«Mi sento una studiosa delle frontiere e dei confini, non solo geografici – nella vita di una persona ci sono tante frontiere».
Profondamente attenta e attiva sul fronte dei diritti umani e delle libertà individuali, Ljudmila Ulitskaya è considerata una delle scrittrici contemporanee più affermate sulla scena letteraria russa e internazionale. Con più di due milioni di copie vendute e traduzioni in trentadue lingue, è autrice di romanzi, novelle, racconti per bambini e opere teatrali. Nelle sue storie raccontate con talento, umorismo e tenerezza si intrecciano la vita e la morte, l’amore e la rinascita, sovente sullo sfondo di una terra complessa e difficile. Qui, tra la «piccola gente», tra coloro che vivono ai margini della società, la Ulitskaya trova i suoi protagonisti: personaggi insoliti e autentici che si muovono a piccoli, grandi passi nella quotidianità, ognuno con le proprie complessità e contraddizioni.
Autrice che si distingue per la profondità e la portata delle sue trame, nel 2011 è stata insignita del premio Simone de Beauvoir, in Francia, riconosciuto a coloro che, attraverso le proprie opere e azioni, contribuiscono a promuovere la libertà delle donne nel mondo. Il premio le è stato assegnato “per l’acuto senso di democrazia e di giustizia che traspare dalle sue opere”.
In Italia è diventata famosa per i racconti e i romanzi incentrati su potenti figure femminili. Sebbene non si definisca una femminista, né qualifichi la propria produzione come imperniata su storie femminili, è pur vero che i suoi racconti offrono ritratti di donne indimenticabili. È proprio delle donne di tutti i tempi e in tutti i contesti, come spiega lei stessa, dare prova di immaginazione, inventiva e coraggio per portare sulle spalle le responsabilità famigliari e lavorative allo stesso tempo. Nel XX secolo, in particolare, la Russia è un Paese in cui la popolazione maschile è stata decimata dalle rivoluzioni e dalle guerre – non solo i conflitti mondiali, ma anche quelli minori e senza nome del Caucaso – e le donne hanno sviluppato la forza, la pazienza e la dignità per affrontare e portare il peso degli avvenimenti. Sono queste le donne che hanno costituito l’entourage della Ulitskaya e che hanno poi popolato i suoi racconti.
Ljudmila Ulitskaya nasce nel 1943 a Davlekanovo, in Baschiria, da una famiglia di intellettuali e ricercatori moscoviti sfollata in quella regione degli Urali durante la seconda guerra mondiale. Cresce a Mosca nel dopoguerra, un periodo in cui ondate di persone in fuga dalle campagne si riversano nella città, le baraccopoli crescono rapidamente e gente senza più radici alimenta una società sempre più proletarizzata. «In questo magma umano ho vissuto il più difficile periodo della mia esistenza». Ma è forse proprio questo “magma umano” che le offre il complesso e variegato spaccato di vite che avrebbe successivamente raccontato con grande attenzione e rispetto.
La vita di Ljudmila viene presto segnata dal regime sovietico. I nonni, che erano all’opposizione, vengono catturati e mandati nei gulag. Per anni la famiglia non ne avrà notizie. Stalin lancia una campagna antisemita accusando i medici di origine ebraica di essere «untori» e «avvelenatori». La madre, di origine ebraica, viene licenziata. «La situazione si fece molto tesa. Anche le ragazze dovevano apprendere un approccio maschile alla vita. Io imparai a combattere per strada, a fare a pugni. Sono riuscita a resistere bene in questa prova, ne sono uscita fortificata».
Preponderanti nei suoi racconti sono i temi della libertà, della tolleranza verso ciò che viene percepito come straniero e, non da ultimo, le infinite risorse dell’essere umano. In Daniel Stein, traduttore, ad esempio, il peso imposto da confini, non solo geografici, trova la sua nemesi nella volontà di facilitare la comprensione reciproca e nella ricerca della libertà. Ricerca che passa attraverso l’accettazione di modi di vivere e di pensare inconcepibili per il proprio modo di essere, e attraverso il distacco dai principi e dagli stereotipi che ogni persona adotta e interiorizza nel corso della vita. Daniel è un traduttore non solo perché possiede il dono delle lingue, ma anche perché più letteralmente è un “traghettatore”, colui che “fa passare”, che nel suo caso conduce vite umane e anime dalla prigionia alla libertà. Il desiderio di mettere in comunicazione idiomi, culture e fedi diventa la chiave per annullare la diffidenza, la paura e l’odio verso lo straniero e, in ultima analisi, un simbolo di umanità e libertà.
L’attenzione all’essere umano che trasuda dai romanzi della Ulitskaya non si limita però alla sfera emotiva o spirituale. Lo sguardo affascinato e stupito al corpo umano, in tutti i suoi meccanismi ed espressioni, è un altro grande filo conduttore della sua produzione letteraria e dona una prospettiva a 360° dell’«unico essere al mondo che sia consapevole del legame tra il concepimento e la procreazione, fra l’amore fisico e quell’altro, che solo l’uomo conosce». La Ulitskaya ha un passato da genetista, con una laurea in genetica conseguita all’Università Lomonosov di Mosca. Si rende presto conto che, essendo la ricerca nelle scienze umane limitata dal regime, la ricerca scientifica offre maggiori prospettive e possibilità di avvicinare una verità più profonda. «Non volevo una vita di compromessi».
Nel 1970, l’Istituto di ricerca genetica dove lavora come ricercatrice viene chiuso. Insieme ad altri colleghi e amici, la Ulitskaya è infatti accusata di “diffusione di libri proibiti” o “Samizdat”. La macchina da scrivere le viene sequestrata e da un’analisi dei nastri risulta che aveva copiato l’Exodus di Leon Uris. A quell’epoca, una grande parte della poesia e della prosa russa era colpita da censura, così come molte opere straniere. La sete di conoscenza veniva appagata dividendosi i libri tra amici e passando la notte a ricopiarli o a tradurli. Si rischiavano dai cinque ai sette anni di prigione. Né lei né i colleghi, nonostante interrogati dal KBG, vengono arrestati quella volta, ma per dieci anni la Ulitskaya non potrà lavorare. Morti i genitori, senza un impiego, divorziata dal primo marito e con due figli da crescere, inizia per lei un periodo di rimessa in discussione, di ricostruzione dalle fondamenta. Negli anni ottanta arriva la svolta: la proposta di diventare direttrice artistica per il Teatro Ebraico di Mosca. Per tre anni ne gestisce il repertorio, facendo un lavoro a metà strada tra l’ufficio stampa e la consulenza letteraria e leggendo migliaia di libri relativi a questioni ebraiche. Inizia in questo periodo il suo itinerario nella letteratura. Il racconto Sonja (Сонечка, 1995) attrae l’attenzione del mondo letterario e segna l’inizio della sua carriera di scrittrice. Pubblica dapprima in Francia, per Gallimard. Poi arriva il successo anche in Russia con l’assegnazione di premi letterari come il Booker Prize russo, il Premio Nazionale, il BIG BOOK. I suoi romanzi sono pubblicati in Italia da e/o, Einaudi, Frassinelli e Bompiani e le hanno valso i premi Giuseppe Acerbi (1998), Penne (1997, 2006), Grinzane Cavour (2008) e Premio Bauer/Ca’Foscari (2010). Ha partecipato a un progetto interculturale e intersettoriale per l’infanzia dell’Unesco di Mosca, per cui ha curato la raccolta di racconti Other, Others, Otherwise, scritti da vari autori russi e incentrati sugli usi e costumi delle nazioni. Il progetto si propone di far conoscere gli stili di vita di persone provenienti da diverse culture, promuovendo i principi della tolleranza e del rispetto, e aspirando a suscitare l’interesse dei bambini verso il mondo nella sua diversità. I libri sono stati tradotti in inglese e inviati a varie biblioteche europee. Ljudmila Ulitskaya è anche collaboratrice presso l’Istituto di Tolleranza della Biblioteca Statale di Letterature Straniere, la cui missione è aprire in ogni città dei centri in cui tenere incontri e far pervenire regolarmente libri di letteratura straniera e in lingua straniera. È inoltre membro del Parlamento culturale europeo.
«È nei momenti in cui la gente non riesce a trovare ragioni di felicità al di fuori della lettura o della musica, che queste due sfere culturali diventano essenziali».
Tra i suoi successi, oltre a quelli già menzionati, ricordiamo la pubblicazione della corrispondenza con Michail Khodorkovskij.
Tra le sue opere citiamo inoltre:
Una storia russa (Zelënyj satër, Bompiani, 2016)
La scala di Jackob, (Лестница Якова, inedito in Italia, 2015)
Imago (Зеленый шатер, 2010)
Un bicchiere di acqua fresca. Cronache da una Russia solidale e sconosciuta (Человек попал в больницу, 2009)
Daniel Stein, Traduttore (Даниэль Штайн, переводчик, Bompiani 2006)
Sinceramente vostro, Surik (Искренне Ваш Шурик, Frassinelli 2003)
Le bugie delle donne (Сквозная линия, Frassinelli 2003)
Il dono del dottor Kukotsky (Казус Кукоцкого, Frassinelli 2001)
Funeral Party (Веселые похороны, Frassinelli 1997)
Medea (Медея и ее дети, Einaudi 1996)
Sonja (Sonechka, e/o Edizioni 1995)
Tra i numerosi premi letterari e riconoscimenti, oltre a quelli già menzionati, si segnalano:
Austrian State Prize for European Literature (2014, Austria)
Officier de la Légion d’honneur (2013, Francia)
Premio Pak Kyong-ni (2012, Sud Corea)
Premio Oleg Tabakov (2011, Russia, per “Imago”)
Candidata nel 2009 al Man Booker International Prize
Premio Father Alexander Men (2008, Germania-Russia)
Premio nazionale Olympia (2007, Russia)
Premio letterario nazionale (2005, Cina)
Cavaliere dell’Ordre des Arts et des Lettres (2004, Francia)
Premio Ivanushka come scrittore dell’anno (2004, Russia)
Romanzo dell’anno (2004, Russia) per Sinceramente vostro, Surik
Cavaliere dell’Ordre des Palmes Académiques (2003, Francia)
Premio Medici (1998, Francia).