma sicura di sé e disinvolta nel suo lavoro. In questa ricostruzione del regista Keiichi Hara, ispirata al fumetto di Hinako Sugiura, Ôei prova un misto di ammirazione e di indignazione nei confronti del padre, grande come artista ma umanamente incapace di accettare la cecità di un’altra figlia, Onao.
Un allievo di Hokusai ha descritto la personalità della pittrice come un misto di ambizione, generosità ed eccentricità. Probabilmente, non essendo Ôei un uomo, il suo obiettivo di arrivare a produrre un’arte immortale appariva inappropriato ed eccentrico: coltivava grande ambizione, al punto da ripudiare un marito di scarso talento (alcune fonti dicono addirittura che Ôei fosse solita deriderlo per la sua pochezza); era determinatissima nell’imporre la propria visione artistica; disprezzava le occupazioni femminili tradizionali e trascurava la cura della casa. Questo modo di agire, ritenuto deprecabile dalla società del tempo, trovava un contrappeso in altri comportamenti di Ôei che apparivano più modesti e fedeli alla tradizione: la decisione di dedicarsi anche da sola, fino all’ultimo, all’assistenza del padre anziano; la scelta di farsi carico della sorella minore priva di vista; la risoluzione di scomparire alla morte del padre: pur continuando a dipingere, l’attività di Ôei proseguì in maniera meno appariscente, tanto che le tracce di lei si persero in breve tempo. Un epilogo collaudato: il processo di oscuramento del talento femminile passa non solo attraverso il silenzio della storia ufficiale, ma a volte anche attraverso una censura interiorizzata dalle donne stesse. Nel caso di Ôei, alla fine l’artista sembrerebbe essersi arresa all’imperativo sociale che la voleva modesta e riservata nonostante tutta la sua vita precedente sia stata un grande lavoro di costruzione di sé. Nella persistenza della sua memoria hanno avuto un peso particolare diversi aspetti, come il fatto che Ôei si sia impegnata a conquistare il titolo di pittrice specializzata, abbia avuto cura di apporre la propria firma almeno nei lavori più importanti e abbia trasmesso i propri saperi a numerosi allievi. In particolare la scelta di tenere scuola accomuna Ôei a molte altre artiste, impegnate non solo ad esibire il proprio talento ma anche a generare, come madri simboliche, una successione. In tal senso colpisce che la storia di questa pittrice sia stata raccontata prima fra tutti da Hinako Sugiura, che a sua volta ha avuto anche il merito di trasformare la tradizionale formula dei manga – prevalentemente a soggetto maschile – in un genere capace di comprendere anche il femminile: attraverso questa disegnatrice manga, l’eredità di Ôei si conferma ancora estremamente prolifica nel tempo.

Fonti, risorse bibliografiche, siti

Siti utili

https://studiaregiapponese.com/2016/05/25/la-grande-artista-oui-nel-nome-e-allombra-del-padre/

https://wiki.samurai-archives.com/index.php?title=Katsushika_O
su Sugiura Hinako
http://www.zoomjapan.info/2015/10/12/no35-portrait-the-incredible-sugiura-hinako/

Referenze iconografiche:

Prima immagine: Alberi di ciliegio in notturna (dettaglio), di Katsushika Ōi, Menard Art Museum. Immagine in pubblico dominio.

Seconda immagine: Katsushika-oi, Notturno a Yoshiwara. Immagine in pubblico dominio.

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Lidia Piras

Ha fatto parte di diverse associazioni di donne fin dagli anni universitari e si è laureata a Cagliari con una tesi sul lavoro femminile. Ha insegnato Storia dell’Arte nei licei per circa trent’anni; contemporaneamente svolge una specifica ricerca sulle artiste del passato, confrontandosi con la prospettiva pedagogica della differenza. Negli ultimi anni ha tenuto una serie di lezioni pubbliche su temi come: La corporeità difficile: testimonianza di alcune artiste sulla violenza, Il punto di vista di genere nell’architettura di Grete Schϋtte–Lihotzky, Charlotte Salomon: un percorso di rinascita interrotto ad Auschwitz.

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