Reputata la maggiore ballerina del XIX secolo, ballerina per antonomasia del movimento romantico, Mariana Sophia Taglioni nasce a Stoccolma il 24 aprile 1804. La sua è una dinastia di artisti: il padre Filippo Taglioni, figura determinante per la carriera di Maria, è in quegli anni primo ballerino e maître de ballet al Teatro Reale di Stoccolma, la madre, Sophie Karsten, è pittrice e ballerina del Balletto Reale Svedese, i nonni materni, Christoffer Karsten e Sophie Stebnowska, sono cantanti lirici della Swedish Royal Opera all’epoca molto noti, mentre quello paterno, Carlo Taglioni, è un danzatore di origine torinese molto apprezzato dai suoi contemporanei. Anche gli zii, sia del ramo materno che di quello paterno, sono valenti artisti. Lo è Elisabeth Charlotta Karsten, paesaggista e pittrice di gouache, lo sono Giuseppina, Luisa e Salvatore Taglioni, tutti rappresentanti dell’arte coreutica. Salvatore, in particolare, oltre che provetto ballerino, è anche un rinomato coreografo come Paolo Taglioni, fratello di Maria. Entrambi sono sposati con altre famose stelle della danza, l’uno con Adelaide Perrault, spesso riportata nelle locandine come Anna Parraud Taglioni, l’altro con Amalia Galster Taglioni.
La prima formazione di Maria avviene con Jean-François Coulon a Parigi, dove ella, adolescente, si era trasferita con la madre. In seguito, Maria viene chiamata a Vienna dal padre che le aveva fatto ottenere una scrittura come première danseuse al Theater am Kämtnertor, il teatro dove egli ricopre a quel tempo gli stessi incarichi svolti in precedenza a Stoccolma. All’arrivo della figlia, Filippo deve però rendersi conto che ella, per quanto abbia fatto molti progressi, non è ancora pronta per quell’incarico (così come del resto espresso da Coulon) e perciò comincia a sottoporla a sedute di lavoro massacranti[1] .I risultati sono prodigiosi, così che il 10 giugno 1822 arriva per Maria il momento del debutto viennese, all’Hoftheater, in una coreografia del padre, La Réception d’une jeune Nymphe à la cour de Terpsichore, con musica di Gioacchino Rossini. Con essa Maria si conquista un ingaggio per due anni. Durante la permanenza nella città asburgica, ella ha modo di assistere, il 31 dicembre 1823, al debutto viennese di Amalia Brugnoli che lì presenta un modo innovativo di far uso della tecnica delle punte, tecnica già in nuce nelle esibizioni offerte in precedenza da altre ballerine, da Maria Camargo a Fanny Bias, da Geneviève Adélaïde Gosselin a Elisa Vaque-Moulin. La particolare tecnica delle punte attrae Maria e, ancor più, suo padre che ne intuisce la forza dirompente rispetto alla tradizione e, trasformandola da tecnica puramente virtuosistica ad aspetto sostanzialmente espressivo, la pone alla base di un nuovo stile di danza, quello romantico, fondato su moduli innovativi tra i quali anche la particolare postura delle ballerina con il corpo allungato in avanti detta «ad agio» – per indicare con tale locuzione che la ballerina fosse in quella postura a proprio agio, cosa peraltro certo non vera – il principio dell’elevazione e la peculiare modalità di ballare definita “aerienne”.
Dopo il successo viennese, per Maria si concretizzano, sempre grazie ai buoni uffici paterni, brevi stagioni a Monaco e Stoccarda, prima che ella approdi al suo nuovo palcoscenico che sarà quello parigino dell’Opéra. Qui, dopo alcune apparizioni di prova (normalmente richieste secondo gli usi di questo teatro), arriva il debutto ufficiale, il 23 luglio 1827, in Le Sicilien, una coreografia di Monsieur Anatole (Auguste-Anatole Petit) nella quale Maria balla, insieme al fratello Paolo, una creazione del padre su un assolo di violino di Joseph Mayseder. L’esibizione le vale il favore della critica che saluta in lei la nuova Gosselin e, con decorrenza dalla primavera successiva, un allettante contratto come sostituta che si trasformerà dal 1829 in quello di premier sujet. Tra le esibizioni di quest’anno sono degne di nota il ruolo di una Naiade nel balletto La Belle au Bois Dormant, con musica di Ferdinand Hérold e libretto di Eugène Scribe, e il pas tirolienne nel divertissement del Guglielmo Tell su musica di Rossini e coreografie di Jean Aumer.
Del 1830 si ricordano alcune sue importanti esibizioni: il pas di Niuka (coreografato dal padre), personaggio minore del balletto Manon Lescaut di Aumer su libretto di Scribe e musica di François Halévy, e il ruolo di Zoloé per Le Dieu e la Bayadère, opera-ballett di Taglioni padre da un soggetto di Scribe (tratto da una ballata di Wolfgang Goethe) su musica di Daniel Auber. Per quest’anno è anche da segnalare il debutto londinese della Taglioni al Covent Garden nel balletto Flore et Zéphire di Charles Didelot al fianco di Jules Perrot. E proprio con Perrot, la Taglioni nello stesso anno trionfa a Parigi, all’Opéra, in un pas de deux di Pierre Gardel nel Fernando Cortez. Nonostante i ripetuti successi di questo biennio, sono i due anni seguenti, però, quelli trionfali per Maria e, insieme, quelli fondamentali per la nascita del balletto romantico. Il 1831 assicura a Maria un nuovo, vantaggioso contratto che la lega all’Opéra fino al 1837 (fautore Louis Désiré Véron, direttore del Teatro) e regala, al contempo, al pubblico parigino la possibilità di apprezzare la leggerezza e lo stile etereo tipici delle sue esibizioni nel Ballet des nonnes (Balletto delle Monache), coreografato dal padre e inserito nel terzo atto dell’opera Robert le Diable di Giacomo Meyerbeer (secondo lo schema tipico del grand opéra francese), dove ella balla nel ruolo della protagonista, la badessa Helena. Acclamazione piena per Maria e, insieme, due grandi novità per il balletto: da un lato la forma del divertissement (veste tipica fino ad allora del balletto del terzo atto del grand opéra) lascia il posto ad un’azione danzata parte integrante della trama dell’opera (dalla quale non risulta più essere slegata, come fino ad allora), dall’altro la levità della ballerina che, insieme con l’ambientazione spettrale e soprannaturale, rende questo balletto un prototipo del cosiddetto atto bianco (che sarà in seguito creazione coreografica caratteristica del balletto romantico). Dunque una sorta di prova generale del nuovo stile di danza che, l’anno seguente, con una nuova coreografia di Filippo Taglioni su musica di Jean Schneitzhoeffer, La Sylphide[2], raggiungerà la sua definitiva affermazione, consegnando Maria, con l’interpretazione del ruolo principale (per lei appositamente creato), alla fama internazionale. Raggiunta la consacrazione, ella danzerà ancora alcuni anni all’Opéra, mettendo anche a segno alcuni buoni successi, pur senza eguagliare mai il trionfo de La Sylphide: tra essi, quello che Maria riscosse danzando il ruolo principale in Nathalie, ou la laitière Suisse, una coreografia in due atti del padre nella quale ella riesce, per la prima volta, a dare una buona prova anche nell’arte pantomimica che, fino ad allora, le aveva sempre difettato. È il 1832 e in questo stesso anno la Taglioni vive un’importante parentesi londinese: al Covent Garden ripete il successo de La Sylphide e sposa il Conte Gelbeit de Voisins. Un’unione infelice, questa, destinata a durare solo tre anni, dalla quale, tuttavia, nasceranno due figli: Paolo e Eugénie Marie Edvige. L’anno seguente, per l’Opéra, Maria crea il ruolo di Zuma nel balletto La Révolte au Serail, nuova versione di una vecchia coreografia di Filippo Taglioni completamente rimaneggiata dallo stesso che ne firma anche il libretto. Nell’esibizione all’Opéra particolarmente apprezzato dal pubblico è il pas de deux che Maria balla con Perrot, in verità soprattutto per l’interpretazione di quest’ultimo. I due anni successivi non sono forieri di gloria per la Taglioni: nel 1835 l’insuccesso saluta la sua interpretazione nel ruolo principale del balletto Brézila, ou la tribù des femmes (coreografia del padre) e nel 1836 ella si trova a dover sperimentare il dissenso della critica per la sua interpretazione del ruolo di Fleurs de Champs nel balletto pantomimo in due atti e quattro scene La Figlia del Danubio, ennesima coreografia paterna su soggetto di Eugène Desmares, con musica di Adolph Adam. La consapevolezza della fine del suo momento d’oro parigino non meno di quella dell’avvicinarsi della scadenza del contratto che la lega all’Opéra, fanno decidere Maria ad allontanarsi da quel palcoscenico e ad accettare, insieme al padre, un nuovo ingaggio a Pietroburgo, al Bolscioi. Nella città russa, nel corso di un quinquennio, Filippo e Maria riproporranno tutte le coreografie che li avevano resi celebri presentando, al contempo, nuovi balletti, tutti ripresi in seguito a Londra. Tra le nuove creazioni, a Miranda (su musica di Auber e Rossini) del 1838 fa seguito nello stesso anno La Gitana (musica di Daniel Aumer e Johannes Schmidt per questa coreografia nella quale è da ricordare la cachuca, una danza di carattere lontana per stile dagli abituali ruoli eterei della Taglioni), l’anno successivo L’Ombre (musica di Ludwig Wilhelm Maurer per questa creazione, esempio del ballet-blanc romantico d’ispirazione fantastica, del quale rimane celebre il Pas de l’Ombre in cui la protagonista tenta invano di afferrare la propria ombra), nel 1841 il divertissement Aglaé, ou l’Élève d’Amour (musica di Johann Friedrich Keller) e, infine, nel 1842, l’addio alle scene del Bolscioi con Gerta Regina degli Elfridi.
Durante il periodo russo la Taglioni, oltre che a Londra, si esibisce, tra altre città, anche a Vienna (con 42 clamorose riprese de La Sylphide) e a Milano (superba la rappresentazione scaligera nella primavera del 1841 de La Sylphide). Ed è proprio nella città meneghina che nasce un vero e proprio partito “taglionista”, partito dei sostenitori di Maria (interprete eterea e spirituale), in opposizione a quello “cerritista”, schierato con Fanny Cerrito, interprete carnale e sensuale. Del resto, largo è il consenso suscitato da Maria nel pubblico, come già era apparso chiaro nel 1837, al momento dell’addio alle scene francesi e del successivo arrivo a Pietroburgo, dove gli appassionati avevano sostato per ore all’ingresso del Bolscioi solo per la speranza di poterla vedere e dove, durante gli anni in cui Maria si esibisce in quel teatro, scoppia una vera e propria “taglionimania” in virtù della quale sia vari generi di articoli (dai dolci al caffè, ai vestiti), sia le acconciature femminili prendono il suo nome in una sorta di idolatria, di ammirazione delirante, così come era già successo in precedenza e come succederà in seguito per altri ballerini[3]. Ormai a metà degli anni Quaranta dell’Ottocento, la Taglioni, ultraquarantenne, si avvia alla conclusione della carriera che sarà segnata dall’interpretazione a Londra, allo Her Majesty’s Theatre, di due divertissement: il 1845 è l’anno di quella coreografia di Perrot (musiche di Cesare Pugni) che sarà l’acme del balletto romantico, il Pas de quatre (a danzarlo con la Taglioni ci saranno la Cerrito, Carlotta Grisi e Lucile Grahn) mentre il 1847 è la volta de Le jugement de Paris (altra coreografia di Perrot, sempre su musica di Pugni, con Arthur Saint-Léon, la Cerrito e la Grahn) che, danzato la sera di sabato 21 agosto, con il personaggio di Vénus, sarà l’addio alle scene della Taglioni.
Dopo alcuni anni trascorsi a Como nella villa dei genitori, nel 1860 Maria è di nuovo a Parigi dove si prova un’unica volta nelle vesti di coreografa con il balletto Le Papillon (musica di Jacques Offenbach) per la sua allieva prediletta Emma Livry e dove sarà per un decennio “inspectrice des classes et du service de la danse” all’Opéra, instituendo un metodo di esami ancora oggi in vigore in quel teatro. Andata incontro, in seguito ad erronee speculazioni paterne, al tracollo finanziario, la Taglioni si trasferisce prima a Londra (dove per vivere lavora come “insegnante di danza da sala e di buone maniere”) e infine a Marsiglia dove trascorre gli ultimi anni. Maria riposa nel Cimetiere du Père-Lachaise a Parigi.
NOTE
1. «Più di due ore io dedicavo a ciò che chiamerò degli aplombs o adagio: reggendomi su un piede, prendevo delle pose che dovevo poi sviluppare con molta lentezza. Quando la posa era particolarmente difficile, cercavo di mantenerla contando fino a cento prima di cambiarla…..Queste pose vanno eseguite in punta di piedi, sollevando cioè il tallone in modo che non tocchi terra……Bisogna poi far ruotare il busto con molta grazia, con aplomb e sicurezza. Avevo raggiunto una grande perfezione in questo tipo di esercizi…..Ricorrevo a tali pose quando avevo bisogno di un po’ di riposo, mentre per gli altri ballerini esse rappresentano generalmente una fatica… Impiegavo altre due ore a saltare…..Prima di farlo effettivamente bisogna rendere elastico il collo del piede e i tendini…..Mi piegavo lentamente e il più profondamente possibile, in modo da toccare terra con le mani, senza curvare il dorso, solamente piegando le ginocchia e tenendomi molto dritta; mi rialzavo poi lentamente senza scosse e senza sforzo fin sulla punta dei piedi…..Poi cominciavano i veri e propri salti. Lo slancio deve partire unicamente dal tallone, senza alcun movimento del corpo. Le ginocchia devono appena piegarsi… In tutte le pose mi tenevo dritta senz’essere rigida, non mi si sentiva ricadere perché era sempre la punta del piede che arrivava prima e il mio tallone posava a terra lentamente» (da Mes souvenirs, testo di autore ancora incerto, ma da molti ritenuto autobiografico, conservato a Parigi, alla Bibliothèque- Musée de l’Opéra della Bibliothèque nationale de France).
2. È questo il balletto nel quale inizia a prende forma quello che diventerà poi il simbolo per antonomasia della ballerina classica, il tutù. Il costume, concepito (insieme alle scarpette rosa da punta e all’acconciatura à bandeaux) da Eugène Lami proprio per l’esibizione della Taglioni in questo balletto, ebbe all’inizio la lunghezza della gonna fino alle ginocchia e solo in seguito fu accorciato e prese il nome con il quale è passato alla storia.
3. Nel 1793, a Vienna, in seguito alle esibizioni di Salvatore Viganò e di sua moglie, Maria Medina, tutto era alla Viganò (dal minuetto beethoveniano, appunto alla Viganò, ispirato a una danza della coppia, ai più prosaici sigari, caffè, vestiti e acconciature) o ispirato alla loro vita (così la moda della pancia finta quando la Medina rimase incinta) o come già nel 1771, a Parigi, dove il vestito indossato da Marie Madeleine Guimard durante un balletto divenne la moda dell’anno o come accadrà nel XX secolo quando si creeranno la torta e il profumo Pavlova in omaggio alla grande popolarità di Anna Pavlova..
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