Uno spirito libero quello di Maria Eletta Martini. Libero nelle scelte personali: un cammino, il suo, che ha donato interamente a Dio mediante i consigli evangelici della povertà, della castità e dell’obbedienza. Libero, anche, all’interno del suo partito, la Democrazia cristiana (Dc): non appartenne mai ad alcuna corrente, nel senso deteriore del termine, ma fu sempre molto legata ad Aldo Moro. È lei stessa a citare e ricordare i suoi maestri amici:
Nella mia vita quotidiana, nella elaborazione culturale e politica di Moro, negli insegnamenti del vescovo Bartoletti e di don Franceschi ho trovato i punti di riferimento più alti e costanti ad una domanda per me esistenziale che esigeva una risposta: perché un cristiano fa politica?
In politica, del resto, come lei stessa racconta, “mi ci sono trovata”, grazie al padre, Ferdinando Martini, il suo primo e amatissimo maestro, a cui ha dedicato il libro Nonno Nando, affinché i nipoti lo conoscessero.
Maria Eletta nacque a Lucca il 24 luglio 1922. Il padre, geometra, fu il primo sindaco eletto della città toscana, nelle liste della Dc, dopo la caduta del fascismo. Proprio lui fece partecipare Maria Eletta, ancora ragazzina, alle prime esperienze politiche. La prima e la più importante fu la Resistenza: con la complicità paterna, e di nascosto dalla madre, vi partecipò come staffetta partigiana. Dopo la laurea in Lettere e Filosofia conseguita all’Università di Pisa, Maria Eletta proseguì il suo impegno politico avendo a mente le parole di Paolo VI, l’altro suo grande maestro, “che ci insegnò ad usare un termine impegnativo ‘carità politica’ e ci spiegò che la politica è una maniera esigente di vivere l’impegno cristiano al servizio degli uomini”. A ventiquattro anni, nel 1946, si iscrisse alla Dc. Fu membro e dirigente delle organizzazioni giovanili cattoliche e consigliera comunale della sua città natale dal 1946 al 1963, anno in cui, per la prima volta, venne eletta deputata nella circoscrizione di Pisa, Lucca, Livorno e Massa Carrara. Sarà riconfermata, poi, nel 1968 e nel 1972, 1976 e 1979. Dal 1978 al 1983 fu vice presidente della Camera sotto la presidenza di Pietro Ingrao e Nilde Iotti. Eletta al Senato nel 1983, nel 1987 fu nuovamente eletta alla Camera. Parallelamente, proseguì il suo impegno all’interno del Centro italiano femminile (Cif), come vice presidente nazionale. Ruolo che la porterà a stringere un sodalizio speciale con Alda Miceli, presidente del Cif dal 1962 al 1980.
Perché un cristiano fa politica? Non si può certo dire che la vita di Maria Eletta sia stata una fuga dal mondo e si può ben affermare il contrario: ha voluto e saputo stare dentro il flusso della storia con disinteresse personale e spirito di servizio, con piena appartenenza al mondo e autonomia dei ruoli. Presente su temi delicati quali il divorzio (fu relatrice di minoranza) e l’aborto (come presidente della Commissione Sanità della Camera), si è occupata della tutela dei diritti umani e della promozione delle fasce di emarginazione sociale e numerose, a riguardo, sono le leggi che ha seguito e di cui è stata relatrice. Ha portato a conclusione la legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale e si è impegnata in favore delle leggi sull’adozione, sui consultori familiari e sull’obiezione di coscienza. Ad una legge in particolare, però, è legato il suo nome: il nuovo Diritto di Famiglia, varato nel 1975. Un “miracolo politico”, la legge n. 151, che ricorda quello realizzato durante i lavori alla Costituente, dove l’accordo tra le parti fu il risultato di un percorso faticoso ma benefico, poiché costrinse ciascuno e ciascuna al confronto con differenti ed opposte posizioni, a ripensamenti e autocritiche in vista di un superiore equilibrio. È ciò che accadde, anche, nei sette anni di iter della riforma, un lavoro collettivo che come tale necessitava di conoscenza: conoscenza dell’altro e della realtà segnata dallo spazio e dal tempo in cui ci troviamo ad operare. Ed il conoscere, ce lo ricorda Maria Eletta, “esige tempo e fatica, ma rende anzitutto liberi nel proprio agire”. Questo lavoro collettivo Maria Eletta lo svolse assieme alle collega democristiana Franca Falcucci e alle colleghe comuniste Nilde Jotti e Giglia Tedesco. Che cosa può fare un cattolico in una società secolarizzata e in un sistema pluralista dove i suoi valori non sono più condivisi dalla maggioranza? Maria Eletta se lo è chiesto tante volte e il nuovo Diritto di famiglia è stata la sua risposta più coerente, la sua testimonianza più fruttuosa. “Ho imparato allora come sia difficile la sintesi tra l’interiore tensione verso un ‘cristianesimo esigente’ e l’efficacia storica delle azioni richieste per governare una realtà complessa come quella contemporanea”. L’umiltà e l’intelligenza di saper modificare le proprie posizioni, la fatica ad accettare alcune norme, la perseveranza del dialogo, la volontà di ragionare in termini di praticabilità storica, la tenace ricerca degli elementi che potevano unire: c’è tutto questo nell’iter che ha portato al nuovo Diritto di famiglia.
Maria Eletta ha lavorato, inoltre, per le Commissioni Lavoro, Giustizia e Sanità (di cui è stata anche presidente), Servizi segreti, Esteri, Antimafia, Affari europei. Nel 1992 rinunciò a candidarsi. “Vede – confessò a don Pietro Gianneschi, segretario di Mons. Enrico Bartoletti – ho settanta anni, da lungo tempo sono deputato: è giusto che ora subentri un’altra persona. Potrò così impegnarmi maggiormente nel Centro Nazionale per il Volontariato”, in ottemperanza al secondo comma del quarto articolo della Costituzione che recita: “ogni cittadino ha il dovere di svolgere secondo la propria possibilità e le proprie scelte, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”, di cui Maria Eletta si fece promotrice. Coerentemente con questo principio, come presidente della Commissione Sanità, fece inserire nella legge sanitaria del 1978 la possibilità per le Associazioni di Volontariato di contribuire alle finalità del servizio sanitario nazionale. Nel 1984 fondò a Lucca il Centro Nazionale di Studi e Documentazione del Volontariato che presiedette sino al 2008. Nel 1991 venne approvata, all’unanimità, la legge quadro sul Volontariato, a cui seguirono quella sulle cooperative di solidarietà sociale e sull’associazionismo sociale. Dal 1991 al 2001 fece parte dell’Osservatorio Nazionale sul Volontariato. Sempre a Lucca, nel 2008, istituì la Fondazione Volontariato e Partecipazione che si occupa di ricerca sociale.
Dal 1990 al 1993 fece ritorno al comune di Lucca come consigliera. Come detto, rinunciò a candidarsi, ma non ad impegnarsi. Nel 1993 era tra i cattolici che fondarono l’associazione politico-culturale “Carta 93”, con lo scopo, nel terremoto di Tangentopoli, di non disperdere il patrimonio del cattolicesimo democratico. Nel 1994, dopo la fine della Dc, ha contribuito a fondare il Partito Popolare Italiano. Nel 2001 partecipò alla fondazione della Margherita, di cui ha continuato a seguire le iniziative a livello locale e nazionale. Dal 1996 al 2002 fece parte del Comitato Nazionale di Bioetica presso il Consiglio dei ministri. Nel 2004, il presidente della Repubblica Azeglio Ciampi le conferì l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce al merito della Repubblica. Muore nella sua Lucca il 29 dicembre 2011.