Di lei non conosciamo la data di nascita, mentre possiamo ragionevolmente indicare il 1300 come l’anno di morte, a seguito del processo inquisitorio a suo carico. Imparentata con i Visconti, forse cugina di Matteo, anche se non conosciamo quale vincolo corresse tra la madre di Matteo e il padre di Maifreda, ma sicuramente proveniente da una famiglia in vista della Milano del tempo.
Come nel caso di Guglielma da Milano, le principali informazioni su di lei si possono ricavare dai quaderni sopravvissuti del processo. Agli inizi del XVII secolo infatti un monaco certosino ritrova il manoscritto presso la bottega di un droghiere. Documento preziosissimo visto che il manoscritto rappresenta l’unico esemplare superstite dell’attività del tribunale dell’inquisizione milanese, il cui archivio sarà distrutto.
Gli atti che ci sono pervenuti vanno a partire dal 18 luglio 1300 fino al 12 febbraio 1302.
Il processo contro i figli dello Spirito Santo, devoti a Guglielma da Milano, la vede, insieme ad Andrea Saramita, tra gli imputati principali. Maifreda è soror nella casa degli Umiliati di Biassono a Brera; l’incontro con Guglielma cambierà la sua vita e percezione religiosa.
Come riportato della testimonianze, in punto di morte Guglielma la nomina il suo vicario in terra cioè Papessa e riconosce Andrea Saramita come suo figlio Unigenito.
Maifreda comincia a predicare nel nome di Guglielma, scrive inni sacri e cresima con la miscela di acqua e vino con cui era stato lavato il corpo di Guglielma. Benedice le ostie, vede apparire Guglielma in forma di colomba. Raduna intorno a sé i devoti che indossano vesti di colore moreto, cioè nero bluastro, come soleva vestire Guglielma.
Sono incontri in cui si mangia insieme in onore di Guglielma, che li aveva esortati a stare insieme. Ma la cosa più grave riportata dei devoti nel processo è che celebra, in qualità di officiante, una messa nel giorno di Pasqua.
In una prima fase del processo, Maifreda tende a sminuire il proprio ruolo rispetto a quello di Andrea Saramita e cerca comunque di far fronte comune con astuzia, avendo una certa libertà di movimento, dando indicazioni ai figli dello Spirito Santo su come rispondere alle domande dell’Inquisizione. Deve stare infatti attenta perché relapsa, avendo subito già un primo processo nel 1284 in cui viene però assolta, anche se uno dei devoti le riferisce un sogno che prefigura la sua liberazione e quella del Saramita.
Non sappiamo se Maifreda e il Saramita abbiano subito tortura, ma il processo incalza e anche i devoti che inizialmente dicono di non sapere poco o nulla, cominciano a raccontare; chissà, forse minacciati dalla tortura. Lei stessa, a un certo punto del processo, ammette di aver mentito e racconta di Guglielma, dei figli dello Spirito Santo e di se stessa.
Confessa di essersi lasciata baciare mano e piede, di credere Guglielma essere lo Spirito Santo, risorta e ascesa in cielo prima della resurrezione generale.
Purtroppo non abbiamo traccia di come sia finito per lei il processo, proprio perché i quaderni sono incompleti. Ma sappiamo per certa la consegna al braccio secolare della sua aiutante soror Giacoma da Nova. Sappiamo anche della morte di Saramita, perché viene interrogata il 9 settembre domina Riccadonna, moglie del fu Andrea Saramita.
Possibile che la parentela con i Visconti ne abbia ritardato l’esito ma risulta difficile pensare, dopo le gravi accuse, che abbia scampato il rogo, soprattutto dopo aver avuto già un precedente procedimento.
In alcuni documenti contro Matteo Visconti, il papa Giovanni XXII accusa la famiglia di eresia e cita Maifreda, come loro consanguinea, messa al rogo. Nel 1322 l’arcivescovo di Milano scrive che Matteo Visconti cercò invano di ottenere la liberazione di Maifreda, che venne consegnata al braccio secolare e infine bruciata. La sua figura sembra abbia dato ispirazione all’Arcano Maggiore della Papessa nei tarocchi, come quelli dipinti da Bonifacio Bembo per i discendenti di Matteo Visconti, presunto cugino di Maifreda.