“Sono una pastora dell’Anatolia” così amava definirsi Leyla Gencer, sempre orgogliosa delle origini della sua famiglia. I suoi antenati, che facevano parte di una tribù nomade di Turchi Yuruk, si insediarono attorno al 1450 a Safranbolu. Uno di loro, trisavolo di Leyla, si mise al servizio del sultano per occuparsi di quel territorio e del suo popolo nella prospettiva di un nuovo sistema organizzativo. In ricompensa gli venne offerto un vasto appezzamento di terreno accanto al Palazzo, che l’uomo barattò con altre terre sul Bosforo. Lì diede inizio alla costruzione della grande casa di famiglia. Tra quelle mura nacque il 10 ottobre del 1928 Leyla Ceyrekgil. La madre, polacca e cattolica, le insegna religiosità e misticismo, l’istitutrice e le suore francesi dell’Istituto dove segue gli studi la lingua e la letteratura francese. Il canto lo scopre da sola, poco prima di compiere il decimo anno di età. Suo padre Hasanza de Ibrahim Bey Ceyrekgil la circonda di tutto quanto può forgiare una signora: grande cultura, contatti con personaggi della politica e della nobiltà, casa aperta a cene sontuose, partite di caccia, conversazioni stimolanti. È uomo di molto valore e potere, tenuto in grande considerazione dai famigliari, così come dagli amici e persino dai nemici. Purtroppo muore troppo presto, a soli quarantanni; con lui scompare tutto il mondo che circondava la sua famiglia e finisce pure il benessere economico della sua gente. Leyla riesce ugualmente a portare a termine il liceo, e ad arricchire le sue conoscenze del mondo culturale dei paesi europei. L’Italia le si svela grazie alla ricca biblioteca di classici italiani del professore Bartalini, padre della sua amica Isa. La conoscenza del greco le viene dal suo primo innamorato, Genius Hilinsky, ma è il futuro marito, Ibrahim Gencer, ad aprirle il mondo del bel canto. Leyla si iscrive al Conservatorio di Istanbul, dove incontra Giannina Arangi Lombardi che la indirizza sulla strada del palcoscenico esortandola a iscriversi anche al Corso di Teatro dell’Accademia di Ankara. Questa formazione teatrale si rivelerà molto importante per la sua carriera. Siamo agli inizi degli anni Cinquanta, quando la Turchia sembra costituire l’ago della bilancia tra le due maggiori potenze mondiali appena uscite dalla seconda guerra mondiale. La maggior parte dei paesi che contano desiderano stringere rapporti con la Turchia e le ambasciate si impegnano per fare emergere amicizie e legami di stampo culturale. Leyla Gencer, in grado di parlare cinque lingue e di destreggiarsi con facilità in qualunque argomento di carattere culturale, si trova sovente al centro di importanti eventi. Incontra Ike Eisenhower, Georges Bidault, Giuseppe Pella, Giulio Andreotti, Tito, re Feisal d’Arabia, lo Scia di Persia Reza Palhevi, Re Federico di Grecia, re Hussein di Giordania e molti altre altre personalità.
Leyla è un’ambasciatrice perfetta, ma anche un’artista impareggiabile, ed è naturale che le arrivino da parte dei paesi prossimi alla Turchia i primi prestigiosi contratti artistici. Nel febbraio 1954 canta al San Carlo di Napoli Madama Butterfly di Giacomo Puccini diretta Gabriele Santini e pochi mesi dopo, in aprile, è la volta di Tatiana nell’Eugenio Onegin, con la direzione di Tullio Serafin. Non è che l’inizio. Per Leyla sono ormai aperte le porte dei grandi teatri italiani di Palermo, Trieste, Torino, Reggio Emilia, ma anche di San Francisco e Los Angeles; e, finalmente, il 26 gennaio del 1957 arriva anche alla Scala nella parte di Madame Lidoine, la nuova priora, nei Dialoghi delle Carmelitane di Poulenc, diretta da Nino Sanzogno.
Pochi giorni dopo, il 18 febbraio, farà sentire la sua voce nel Requiem di Verdi eseguito in occasione dei funerali di Arturo Toscanini. Oramai Milano è diventata la sua città d’adozione e di residenza; e il marito Ibo (così lo chiamano gli amici) capisce che da quel momento dovrà imparare a dividere la moglie con il palcoscenico.
L’importante ruolo che Ibrahim (è stato educato nel Collegio Inglese e ha mosso in primi passi della sua carriera in Egitto) riveste nel sistema bancario turco lo costringe a trascorrere l’intera settimana lavorativa a Zurigo. In quegli anni erano numerosissimi gli emigranti turchi che si recavano nei paesi di lingua tedesca a lavorare per mandare a casa le loro buste paga e i rapporti economici tra questi paesi e la Turchia richiedevano la supervisione di una persona che unisse alle competenze specifiche doti di grande sensibilità e una profonda conoscenza degli usi e costumi dei locali e dei lavoratori ospiti. Ibo rappresentava tutto questo e lavorava senza risparmiarsi. Leyla, intanto, continuava a cantare e a fare innamorare dei personaggi che interpretava il pubblico, i colleghi e pure i direttori d’orchestra. Tutti acclamano e vogliono Leyla, la regina. È impossibile fare un elenco delle opere cantate e dei recital tenuti, azzardato citare i maggiori direttori che l’hanno diretta. Tanto per fare qualche nome: Antonino Votto, Victor De Sabata, Gianandrea Gavazzeni, Riccardo Muti. Anche i sovraintendenti Antonio Ghiringhelli, Carlo Maria Badini, Paolo Grassi, Carlo Fontana, Stephan Lissner e tutti i loro collaboratori ne sono rimasti stregati. Intanto Leyla, per gioco, o meglio per la sua gentilezza e innata generosità, ha dato qualche consiglio ai giovani dell’As.Li.Co. (Associazione Lirica Concertistica) l’ente di cui diverrà direttore didattico-artistico. È il momento in cui Riccardo Muti, Paolo Arcà e Carlo Fontana, che ben la conoscono, si rendono conto che le doti, le capacità e gli studi della loro “regina” debbano essere preservati e trasmessi alle nuove generazioni, così, nel 1997, Leyla viene chiamata a rivestire il ruolo di Docente d’Interpretazione e Direttore Artistico presso l’Accademia di Perfezionamento per Cantanti Lirici del Teatro alla Scala. È un’insegnante severa e intransigente, temuta e adorata come le grandi regine impersonate tante volte sul palcoscenico. Il trono si addice alla Gencer perché è nata regina nella vita come sulla scena. La sua cultura, il suo spirito, la sua generosità la rendono una primadonna al di fuori da ogni norma. Non parla mai della voce, del foniatra, delle diete, del parrucchiere, dell’emicrania come le altre; sa invece far rivivere con i suoi racconti le calde notti sul Bosforo, le liete giornate nella grande casa di famiglia, la decorazione delle dimore in cui è passata lasciando la sua inconfondibile impronta regale, i palcoscenici che ha calcato nei più famosi teatri del mondo intero.
La Turchia, oltre alle molteplici onorificenze, fa troneggiare al centro di una piazza la statua che la raffigura a grandezza doppia del naturale e la immortala coniando addirittura una moneta con la sua effige. Milano la ricorda nelle testimonianze dei molti amici e seduta a tavola nella sua bella casa di Viale Majno, dove ha sempre accolto i maggiori esponenti della cultura e della musica internazionale. Insegna ancora quando muore il 9 maggio del 2008 e le sue ceneri, come lei voleva, vengono disperse nel Bosforo. In quelle acque insieme al suo nome fluttuano anche quelli dei personaggi che ha interpretato: Medea, Alcesti, Ottavia, la regina Elisabetta, Maria Stuarda, Anna Bolena, Norma, Saffo, Lady Macbeth, Elettra, Aida, Desdemona, donna Anna, donna Elvira, Caterina Cornaro, Lucrezia Borgia, ma anche Santuzza , Agnese, Pauline, Giulia, Angelica, Gilda, Violetta, Lucia, Amina, Elena, Maria, Antonina, Lisa, Carlotta, Liù, Agata, Fiordiligi, Renata, Margherita, Magda, Adriana, Leonora, Odabella, Tosca, e tutte le altre donne che hanno cantato a piena voce il loro amore o lo hanno sussurrato nei “pianissimi” di cui Leyla è sempre stata commovente interprete e grande maestra.
Leyla Gencer Ceyrekgil
Fonti, risorse bibliografiche, siti
Zeynep Oral, Leyla Gencer. A story of passion, Istanbul, Istanbul Foundation for Culture and Arts 2008
Franca Cella, Leyla Gencer, romanzo vero di una primadonna, Venezia, CGS Edizioni 1986
Franca Cella (a cura di), Leyla Gencer. 50 anni alla Scala, Edizioni del Teatro alla Scala, Milano 2007
Referenze iconografiche: Busto di Leyla Gencer nel villaggio di suo padre, Yörükköy, Safranbolu, Turchia. Autore Hbasack. Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported license.
Lia Del Corno
Nasce e vive a Milano. Traduce (molto) dal francese, inglese e tedesco e scrive (poco) per Adelphi, Garzanti, Mondadori, RCS Libri, ma soprattutto si è occupata di teatro e ha curato le proposte culturali del Piccolo Teatro di Milano, del Franco Parenti e del Teatro Popolare di Roma. È sua l’idea delle lezioni-spettacolo che ha promosso con energia e entusiasmo. Attualmente continua l’attività di traduttrice; scrive libretti di opere liriche dedicate soprattutto ai giovani, firma qualche scenografia e disegna costumi.