Louise Labé, detta la Belle cordière dall’attività di suo padre e di suo marito, due ricchi artigiani cordiers (cordai), è una poetessa del Rinascimento francese.
È poliglotta; conosce il latino, il greco, lo spagnolo e l’italiano; è amante della musica, suona il liuto1 e canta, fa equitazione e si destreggia nella scherma; a Lione, città culturalmente molto viva nel XVI secolo, si circonda di artisti, letterati, personaggi influenti che frequentano la biblioteca della sua casa.
Ha contatti con il gruppo di poeti e letterati che fa capo a Maurice Scève; tra i frequentatori della sua casa, ricordiamo il poeta e amico del grande Ronsard, Olivier de Magny che soggiorna per un lungo periodo a Lione e che si sarebbe legato sentimentalmente alla poetessa. La condotta disinvolta e libera di Louise suscita critiche malevole da parte di alcuni benpensanti del tempo.
Jean de Tournes, tipografo di Lione, pubblica gli scritti della poetessa nel 15552 e sono soprattutto i sonetti di Louise che riscuotono ammirazione.
Le sue opere sono: Débat de Folie et d’ Amour, un discorso in 5 parti tra Follia e Amore in prosa intriso di cultura classica, tre élégies incentrate sul tema dell’amore e sull’espressione dei sentimenti 3, 24 sonnets.
Dedica le sue opere a Mlle Clémence de Bourges, giovane aristocratica e poetessa, legata a poeti e intellettuali che animano la Lione del tempo. Nella lettera dedicatoria all’amica Clémence, Louise esorta le donne a quitter leurs quenouilles et fuseaux, ad abbandonare la rocca e il fuso, ad abbandonare cioè le occupazioni tipiche femminili, per dedicarsi allo studio, approfondire la propria cultura, mettere a frutto la propria intelligenza, scrivere, quindi creare:
Etant le temps venu, Mademoiselle, que les sévères lois des hommes n’empêchent plus les femmes de s’appliquer aux sciences et disciplines, il me semble que celles qui en ont la commodité doivent employer cette honnête liberté que notre sexe a autrefois tant désirée, à apprendre celles-ci, et montrer aux hommes le tort qu’ils nous faisaient en nous privant du bien et de l’honneur qui nous en pouvait venir. Et si quelqu’une parvient en tel degré, que de pouvoir mettre ses conceptions par écrit, le faire soigneusement et non dédaigner la gloire, et s’en parer plutôt que de chaînes, anneaux et somptueux habits ; lesquels ne pouvons vraiment estimer nôtres que par usage. Mais l’honneur que la science nous procurera, sera entièrement nôtre, et ne pourra nous être ôté par finesse de larron, ni force d’ennemis, ni longueur de temps.
[…] je ne puis faire autre chose que prier les vertueuse Dames d’élever un peu leurs esprits par-dessus leurs quenouilles et fuseaux […]. Et outre la réputation que notre sexe en recevra, nous aurons valu au public que les hommes mettront plus de peine et d’étude aux sciences vertueuses, de peur qu’ils n’aient honte de se voir précédés celles desquelles ils ont toujours prétendu être supérieurs quasi en tout.
È giunta l’ora, Mademoiselle, in cui le severe leggi degli uomini non impediscono più le donne di dedicarsi al sapere e alle discipline: mi sembra che quelle che ne hanno la possibilità, debbano utilizzare questa onesta libertà che noi donne abbiamo nel passato tanto desiderato, ad apprenderle e far vedere agli uomini il torto che ci facevano privandoci del bene e dell’onore che ciò ci poteva arrecare. E se qualcuna giunge a un livello tale da poter mettere le sue idee per iscritto, lo faccia accuratamente senza disdegnare la gloria, e se ne abbellisca, invece che con collane, anelli e abiti raffinati che possiamo ritenere nostri solo perché ne facciamo uso. Ma l’onore che il sapere ci procurerà, sarà esclusivamente nostro e non ci potrà essere tolto, né con l’astuzia di un ladro, né con la forza di nemici, né col passare del tempo. […] Non posso fare altro che spronare le Dame virtuose ad elevare un po’ la mente oltre la rocca e il fuso […]. E oltre alla reputazione che noi donne riceveremo, noi avremo mostrato il nostro valore agli altri tanto che gli uomini metteranno più impegno e studio nell’acquisizione del sapere edificante, per paura di provar vergogna nel vedersi superare da quelle alle quali essi hanno sempre preteso essere superiori quasi in tutto […]
Inoltre Louise Labé sottolinea che la creazione permette di fissare il passato, di ritrovare ciò che il tempo inesorabilmente cancella o distrugge, di rivivere i sentimenti provati, di ritrovare le plaisir passé (il piacere passato).
Mais quand il advient que nous mettons par écrit nos conceptions, bien que puis après notre cerveau coure par une infinité d’affaires et incessamment remue, si est ce que longtemps après, reprenant nos écrits, nous revenons au même point et à la même
disposition où nous étions. Lors nous redouble notre aise car nous retrouvons le plaisir passé que nous avions eu en la matière que nous écrivions ou en l’intelligence des sciences auxquelles nous nous étions adonnées.
Ma quando mettiamo per iscritto i nostri pensieri, sebbene le nostre menti siano agitate da una moltitudine di piccole cose, anche molto tempo dopo, rileggendo i nostri scritti, noi ritorniamo nello stesso punto e nella stessa disposizione in cui ci trovavamo un tempo. La nostra gioia raddoppia in quel momento poiché ritroviamo il piacere passato che avevamo avuto in ciò che scrivevamo o nell’applicazione al sapere al quale ci eravamo consacrate.
La raccolta di sonetti (il primo è in lingua italiana) in decasillabi è percorsa dal tema dell’amore, sentito e vissuto dalla poetessa come un sentimento forte, totalizzante, fatto di gioie e di tormenti, di emozioni contraddittorie, antitetiche, sentimento che domina Louise e la conduce incostantemente.
Ascoltiamo la voce della poetessa che si esprime così:
Je vis, je meurs, je me brûle et me noie,
J’ai chaud extrême en endurant froidure ;
La vie m’est et trop molle et trop dure.
J’ai grands ennuis entremêlés de joie.
Tout en un coup je ris et je larmoie,
Et en plaisir maint grief tourment j’endure ;
Tout en un coup je sèche et je verdoie.
Ainsi Amour inconstamment me mène,
[…]
Sonnet VIII
Vivo, muoio, brucio e annego,
Ho caldissimo mentre soffro il freddo; La vita per me è troppo dolce e troppo dura. Provo grande dolore frammisto a gioia.
Rido e subito piango,
E nel piacere molti dolorosi tormenti provo Avvizzisco e subito rifiorisco.
Così in modo incostante Amore mi conduce; […]
Nella prima quartina del sonetto IV Louise scrive:
Depuis qu’Amour cruel empoisonna
Premièrement de son feu ma poitrine,
Toujours brûlai de sa fureur divine,
Qui un seul jour mon cœur n’abandonna.
Da quando crudele Amor avvelenò/ in primo luogo il mio petto col suo fuoco/ Sempre bruciai del suo furor divino/ Che mai abbandonò il mio cuore.
Nel sonetto XVIII Louise esprime il tema dell’amore-passione:
Baise m’encor, rebaise-moi et baise : Donne m’en un de tes plus savoureux,
Donne m’en un de tes plus amoureux : Je t’en rendrai quatre plus chauds que braise.
Baciami ancora, ribaciami e bacia
Dammene uno dei tuoi più deliziosi, Dammene uno dei tuoi più appassionati: Te ne restituirò quattro più ardenti della brace.
Nell’ultimo sonetto della raccolta, Louise Labé si rivolge alle signore “perbene” dicendo loro di non biasimarla se ha amato ed ha sperimentato dentro di sé mille torce ardenti:
Ne reprenez, Dames, si j’ai aimé : Si j’ai senti mille torches ardentes, Mille travaux, mille douleurs mordantes : Si en pleurant j’ai mon temps comsumé.4
Non criticate, Signore, se ho amato: se ho sentito mille torce ardenti, mille pene, mille dolori cocenti:
Se piangendo ho consumato il mio tempo.
Nel 1565, vedova, malata probabilmente di peste, detta a un notaio di Lione, Pierre de La Forest, un testamento((Si può leggere il testamento di Louise Labé in varie edizioni delle sue opere; qui indico l’edizione del 1981 curata da Charles Boy consultabile su sito Gallica.bnf.fr)in cui vengono indicati i numerosi beneficiari dei suoi beni, tra cui i poveri. Muore un anno dopo nella sua casa di campagna a Parcieux, non lontano da Lione.
- Luth, compagnon de ma calamité,
De mes soupirs témoins irréprochable,
De mes ennuis contrôleur véritable,
Tu as souvent avec moi lamenté.Liuto, compagno della mia sventura,/ Dei miei sospiri, vero testimone,/ Fedele eco delle mie inquietudini,/ Hai spesso con me espresso lamenti.
Sonnet XII ^ - Si può consultare la prima edizione degli scritti di Louise Labé sul sito Gallica.bnf.fr (Bibliothèque Nationale de France); l’edizione riporta alla fine componimenti di diversi poeti in lode della poetessa. ^
- Nell ‘élégie II la poetessa dà voce alle sue pene d’amore per la partenza dell’amato e per il sospetto che questi l’abbia abbandonata per un’altra donna (allusione alla storia personale con il poeta Olivier de Magny). ^
- Quand vous lirez, ô Dames Lyonnaises,
Ces écrits pleins d’amoureuses noises […]
Ne veuillez pas condamner ma simplesse,
Et jeune erreur de ma folle jeunesse,
Si c’est erreur.Quando leggerete, O Donne Lionesi/ Questi scritti pieni di dispute d’amore […]/ Non condannate la mia sincerità/ E il giovanile errore della mia folle giovinezza/ Se questo è errore.
Elégie III ^