La letteratura deve avere radici solide in qualche terreno. Anche le opere non realistiche usano paesaggi spirituali almeno in parte ereditati dall’autore. Malgrado alcune mode recenti che affermano il contrario, il principale cruccio di uno scrittore rimane quello di creare un individuo sulla pagina stampata, catturare i toni e gli accenti della voce umana, rappresentare i conflitti di persone reali ai suoi occhi. Se riesce a farlo, rimanendo il più fedele possibile alla realtà, i suoi scritti possono oltrepassare qualsiasi confine nazionale.[1]
Jean Margaret Wemys nasce il 18 luglio 1926 a Neepawa, una piccola città del Manitoba, in Canada. La sua infanzia è punteggiata da una serie di lutti famigliari: all’età di quattro anni perde la madre, Verna Simpson, per un’infezione ai reni. La zia Margaret, insegnante a Calgary, viene a prendersi cura della nipote e l’anno seguente ne sposa il padre, Robert Wemys, che morirà purtroppo quattro anni dopo. La piccola Margaret adora passare il tempo nello studio del padre, nella casa di mattoni rossi costruita dal bisnonno, a sfogliare la collezione del «National Geographic» e a sognare di mondi lontani. Con la zia-matrigna avrà sempre un ottimo rapporto: è lei a incoraggiarla a scrivere con critiche costruttive e lodi ben dosate. La carriera di scrittrice di Laurence comincerà con alcuni articoli per il giornale scolastico e racconti personali. Nel 1943 vince una borsa di studio e si trasferisce allo United College di Winnipeg, dove si laurea nel 1947 e comincia a lavorare per il «Winnipeg Citizen», giornale d’impronta socialista. Nello stesso anno sposa Jack Laurence, ingegnere, e due anni dopo si trasferiscono in Inghilterra. Il lavoro di Jack li porta presto a spostarsi in Somalia e nella Costa d’Oro (l’attuale Ghana). L’esperienza africana, che Laurence stessa definirà «a seven years love affair with a continent» (una relazione amorosa con un continente durata sette anni), inciderà profondamente sulla vita personale e letteraria della scrittrice. I suoi due figli nasceranno in quegli anni (Jocelyn e David, quest’ultimo nato in Ghana) e grazie al suo soggiorno africano Laurence riflette su alcuni temi fondamentali che ritorneranno anche nel ciclo di romanzi ambientati in Canada, in particolare i problemi della comunicazione e del linguaggio. Riprendendo il pensiero di Chinua Achebe, afferma che: «[…] dobbiamo sempre provare a comunicare, per quanto in maniera imperfetta, se non vogliamo soccombere alla disperazione e alla pazzia. Spesso le parole che diciamo non sono ciò che gli altri sentono, ma bisogna continuare a parlare»[2].
Nel 1957 lascia l’Africa e pochi anni dopo il marito (dal quale divorzia nel 1969); si stabilisce in Inghilterra e inizia a dedicarsi alla scrittura a tempo pieno anche per mantenere i figli. I suoi primi scritti, di ambientazione africana, sono A Tree for Poverty (1954), traduzioni di poesie e racconti popolari somali, il romanzo This Side Jordan (1960), la raccolta di racconti The Tomorrow-Tamer (1963; La figlia della pioggia e altri racconti) e The Prophet’s Camel Bell (1963), il resoconto della sua vita in Somalia. Long Drums and Cannons, un saggio sulla narrativa nigeriana, li seguirà nel 1968. La mancanza del Canada comincerà a farsi sentire e dal 1969 Laurence passa gli inverni in Inghilterra e le estati in un cottage sul fiume Otonabee in Ontario. In quegli stessi anni lavora ai romanzi che la consacreranno: il ciclo di Manawaka, la cittadina immaginaria in cui sono ambientati e che ricorda molto Neepawa. Cinque figure femminili, ognuna diversa e simile all’altra, si susseguiranno in The Stone Angel (1964; L’angelo di pietra), A Jest of God (1966; La prima volta di Rachel), The Fire-Dwellers (1969; Giocare col fuoco), A Bird in the House (1970; Cavalli della notte) e The Diviners (1974; Un cuore ancora sconosciuto).
I personaggi di Laurence sono lungi dall’essere eroi o anti-eroi: non sono altro che persone relegate ai margini della società e scarsamente prese in considerazione. Non sono presentati come creature affascinanti; l’autrice non vuole farli piacere a tutti i costi a noi lettori, anzi, ironicamente evidenzia la nostra tendenza a disdegnarli affiancando loro personaggi che li emarginano e li allontano. È un tratto caratteristico di Laurence, che riesce così a cambiare la nostra prospettiva, mostrandoci cosa, in termini di valori umani, compone l’ambiente in cui viviamo. E il rapporto che tutte e cinque le eroine di Laurence hanno con l’ambiente che le circonda è particolare: non si sentono a loro agio, ma al tempo stesso capiscono che è da quello che traggono la forza e il coraggio per combattere i loro problemi.
Gli scritti di Laurence ruotano attorno a due punti cardine: l’individuo e i suoi dilemmi. Obiettivo cruciale per l’autrice, alla base del suo credo letterario, è cogliere sempre la veridicità dei personaggi che descrive. Ha spesso affermato che le sue eroine si presentano ben definite alla sua immaginazione e che la sfida è poi quella di riuscire ad ascoltare la loro voce e riprodurla nella scrittura. I dilemmi dei suoi personaggi richiamano problemi comuni anche ad altre protagoniste del panorama letterario: il ruolo femminile nelle società patriarcali, il conflitto tra le imposizioni della società e i propri desideri, il bisogno di emergere e allo stesso tempo di nascondersi e trovare sicurezza all’interno di una comunità, la continua lotta alla ricerca di un’identità. Una lotta, ci fa capire Laurence, che non riguarda solo la figura femminile, ma vuole rispecchiare uno degli amori più grandi dell’autrice: il suo Paese. La ricerca di un’identità individuale è un rimando alla costante ricerca di «un’identità canadese». E a quell’identità giungiamo riconoscendoci nelle differenze.
Volendo trovare due aggettivi che definiscano la scrittura di Laurence si arriverebbe a: musicale e lirica. Al corpo sonoro del testo è data molta importanza e ad alcuni elementi è associato un suono: per esempio nelle descrizioni dell’aspro paesaggio canadese c’è una grande ripetizione di suoni consonantici. La musicalità, poi, è a sua volta legata alla componente lirica. Tutti e cinque i romanzi del ciclo di Manawaka si aprono sulla citazione di una poesia e al loro interno possiamo ritrovare ampio materiale di natura poetica: poesie, inni, canzoni, nursery rhyme. In The Stone Angel troviamo Keats e Coleridge, mentre in The Diviners trovano spazio Wordsworth, Browning e il poema di Ossian. I continui rimandi tra prosa e poesia creano unità all’interno e tra i romanzi del ciclo. I testi poetici cui si fa riferimento hanno una notevole valenza simbolica: le cinque eroine vedono il mondo liricamente e, attraverso il testo citato, il lettore può immergersi più a fondo nella visione del mondo di Hagar, Rachel, Stacey, Vanessa e Morag.
Nel 1971 Laurence viene nominata Companion of the Order of Canada e dal 1974 si trasferisce permanentemente a Lakefield in Ontario. Dopo la pubblicazione di The Diviners, Laurence non scrive più romanzi, ma non abbandona di certo la comunità letteraria e si dedica a scrivere recensioni e saggi, tiene conferenze e risponde alla posta dei lettori. Il tutto di pari passo con il suo impegno nella lotta a favore dei diritti delle donne, per il disarmo nucleare, contro la guerra e l’inquinamento globale. Nel 1979 pubblica i due libri per bambini The Olden Days Coat e Six Darn Cows, seguiti nel 1980 da The Christmas Birthday Story, illustrato dall’amica Helen Lucas. In quegli anni i suoi libri, in particolare The Diviners, sono oggetto di aspre critiche che il suo fisico mal sopporta: prova una profonda angoscia nei tentativi di difendere il romanzo, definendolo un’esaltazione della vita e dei suoi misteri, un ritratto allo stesso tempo dell’amore e della cattiveria di cui sono capaci gli uomini. Nel profondo, sospetta che tanto accanimento abbia delle radici razziste e sia dovuto alla relazione amorosa tra una donna bianca e un meticcio presente nel romanzo. Alcol e sigarette diventano la sua maggiore fonte di sollievo e di distruzione al tempo stesso. Il 22 agosto 1986 è ricoverata in ospedale e dopo una serie di esami le viene diagnosticato un cancro ai polmoni. La mattina del 5 gennaio 1987 Margaret Laurence si spegne a Lakefield all’età di 61 anni.
Molti si chiedono ancora perché negli ultimi anni della sua vita non abbia più scritto romanzi e Laurence stessa ci dice: «È tutto lì, nell’ultima frase del libro (The Diviners): “Morag ritornò a casa, per scrivere le parole personali e immaginarie che rimanevano, e per pensare al titolo”. Non sono io l’autrice del prossimo libro, lascio tutto pronto e aspetto che a scrivere sia qualcun altro».[3]
NOTE
1. Long Drums and Cannons, Macmillan, Londra, 1968, pag. 10. (La traduzione della citazione, come di quelle seguenti, è mia).
2. Long Drums and Cannons, Macmillan, Londra, 1968, pag. 124.
3. Lettera di Helen Lucas a Patricia Morley, 29 maggio 1988. Patricia Morley è autrice di Margaret Laurence, The Long Journey Home, McGill-Queen’s University Press, Montreal, 1991.
Torna su