Protagonista della nascita del movimento emancipazionista italiano, Gualberta Beccari nacque a Padova, da genitori di fede mazziniana.
Non seguì alcun corso regolare di studi superiori, ma compì una sorta di apprendistato letterario e politico grazie alle molte letture personali e ancor più in quanto segretaria del padre, noto traduttore e adattatore di commedie dal francese, nonché direttore della patavina Compagnia dei Solerti, nella quale recitava anche la madre.
Allo scoppio della Seconda guerra d’indipendenza Gualberta emigra con la famiglia a Modena, in territorio insorto, dove il padre continua la sua attività teatrale anche tra le file dell’esercito regio in cui si è arruolato. Tornata a Padova dopo l’annessione del Veneto, vi fonda nell’aprile del 1868 il noto periodico «La donna» (1868-1891), che per anni – anche dopo i trasferimenti a Venezia e poi a Bologna – fu il principale organo del movimento per l’emancipazione femminile in Italia e annoverò tra le sue collaboratrici esponenti quali Anna Maria Mozzoni, Elena Ballio, Luisa Tosco e Giorgina Saffi.
Ardente mazziniana, Beccari orienta la sua attività tanto in campo giornalistico che letterario, impegnandosi in particolare per la formazione della “madre cittadina”, necessaria a suo avviso nella nuova Italia nata dal Risorgimento nazionale. Scrive opere teatrali, come È storia o Un caso di divorzio, in cui mette in scena le sue convinzioni e i suoi ideali di progresso ed emancipazione.
Tra il 1875 e il 1876 dirige la rivista «Il Tesoro delle Giovani Madri. Giornale illustrato delle spose e delle famiglie», mentre conduce il suo «La donna» a schierarsi apertamente per una cittadinanza femminile piena, rivendicando anche la partecipazione delle donne alla sfera politica, pur tra gli attacchi della stampa clericale e moderata. Impegnata personalmente e con il suo giornale nella campagna per l’abolizione della prostituzione di stato, campagna che coinvolse insieme (per la prima volta nella storia dell’Italia contemporanea) uomini e donne di orientamento democratico e repubblicano, sostenne il metodo froebeliano, della coeducazione, come la parificazione salariale tra maestre e maestri e si espresse contro l’insegnamento religioso di tipo confessionale nelle scuole, pur dichiarando che la donna costituisce una sorta di “sacerdote naturale”.
Per vent’anni a partire dal 1886 Gualberta Beccari diresse anche il giornalino per ragazzi «Mamma», nel quale coinvolse alcune tra le collaboratrici della rivista emancipazionista e in cui cercò di dare traduzione alle sue idee educative in fatto di formazione morale e di preparazione civile delle nuove generazioni; tra il 1896 e il 1897 fondò anche una “biblioteca educativa per ragazzi del popolo” intitolata a Clotide Tambroni. Affetta da una malattia di origine nervosa che per tutta la vita ne aveva limitato le possibilità, muore sola nelle vicinanze di Bologna dando aiuto a un bambino bisognoso.