Sulla facciata del duomo di Lucca, nella parte nord del portico, è raffigurato un busto femminile che una voce popolare vuole riconoscere come volto di Matilde di Canossa. La presenza di questa raffigurazione della Grancontessa in una posizione così specifica, a prescindere che si tratti del vero volto della donna, è il punto di partenza per capire il profondo legame che si stabilì tra una delle figure femminili più potenti della storia del passato e la città di Lucca.
Si ritiene che Matilde fosse nata a Mantova e dalla testimonianza di Donizone, il monaco benedettino che stilò la sua biografia, è stato possibile stabilire che fu nel 1046. Alla metà del Seicento, l’erudito lucchese Francesco Maria Fiorentini era convinto che Matilde fosse nata a Lucca. Numerose altre testimonianze segnano il territorio della sua presenza reale o immaginata e parlano di una suggestione così forte da intrecciarsi con la realtà storica, di un’idea così grande della sua potenza da riconoscerla come fondatrice di pievi, ponti, ospedali e perfino di terme.
Matilde di Canossa non scelse il suo destino, ma si ritrovò a gestire il grande potere destinato al fratello prematuramente scomparso, e lo fece con forza e fermezza, assumendo il pieno controllo della propria autorità. Era figlia di Bonifacio di Canossa, marchese di Toscana, e di Beatrice di Lorena; discendeva dall’alta feudalità italica e germanica. Il padre fu assassinato nel 1052 e presto morirono anche il fratello e la sorella maggiore. La madre si risposò con Goffredo il Barbuto, duca della Bassa Lotaringia. I contrasti con l’imperatore Enrico III costrinsero la coppia ad allontanarsi dall’Italia dove fecero ritorno solo nel 1057. Della giovane Matilde non si perdono le tracce ed è probabile che in questo periodo abbia seguito la famiglia nel soggiorno in Lorena.
Matilde ricompare nei documenti nel 1067 e prima del 1069 sposò il fratellastro Goffredo il Gobbo, figlio di quel Goffredo il Barbuto che era il suo patrigno e il secondo marito di sua madre Beatrice. Come ha stabilito Paolo Golinelli, Matilde aveva concepito una bambina che era morta poco dopo il parto: ella era stata battezzata con lo stesso nome della nonna Beatrice. Ben presto Matilde tornò a risiedere con la madre e iniziò così la lunga serie di documenti che riferiscono la sua presenza nei placiti, che si tenevano alla presenza sua e di Beatrice, in tutta l’Italia centro settentrionale.
Intanto nel 1057 Anselmo da Baggio era stato nominato vescovo di Lucca, e nel 1061 era salito al soglio pontificio prendendo il nome di Alessandro II. Egli continuava a mantenere entrambe le cariche e questo fatto contribuiva a creare un forte legame tra la città di cui era primate e il progetto di riforma ecclesiastica che promuoveva al fianco della contessa Matilde. La riforma mirava a correggere due aspetti della vita clericale, la simonia e il concubinato, ma in essa c’era spazio anche per la ricostruzione di edifici, la dotazione di ospitali e l’accoglienza di poveri, vedove e pellegrini. È probabilmente per questo motivo che il nome di Matilde è stato accostato alle più svariate opere di pubblica utilità.
Intanto cresceva il conflitto tra l’Impero e il Papato al punto che si giunse alla deposizione di papa Gregorio VII – succeduto ad Alessandro II – da parte dell’imperatore e alla scomunica dell’imperatore Enrico IV da parte del Papa. Nel 1076 Goffredo il Gobbo fu assassinato e una parte dei sospetti caddero anche sulla moglie Matilde. Quello stesso anno Beatrice, madre di Matilde, morì a Pisa e lì venne sepolta nella cattedrale. Matilde fu così investita dell’autorità e del peso di amministrare un territorio vastissimo.
Ciò avvenne proprio nel momento in cui, priva anche del sostegno della madre, fu chiamata a svolgere la delicata mediazione nel conflitto tra Enrico IV, cui era legata da rapporti vassallatici, e Gregorio VII, con cui condivideva gli ideali riformatori. Fu grazie alla sua mediazione che Enrico IV, lasciate le insegne imperiali all’accampamento di Bianello, si recò a Canossa per sottomettersi alla pubblica penitenza. In realtà, dal punto di vista dell’imperatore, si trattava solo del mezzo più veloce per rientrare nel pieno possesso del suo potere mediante l’annullamento della scomunica.
La vicenda del conflitto tra papato e impero si protrasse a lungo e Matilde partecipò alle alterne fortune di questa lotta assurgendo a protagonista dei grandi fatti storici del suo tempo. Ella riuscì a reinsediare il pontefice Vittore III, fedele ai riformatori, al posto di Clemente III che era espressione della parte filoimperiale. Il Papa sopravvisse per poco tempo, fino al 1087, ma questo permise alla parte filoriformatrice di eleggere una figura che la rappresentava nella persona di Urbano II.
Fu allora che Matilde, consigliata per un nuovo matrimonio proprio da Urbano II, sposò già quarantatreenne il giovanissimo Guelfo di Baviera, noto anche come Guelfo il Pingue. Il matrimonio dette origine a feroci chiacchiere per la grande differenza di età e per l’impotenza dello sposo. Ci sono testimonianze, come quella di Cosma di Praga, che raccontano le prime tre notti di matrimonio della coppia:
Il terzo giorno ella, sola, conduce il duca, solo, nella stanza nuziale, mette in mezzo dei treppiedi e sopra di essi colloca una tavola da mensa, e si mostra nuda, così come era uscita dall’utero di sua madre e dice: “Ecco, ciò che sta nascosto, tutto è davanti a te, e non v’è luogo dove si possa celare un maleficio”. Ma lui se ne stava con le orecchie basse, come un asino di mente malvagia, o il macellaio, che sta nel macello affilando il lungo coltello sopra una grassa mucca escoriata, sul punto di sventrarla. La donna stette a lungo seduta sulla tavola, come un’oca quando si prepara il nido, muovendo qua e là la coda inutilmente; alla fine, indignata, la femmina nuda s’alzò, prese con la mano sinistra il capo di quel semiuomo, sputò nella destra e gli diede un solenne ceffone. (Traduzione Golinelli).
L’imperatore Enrico IV aveva continuato a guerreggiare finché aveva pensato di portare il suo attacco fin dentro il cuore delle matildiche, tentando di arrivare a Canossa. Matilde lo sconfisse sotto la rocca stessa, in un luogo che fu in seguito conosciuto come Madonna della Battaglia per la statua della Vergine che vi fu fatta edificare. È probabile che Matilde, nel 1095, abbia accompagnato Urbano II al concilio di Piacenza, dove iniziò quella predicazione che avrebbe portato alla crociata. Ciò che è certo è che fornì al Pontefice la scorta per rientrare a Roma. Nello stesso anno avvenne la separazione di Matilde da Guelfo.
L’oculata politica del papato e la sconfitta dell’imperatore avevano restituito molte città padane ai vescovi riformatori. Una volta che Enrico IV si era allontanato dall’Italia, Matilde riprese le donazioni agli istituti ecclesiastici e assistenziali. Ella ricominciò a esercitare il suo potere a partire proprio dal sostegno verso Rangerio, il nuovo vescovo riformatore di Lucca.
Alla morte di Enrico IV nel 1106 gli successe il figlio Enrico V che si mise subito in viaggio verso l’Italia per ricevere l’incoronazione dal Papa. Vi furono delle trattative di pace tra Pasquale II ed Enrico V a cui probabilmente parteciparono anche degli inviati di Matilde, ma nel 1111 l’imperatore ruppe gli accordi e fece prigioniero il Papa. Il popolo allora insorse costringendo l’imperatore a lasciare la città. Matilde inviò il suo vassallo Arduino Della Palude a intercedere per gli ostaggi. Ma non riuscì ad agire in favore del Papa probabilmente a causa dell’accordo che aveva stipulato con l’imperatore. Alla fine il Papa Pasquale II dovette cedere a Enrico V il privilegio delle investiture e solo allora fu liberato, dopo di che lo incoronò imperatore.
Nel 1114 Matilde domò una prima rivolta a Mantova scatenata dalla falsa notizia della sua morte. Ma la Grancontessa era già ammalata e dovette ritirarsi nella corte rurale di Bondeno di Roncore dove morì nel luglio del 1115. Fu sepolta nella chiesa abbaziale di San Benedetto in Polirone, che aveva ampiamente beneficiato, e nel 1632 le sue spoglie furono trasferite a Roma, in San Pietro. Matilde fu protagonista di uno dei più profondi mutamenti della cristianità occidentale nei suoi rapporti con il potere laico. Essa era stata donna d’azione e una guerriera, pienamente protagonista dei fatti che sconvolsero e trasformarono l’età in cui visse.