Nunziatina Ricciotti

Pella (Novara) 1900 - 1985
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Il lago d’Orta, settimo per dimensioni fra i laghi italiani, suggestivo, romantico e di rara bellezza – così l’avevano definito Balzac, Piovene e Montale – ha visto sulle sue sponde svolgersi tra la fine dell’Ottocento e gli anni Sessanta del Novecento una attività piuttosto insolita per le donne, che non ebbe analoghi esempi in altri laghi italiani: l’impiego di barche a remi per il traghetto di merci e turiste/i sulla sponda opposta. Queste donne affrontavano quotidianamente una vita molto dura, al fine di migliorare le condizioni delle loro famiglie. Occorre però raccontare anche il contesto in cui tutto ciò si svolgeva per capire a fondo la situazione.[1]
In quegli anni, una dozzina di donne di Pella, per cause contingenti, decisero di sfruttare le risorse del lago. Nei giorni di mercato, e non solo, partivano con le loro barche a remi, traghettando da una sponda all’altra le venditrici con i loro prodotti e i turisti, fino all’Isola di San Giulio, oppure a Orta, Pettenasco e ritorno. Talvolta si spingevano fino a Omegna, a nord del lago.
Essere barcaiole significava avere tenacia, buoni muscoli, conoscenza delle correnti e dei venti (Tramontana, Inverna, Marenca, ecc.), poiché il lago d’Orta – anche se di piccole dimensioni – può diventare pericoloso e mettere in seria difficoltà i naviganti. Occorreva dunque un gran senso di responsabilità. A quei tempi non esistevano i telefonini, e se le barcaiole incontravano problemi durante la navigazione dovevano affrontare da sole la situazione. Per lo più i loro compagni o fratelli si trovavano lontani emigrati, giacché nel paese il lavoro scarseggiava.
Solo una parte degli uomini trovava occupazione come scalpellino presso la cava di granito di Alzo. Molti erano costretti ad andarsene, anche fuori dei confini, come stagnini (magnani) ad aggiustare paioli, pentole e tegami. Con il carretto e gli attrezzi – a tappe e dormendo nei cascinali – andavano di paese in paese a svolgere il loro lavoro, spingendosi sino in Francia, in Svizzera e in Austria. Restavano lontani dalla casa e dagli affetti per lunghi mesi, da marzo ad ottobre, a volte senza dare notizia di sé, poiché non c’erano i mezzi di comunicazione che abbiamo ora.
Le donne quindi dovevano affrontare da sole molti compiti sia sul lago che in famiglia, alle prese con gli anziani e con i bambini, spesso con malattie che a volte si tramutavano in tragedia, senza poter avere un consiglio, un suggerimento, un conforto dai loro mariti.
Il lavoro più pesante – portare il bestiame al macello di Pettenasco oppure andare ad Omegna a ritirare la pasta di pioppo che serviva alla Cartiera Sonzogno di Pella – veniva svolto dagli uomini. In questo frangente però essi erano aiutati da una donna – la Marianna di Ventraggia – che in quanto a muscoli e forza fisica non era da meno degli uomini, tanto che partecipava alle gare maschili di barche a remi.
Nei giorni del mercato di Orta paese, donne provenienti a piedi dalle valli situate sulla sponda occidentale del lago, alcune persino dalla Valsesia, scendevano a Pella con i loro prodotti per farsi traghettare sull’altra sponda : uova, pollame, verdura, frutta erano la loro risorsa. Per essere puntuali al mercato dovevano alzarsi alle quattro del mattino. Il tutto veniva portato a spalle.
Le barcaiole pellesi, non tutte ovviamente, pur di accaparrarsi le probabili clienti, risalivano i sentieri dell’entroterra per contrattare al meglio il prezzo del traghetto.
La più longeva barcaiola del lago è proprio la nostra Nunziatina Ricciotti, la “Nunziadin”, una donna piccola, magra, intelligente e colta. Aveva studiato per diventare maestra, ma pare che il padre non fosse d’accordo sulla sua scelta. Così dovette intraprendere la professione di barcaiola. Godeva di piena fiducia da parte dei suoi compaesani, che le affidavano molti compiti da svolgere a Orta: pagamento di bollette, versamenti in banca, acquisto di medicinali, acquisto di prodotti al mercato. A Pella infatti non esistevano né banca, né farmacia. Al suo rientro in paese, la Nunziadin inoltre informava le persone sulle novità che aveva visto al mercato.
Per la sua lunga attività svolta sul lago, Nunziadin ricevette un certificato di benemerenza dal Comune di Pella. L’ultimo suo traghetto lo compì all’età di 81 anni: condusse con la sua barca una giovane coppia all’Isola di San Giulio per la cerimonia delle nozze.
Le barche erano dotate di baldresca, telaio in ferro che opportunamente ricoperto, consentiva di ripararsi dal sole e dalla pioggia. In caso di vento, si doveva togliere tempestivamente il telone. per evitare che la barca venisse rovesciata. Per i matrimoni o le processioni sul lago, la baldresca veniva opportunamente addobbata con i fiori. E fra le altre barcaiole voglio ricordare Nicola, la quale nonostante il nome era una donna, che filava a mano la canapa con il suo fuso per suo uso personale, ma anche su commissione delle sue compaesane.
Gli ultimi barcaioli furono Enrica ed Aldo Bianchi (Gana) che noleggiavano barche a remi di giorno e di sera; gli innamorati che passarono in quegli anni (almeno fino al 1995-96) non li potranno certamente dimenticare. Purtroppo con loro è finita a Pella l’epoca delle barche di legno a remi, a noleggio.
Le memorie, i ricordi di questi personaggi li ho raccolti ascoltando le persone anziane del paese. Attraverso da trent’anni il lago d’Orta su un semplice ma robusto canotto di gomma, il quale mi dà grandi soddisfazioni, mi consente di assaporare il silenzio del lago e di ammirare le boscose e, in alcuni punti, selvagge montagne che lo racchiudono: un paesaggio non troppo dissimile da quello che vivevano le barcaiole di Pella.

NOTE
1. Ho pubblicato uno scritto – già apparso su giornali e riviste locali negli anni 2001 e 2005 – che rielaboro qui, poiché desidero, attraverso l’Enciclopedia delle donne, diramare questa informazione per tenerne viva la memoria e nel contempo dare un ulteriore segno di riconoscimento a queste donne che affrontavano quotidianamente una vita molto dura, al fine di migliorare le condizioni delle loro famiglie. Occorre però raccontare anche il contesto in cui tutto ciò si svolgeva per capire a fondo la situazione.
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Luciana Cella Guffanti

Ha lavorato in diverse ditte come impiegata. Dal 1964 abita ad Affori e ha cominciato un lungo e costante impegno per il quartiere e la salvaguardia delle aree verdi, in vari comitati e in particolare per la difesa del Parco delle favole; Donna del bosco, il suo percorso è documentato in www.donneeconoscenzastorica.it

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