Marta Boccalini

Lodi 1911 - Ravenna 2008
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Sesta dei sette figli e figlie di Francesco Boccalini (1864-1928) e Antonia, “Antonietta”, Salvarani (1873-1962), Marta nasce nel 1911 a Lodi. Assieme alla sorella Rosa, “Rosetta” coniugata Gilardi (1916-1991) è quindi tra le ultime arrivate in famiglia, giacché un po’ di anni le dividevano dai due fratelli maschi Mario (1897-1980) e Umberto (1900-1952), e soprattutto dalle sorelle maggiori Giovanna “Nina” coniugata Barcellona (1901-1991), Teresa “Ginin” coniugata Ferrari (1903) e Luisa “Gina” coniugata Mottino (1906-1968).

Marta – è lei stessa a raccontarcelo nella sua interessante e sincera auto-biografia familiare, intitolata «Ricordando…» – cresce a Lodi in un ambiente molto affettuoso e coeso e viene educata dai propri genitori e dall’amico di famiglia Ettore Archinti (scultore, e primo sindaco socialista della città) soprattutto al valore dell’accoglienza dei diseredati e degli ultimi della società. Di fronte a un padre naturale (Francesco Boccalini) descritto come buono ai limiti dell’ingenuità, Marta ritrae in Ricordando … una figura materna assai più energica, la quale portò sempre più sulle proprie spalle il peso della famiglia. Un altro dei valori fondanti dell’educazione ricevuta a casa Boccalini è l’importanza dello studio, ma Marta ammette di essere stata l’unica figlia non particolarmente portata: sin da bambina “avevo capito di non essere come le mie sorelle ed i miei fratelli e temevo di far spendere soldi già scarsissimi» ai genitori in tasse scolastiche”.

L’anno prima della morte di Francesco, la famiglia Boccalini si trasferisce a Milano (1927). Affascinata dalla stupenda vista (“bellissima specie per noi che si veniva dalla provincia senza mai una veduta sulla strada sottostante”) che si godeva dallo stabile di Piazzale Dateo nel quale viveva anche il cognato Giuseppe Barcellona (marito dal 1925 di Giovanna Boccalini), Marta d’altra parte in Ricordando… ammette che “l’impatto con la grande città fu un po’ difficile. Io stavo volentieri in casa ad aiutare la mamma”. Nel 1932 si trasferì con la madre e la sorella Rosetta in via Ugo Tommei 1, nel quartiere assai più popolare di Calvairate, vicino alla stazione ferroviaria di Porta Vittoria.

Nel 1933 anche Marta prende parte alla breve avventura del Gruppo Femminile Calcistico, prima squadra femminile di calcio in Italia, ma più tardi e in posizione più defilata rispetto alle sorelle Luisa e Rosetta: eppure sarà l’unica delle 50 giocatrici della società a lasciare, in Ricordando …, una testimonianza scritta della propria esperienza sportiva. Terminato l’”esperimento” calcistico, Marta viene invitata assieme alla sorella minore a provare il gioco della pallacanestro, sconosciuto a entrambe, ma l’approccio troppo rude del coach Sergio Paganella (“ero negata, e l’allenatore Sergio della Borletti mi apostrofò subito ‘un broc'”, cioè ‘scarsa’) la fa desistere entro poco, a differenza di Rosetta, destinata ad una gloriosa carriera cestistica.

Essendo già stata a Lodi introdotta ai rudimenti dell’arte, Marta decide di prendere lezioni di cucito da una donna del quartiere milanese: “Io ero confusa, timida, ma con l’accoglienza affettuosa della signora, mi sentii allargare il cuore”. Nei primi anni Trenta termina gli studi presso la Civica Scuola Festiva Superiore di tipo commerciale di Piazza Fratelli Bandiera, e subito cerca e trova lavoro in una grande sartoria di Corso Monforte, passando poi a un’azienda tessile cittadina con maestranze lodigiane. In mezzo alle compagne di lavoro provenienti dalla città natale, Marta ha modo di accorgersi della sua identità ormai milanese: “Loro mi ascoltavano con ammirazione e chissà perché mi ritenevano superiore a loro”. Con queste colleghe la ragazza trova finalmente il modo di sentirsi più attivamente protagonista: vista la passione musicale che la accompagna (come i fratelli e le sorelle) dalla più tenera età, Marta riesce a portare le colleghe addirittura al Teatro della Scala.

Durante gli anni Trenta emergono però sempre più vari problemi di salute (ad es. frequenti sciatiche, esaurimenti nervosi), che portano Marta ad abbandonare non solo lo sport, ma soprattutto l’usurante lavoro di sarta. Nel 1941, facendo presente la sua situazione di invalida di fatto, Marta riesce a farsi assumere dal Comune di Milano come impiegata: “avevo conquistato un posto sicuro che mi dava la possibilità di vivere con la mia mamma in tranquillità, modestamente!”.

Con l’arrivo della guerra, Marta, che è impiegata nell’importante Ufficio Annonario che rilascia le tessere per il razionamento alimentare, sfolla per un certo periodo a Lodi, ospite della zia Lucia Salvarani, e poi a Nosadello dalla sorella Rosetta, sempre in compagnia dell’anziana madre Antonietta. Dopo il crollo del regime fascista nell’estate 1943, anche per Marta si apre la possibilità di aderire alla Resistenza: si iscrive così (probabilmente a fine 1943) ai Gruppi di Difesa della Donna co-fondati dalla sorella maggiore Giovanna; subisce un interrogatorio da parte della famigerata Squadra d’Azione Ettore Muti per alcune affermazioni contenute in una sua lettera alla nipote Francesca Boccalini; collabora, nell’estate del 1944, con Giancarlo Pajetta (in quel momento a Milano); diffonde volantini antifascisti consegnatile da Ettore Archinti; assiste quest’ultimo durante la sua detenzione a San Vittore.

Quando, a distanza di anni, ricorderà di aver visto dalla finestra del suo ufficio la morte di alcuni partigiani braccati
, commenterà: “Quei Martiri per me non sono morti, come non sono morti tutti quelli che perirono per alti ideali; essi vivono nel cielo degli eroi che raccoglie le anime elette. Cerchino, i veri italiani, di non dimenticare”. Nel 1964, in occasione delle celebrazioni per il Ventennale della Resistenza, Marta riceverà un certificato dal comitato di quartiere e una medaglia d’oro per essere stata «una combattente della Libertà”.

Nell’immediato dopoguerra ritroviamo Marta impegnata nella Commissione femminile nel PCI: una bella e sentita lettera del 23 luglio 1948 indirizzata a Giuseppina Re ci riconsegna i sentimenti veraci di un’umile e affaticata militante, scandalizzata dal fatto che, finita la stagione della Resistenza, anche all’interno del PCI ben presto la disparità di genere avesse confinato molte generose compagne in ruoli marginali. In quello stesso 1948, con il matrimonio della sorella minore Rosetta, si aprì una nuova stagione per la “cenerentola di casa Boccalini” (così definita nel 1960 dal cognato Aldo Ferrari, marito della sorella Teresa): rimasta sola con la madre Antonietta in via Tommei, Marta trasformò il rimpianto potenzialmente autodistruttivo di una maternità mai sperimentata nel proprio corpo nella cura dei sempre più numerosi nipoti, e poi anche della prole di questi ultimi. Marta s’impegnò inoltre nel preservare la storia della famiglia, raccogliendo incessantemente fotografie, lettere e dati, e stilando, probabilmente a fine anni Novanta, quel Ricordando … che è non solo la sua autobiografia, ma quella di un intero nucleo familiare allargato.

La morte della madre (1962) fu senza dubbio il più pesante dei numerosissimi lutti che nel corso degli ultimi decenni di vita Marta dovette man mano sopportare: “Che disastro per me. Non sapevo più vivere». Andata in pensione nel 1966, Marta visse sempre (tranne qualche periodo di riabilitazione in Romagna) nell’abitazione di via Tommei, avendo come vicina per qualche anno la sorella Rosetta, rimasta nel frattempo vedova. Partecipò sempre alla vita sociale della locale sezione dell’ANPI, dando una mano come contabile alle persone del quartiere bisognose di un aiuto fiscale. La nipote Giuliana Ferrari la descriverà così in una poesia del 2003: “Lei è seduta accanto al tavolo / con 92 anni di gloria,/ con la testa ancora vispa / ed il cuor pien di memoria”.

Fonti, risorse bibliografiche, siti

Marco Giani, Lodigiane, sportive, partigiane, in Archivio Storico Lodigiano, Lodi, 2019, https://bit.ly/3IJO8gt

Marco Giani, Da Lodi a Milano, sola andata (con qualche ritorno). Nuove fonti per la storia della famiglia Boccalini, in Archivio Storico Lodigiano, Lodi, 2020, https://bit.ly/3OeMi8v

Marco Giani (a cura di), Marta Boccalini, Ricordando …, pubblicato in https://bit.ly/3PwB7ZZ . Il testo biografico è una delle fonti principali del romanzo storico di Federica Seneghini, Giovinette. Le calciatrici che sfidarono il Duce, Milano, Solferino, 2020.
Marco Giani (a cura di), Materiali per lo studio storico della famiglia Boccalini, pubblicato in http://bit.ly/2qtwVUO
Ercole Ongaro (a cura di), Ettore Archinti. Lettere. 1905-1944, Lodi, Cooperativa Ettore Archinti.
Ercole Ongaro, Intervista a Marta e Rosetta Boccalini, 1989, cd audio contenuto nell’Archivio dell’ILSRECO di Lodi, la cui trascrizione, a cura di Marco Giani, è reperibile in http://bit.ly/2RXn4Sq
Per le fonti iconografiche relative a Marta Boccalini, si veda: https://sorelleboccalini.wordpress.com/tag/marta-boccalini/
Il 12 giugno 2021 il Comune di Milano ha intitolato alle calciatrici del 1933 una via all’interno del Parco Sempione, dietro all’Arena Civica (lato via Legnano) e ha posto un totem per ricordarne la storia.

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Marco Giani

Nato a Gallarate (VA) nel 1984, da anni docente di Storia e Geografia nelle scuole di primo grado di Milano. Storico della lingua italiana di formazione, dopo il dottorato a Ca’ Foscari con una tesi sullo storiografo della Serenissima Paolo Paruta (XVI sec.), apre un altro filone di ricerca, dedicandosi alla ricostruzione del Gruppo Femminile Calcistico, prima squadra di calcio femminile d’Italia. Da questo punto di partenza negli ultimi anni ha così investigato varie discipline, esperienze e singole figure dello sport femminile durante il Ventennio fascista, pubblicando vari articoli scientifici sulla paradossale esperienza di libertà che per molte italiane dell’epoca rappresentò la pratica sportiva.

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