Janis Joplin

Porth Arthur 1943 - Los Angeles 1970
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“Volevo provare la droga, fumarmela, ingoiarmela, leccarmela, succhiarmela, volevo provare qualsiasi cosa mi capitasse per le mani”.

“Molti artisti hanno un modo di fare arte e uno di vivere. Per me ce n’è uno solo”.

Janis Lyn Joplin era nata a Porth Arthur il 19 gennaio 1943 da Dorothy Bonita East e Seth Ward Joplin. Lei insegnante, già soprano alla Texas Christian University. Lui impiegato presso la raffineria Texaco.
Janis visse un’infanzia tranquilla. Amava dipingere. E faceva parte del coro della chiesa.
Nel 1957 frequentava il liceo e già qualcosa in lei scricchiolava. Si vedeva brutta, senza forme. Aveva modi bruschi, era sgraziata e sboccata.
Da lì a poco i demoni interiori che l’agitavano l’avrebbero portata via da Porth Arthur. Nel frattempo cercò la sua indipendenza economica lavorando come cameriera. Dopo il lavoro si vedeva con l’amico poeta Jack Smith e insieme andavano a bere birra. E presto Janis passò al Bourbon. Iniziò a frequentare un posto chiamato il Ghetto, fra le case popolari. Lì incontrò gente che sapeva suonare. E Janis iniziò a cantare.

“Molti studenti ricorderanno il loro passato come il periodo più bello della vita ma io troverò il mio splendore lontano da questa città soffocante”.

Un anno dopo partì per San Francisco. Era una notte di gennaio. Se ne andò con Chet Helms, suo amico, studente di ingegneria. Per lui il Ghetto era solo “un gruppo di alcolizzati, sempre ubriachi e fuori di testa”.
A San Francisco Janis mosse i primi passi come cantante in vari locali. Uno di questi fu il Coffee & Confusion di Grant Avenue. Una sera il successo fu così grande che ricevette 14 dollari di mancia. Ma non si vive di sole mance e Janis si impiegò alla Philco Company e alla Industria Conserviera Americana. Non era stata la ragazza modello che Porth Arthur richiedeva e non poteva essere nemmeno la lavoratrice modello di cui le aziende avevano bisogno. Così si mantenne perlopiù con il sussidio di disoccupazione.
Nel 1965 tornò a Porth Arthur. La scusa fu quella di organizzare il suo matrimonio con un tizio che la ingannò e non la sposò mai. La verità era che la cantante voleva allontanarsi dalla droga: l’alcol non era il solo demone di Janis.
E così tornò in quella città da cui era partita. In quella città puritana, dai sani principi. E dalle apparenze incrollabili.
Un’anima inquieta Janis, che parte e ritorna, che scappa e ci ripensa. Non riuscirà mai a fuggire davvero.
Nella città natale, Janis si iscrisse ai corsi di sociologia alla Lamar School. Ci provò a seguire la retta via ma, come prevedibile, non durò a lungo la sua permanenza a Porth Arthur.
Bob Dylan l’aveva già cantato: The Times They Are Changing.
Quindi nel maggio del 1966 Janis comunicò a sua madre di voler partire. Ancora.

“Il blues è uno stile in cui la bella voce non è necessaria, insisterò su quello. Mi troverò una confezione commerciale, proprio come papà confeziona il petrolio!”

Il 4 giugno 1966 Janis Joplin raggiunse San Francisco, per la seconda volta. E la trovò diversa. Tutto quello che Janis non poteva vivere a Port Arthur, San Francisco lo sapeva rendere possibile.
Si trovò in pieno movimento beat, in una controcultura dilagante che parlava di amore, di pace e libertà in contrapposizione alle lotte razziali e alla guerra in Vietnam.
Anche in questa occasione Janis fu supportata da Chet Helms. Il ragazzo, nel frattempo, si era trasferito in città ed era diventato importante nel mondo musicale. Gestiva diversi complessi rock e voleva Janis come cantante di un gruppo blues. Nella lettera che le aveva mandato la informava che poteva sempre tornare a Porth Arthur, aveva già un biglietto di ritorno pronto per lei.
A San Francisco Janis si unì ai Big Brother & The Holding Co., band che l’accompagnò fino al 1969.
Con loro partecipò al Monterey Pop Festival nel 1967. L’accoglienza fu pazzesca ma la performance del 17 giugno non venne registrata. Così il gruppo fu convinto a riprendere nuovamente il pezzo. (https://www.youtube.com/watch?v=Bld_-7gzJ-o)

Quando Janis conobbe i ragazzi della band aveva indosso jeans e maglietta, i capelli raccolti a coda di cavallo. E con quei suoi modi bruschi e il suo essere sempre tanto sboccata, fu considerata solo “una comune ragazza texana”.
Poco dopo, Janis cambiò il suo modo di vestire. Si trasferì con i Big Brothers, a Laguanitas, una piccola città rurale nella San Geronimo Valley. Lì cominciò a proporsi in modo diverso. Abiti dai colori vivaci, collane, bracciali, anelli vistosi e piume nei capelli. E addio scialba ragazza texana.
Nonostante l’esperienza a Laguanitas, dove Janis cucinava e sembrava vivere in modo regolare, niente poté allontanarla dalla droga e dall’alcol; tuttavia Janis riusciva a gestire abbastanza bene l’eroina.

“Non ho mai saltato un concerto per colpa della droga”.

Invece, spesso salì sul palco sbronza.

“Forse il mio pubblico gode di più la mia musica se pensa che io mi stia distruggendo”.

Una bottiglia dietro l’altra. Il bourbon scendeva in gola come acqua. E quella gola rimandava una voce spessa, ruvida.
Alcol e droga alimentavano la sua fame di emozioni. Cantare con una band davanti a un pubblico era un rito d’amore totale e corrisposto che amplificava quelle emozioni. E in poco tempo Janis si affermò come la “regina del blues”, anche in trasmissioni televisive. (https://www.youtube.com/watch?v=fkGUt4QYc08)

Janis saliva sul palco e la prima nota era un razzo che esplodeva nel cielo. E quel cielo cadeva a terra, frantumato in milioni di pezzi, e sembrava di poterci camminare sopra. Ti trascinava nella sua onda di energia e ti catapultava in fondo a te stesso. Janis ribaltava tutto. E tutto perdeva e ritrovava un senso. Tutto fuggiva e ritornava.
Se è difficile definire il blues solo un genere musicale, è più facile comprendere l’anima del blues proprio attraverso Janis Joplin.
La sua capacità, da vera artista, di trasformare la sofferenza in meraviglia, andava al di là degli eccessi in cui si perdeva. Sapeva poi tornare. E lanciare nell’aria la sua anima blues diventata voce e ritmo.

L’attitudine commerciale che probabilmente aveva ereditato dal padre portò Janis a chiedere alla ditta del Bourbon Southern Comfort un compenso economico pubblicitario, tanto la sua immagine era legata al liquore. L’azienda subito non rispose poi si arrese e regalò alla cantante una pelliccia di lince come anticipo sui 2500 dollari di compenso.
Il periodo in cui visse a New York le cose non andarono diversamente. Janis stava al Chelsea Hotel o nel residence al n. 1 della Fifth Avenue. Frequentava i bar e spesso rientrava in albergo sola.
Le sue canzoni sono suppliche. Una costante ricerca dell’amore.
Janis voleva vivere solo il presente e il modo migliore per farlo era la tournée.
Janis cambiò band un paio di volte. La Kozmic Blues Band con cui le cose non andarono granché bene. E in ultimo, nel 1970, The Full Tilt Boogie Band. Con questo gruppo partecipò a Pepperland, un concerto a cui presero parte anche i Big Brother. Janis arrivò ubriaca. E discusse con gli Hell’s Angels che avevano organizzato l’evento. Cantò poi si accasciò sul palco.
L’ultima volta in cui si esibì si trovava di nuovo nella sua città natale. Si era recata a Port Arthur per festeggiare i laureati del suo anno. Anche in quell’occasione l’alcol fu il suo compagno di viaggio.
Janis alloggiava all’hotel Goodhue, e si fece portare una vodka. In quel periodo aveva sostituito il whisky con gin e vodka. Le portarono scotch e bourbon. E lei s’infuriò.
Arrivò presto il momento di ripartire. Lasciare di nuovo Port Arthur. E stavolta sarebbe stato per sempre.
Andò a Los Angeles per registrare l’album. Aveva una camera al Landmark Hotel. Alle sei di mattina del 4 ottobre 1970 Janis Joplin fu trovata a terra, nella sua stanza, stroncata da un’overdose.
Come da suo desiderio le ceneri vennero sparse lungo la costa di Marin County, in California.

Questa voce è stata realizzata grazie alla collaborazione con Laura Lepri Scritture

Fonti, risorse bibliografiche, siti

Myra Friedman, Janis Joplin. Morire di blues, Arcana 1983

Peppe Videtti, Massimo Bassoli, Janis JoplinGammalibri 1981

Giuliana Argnani, Janis Joplin – Piece of my heart (biografia a fumetti), Edizioni BD 2017

Film
The Rose (1979) film liberamente ispirato alla vita di Janis Joplin. Diretto da Mark Rydell

Janis (2015) docufilm di Amy Berg

 

Link
https://www.youtube.com/watch?v=caiBo_wTxrY

https://www.youtube.com/watch?v=fkGUt4QYc08

https://www.youtube.com/watch?v=d_-FhTc78yM

A Francoforte 1968
https://www.youtube.com/watch?v=reAZI4cjo3w

https://www.youtube.com/watch?v=caiBo_wTxrY

Referenze iconografiche: Janis Joplin in una foto promozionale del 1969. Foto di Albert B. Grossman Management (personal manager), New York. Immagine in pubblico dominio.

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Pozzo-Martini

PAOLA POZZO Ottenuto il diploma presso lo Ied, illustra libri per ragazzi in Italia e all'estero, ed. San Paolo e Grimm Press di Tawian; lavora nella moda per Giorgio Kauten; disegna biglietti augurali e carte regalo per La Carterie di Panini e Auguri Mondadori. Illustra poesie per B. Mondadori Scolastica.
Per le ed. San Paolo pubblica un libro per ragazzi sulla pace.
Giornalista pubblicista, scrive recensioni presso una rivista. Vince vari concorsi letterari di narrativa breve, tra cui GialloMilanese e Keltia edizioni.
Pubblica racconti su tre antologie di genere Steampunk.
Vive a Milano.

BARBARA MARTINI Ha scritto per la scolastica racconti e filastrocche sulle guide agli insegnanti per TreSei I Saperi edizioni; scrive anche racconti per ragazzi sui giornalini Arcobaleno e GBaby (ed. San Paolo). Vince diversi concorsi letterari di narrativa breve tra cui GialloMilanese e Keltia edizioni.
Pubblica racconti su tre antologie di genere Steampunk.
Vive a Milano.

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