Giulia era figlia di Ludovico, duca di Sabbioneta, e di Francesca Fieschi. Nel 1526, a tredici anni, sposò Vespasiano Colonna che aveva quaranta anni, era vedovo e con una figlia probabilmente più anziana della moglie. Il contratto di nozze era stato sottoscritto da Isabella d’Este che rappresentava il padre di Giulia. Dopo solo due anni di matrimonio, nel 1528, la giovanissima sposa rimase vedova, erede di tutto il patrimonio del marito e tutrice della figliastra.
Dalla morte del marito sino al 1535 Giulia, che resisteva a qualunque progetto di nuovo matrimonio, visse nella contea di Fondi mentre la fama della sua bellezza e del suo spirito si diffondevano per tutta Italia grazie anche a Ludovico Ariosto che la ricorda insieme alle dame e ai cavalieri della sua epoca. La fama della castellana di Fondi si diffuse anche oltre il mare, tanto che si parlò di un tentativo di rapimento da parte del pirata Barbarossa che intendeva fare omaggio della bella preda al sultano Solimano I. Il territorio fu saccheggiato dai turchi ma Giulia si salvò fuggendo in tempo… L’episodio non fece che rafforzare il mito della sua bellezza e fu celebrato dall’egloga di Francesco Maria Molza La ninfa fuggitiva.
Nel castello di Fondi si raccoglieva una piccola corte, ricordata e celebrata da quanti si recavano a far visita alla signora. Con Giulia viveva la figlia del marito, Isabella, che sposò Luigi Gonzaga, detto Rodomonte, fratello della matrigna.
La contessa di Fondi aveva come segretario Gandolfo Porrino un poeta e fine letterato che fu in corrispondenza con buona parte degli scrittori del tempo, fra cui Francesco Maria Molza. Fra quanti le facevano visita si ricorda il cardinale Ippolito Medici raffinatissimo e colto uomo di lettere e, scrive Giovio, dolcissimo musicista, abile suonatore di più strumenti. Il cardinale tradusse per la ammiratissima, corteggiatissima, irreprensibile e inespugnabile giovane signora della quale era innamorato, e dalla quale forse fu riamato, alcuni versi dell’Eneide; morì a Itri nel 1535, probabilmente di malaria, ma si favoleggiò di avvelenamento da parte della famiglia, contrariata da quella passione. Su commissione del cardinale, che desiderava avere un ritratto della donna amata, alla corte soggiornò in due riprese Sebastiano del Piombo: del ritratto originale, dipinto nel 1532, rimangono diverse copie. Alcuni mesi dopo Ippolito inviò a Fondi il ferrarese Alfonso Lombardi, un incisore noto all’epoca, per ritrarre Giulia in una medaglia.
In viaggio da Roma verso Napoli si era fermato a far visita alla contessa Juan de Valdes, il quale, preso dal fascino che aveva richiamato tante personalità di rilievo, scrisse una lettera al cardinale Ercole Gonzaga colma di elogi e ammirazione per la sua ospite. In quella occasione si impegnò a offrire a Giulia consiglio in merito alla causa che le era stata mossa dalla figliastra per l’eredità paterna. Durante l’estate del 1535 la contessa aveva incontrato anche il protonotario apostolico Pietro Carnesecchi, che era stato fortemente influenzato da Valdes, con il quale rimase in contatto diretto e epistolare: Carnesecchi la amò per tutta la vita sublimando il suo amore in un ideale filosofico-platonico.
Nel dicembre dello stesso anno, forse per seguire meglio i suoi interessi, e forse per allontanarsi da Fondi apparsa insicura dopo l’impresa di Barbarossa, la contessa si trasferì a Napoli, prese alloggio presso il convento di San Francesco delle Monache e vi dimorò per tutta la vita. Intorno a lei si ricostituì un circolo scelto dove la conversazione aveva per oggetto temi spirituali e religiosi: vi partecipavano quanti erano interessati alle intellettuali e spirituali ‘eresie’ sorte nella prima metà del Sedicesimo secolo sull’onda della predicazione di Lutero e di Calvino. Fra questi il citato Juan de Valdes, al quale Giulia ispirò l’Alfabeto Cristiano, Pietro Carnesecchi, Marcantonio Flaminio, Bernardino Ochino, Galeazzo Caracciolo che aderì alla Riforma e emigrò a Ginevra dove morì. Del gruppo faceva pare anche l’‘eretica’ Isabella Brisegna Manriquez, la personalità napoletana più in vista insieme a Galeazzo Caracciolo, che scelse di lasciare l’Italia per seguire la propria fede. Carnesecchi scrive che la duchessa inviò una pensione annua, prima a Zurigo e poi a Chiavenna, alla “cara sorella” fuggiasca. Giulia, che aveva ereditato i manoscritti di Valdes, si dedicò alla diffusione della sua dottrina senza trascurare anche i propri interessi mondani e l’educazione del nipote Vespasiano del quale le era stata affidata la tutela dopo la vedovanza e il secondo matrimonio della madre, la figliastra Isabella. Vespasiano, che sarà il suo erede universale, fu un vero principe rinascimentale, ampliò e abbellì Sabbioneta, la piccola Atene dei Gonzaga, dove raccoglieva una corte eletta.
L’attività della duchessa nella diffusione di idee pericolose per il cattolicesimo suscitò presto l’attenzione dell’Inquisizione, il pericolo fu stornato dall’azione della potente famiglia che si mobilitò in sua difesa. Giulia morì a Napoli nel 1566 nel convento nel quale era vissuta e dove avrebbe voluto essere sepolta; ma i sospetti che gravavano su di lei probabilmente non permisero di esaudire questo desiderio. Il pontefice Pio V fece sequestrare le sue carte e dopo averle esaminate dichiarò, che se le avesse viste prima, quella signora la avrebbe «bruciata viva».
Giulia Gonzaga – contessa di Fondi
Fonti, risorse bibliografiche, siti
Ludovico Ariosto, L’Orlando furioso, c. 46 , vv. 8-12
Francesco Maria Molza, Stanze sul ritratto di Giulia Gonzaga, in Poesie volgari, Bergamo, P. Lancellotti 1747
Juan de Valdes, Alfabeto cristiano. Domande e risposte. Della predestinazione. Catechismo, a cura di M. Firpo, Torino, Einaudi 1994
B. Amante, Giulia Gonzaga, contessa di Fondi, e il movimento religioso femminile nel secolo XVI, Bologna, Zanichelli 1896
Interessante articolo di Paolo Bertelli sull'iconografia di Giulia Gonzaga (si ringrazia Angela Vignotto per la segnalazione)
B. Croce, I ritratti di Giulia Gonzaga, in Aneddoti di varia letteratura, Bari, G. Laterza e F., 1953, v. I
Referenze iconografiche: Sebastiano del Piombo, Ritratto di Giulia Gonzaga, sedicesimo secolo. Fonte: Catalogo Beni Culturali. Immagine in pubblico dominio.
Maria Teresa Guerra Medici
Docente di Storia del diritto italiano presso l’Università di Roma La Sapienza è stata incaricata dalla facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Camerino per l'insegnamento della Storia delle istituzioni politiche e della Storia del diritto italiano. Durante l'anno accademico 1994/95 è stata Associated Visiting Professor presso la University of Chicago grazie ad una fellowship del Center for Comparative Legal History. Ha ricevuto una Mellon Fellowship for Advanced Research in Modern European History per l’anno 1999-2000, presso la Newberry Library di Chicago. È stata Professeur invité presso l’Institut d’Études Européennes dell’Université Paris dove ha tenuto lezioni su Le sources du droit en Europe. Ha partecipato al progetto MIUR Donne Potere e scrittura fra Medioevo ed Età moderna e al convegno che si è svolto a Milano il 30 gennaio 2009 sul tema con una relazione dal titolo Intrecci familiari, politici e letterari alla corte di Costanza d’Avalos.
Molte delle ricerche di Maria Teresa Guerra Medici hanno avuto per oggetto la condizione giuridica delle donne, tema sul quale ha pubblicato diversi saggi ed alcuni libri fra cui: I diritti delle donne nella società altomedievale, Esi, Napoli,1986; Ius Nostrum, Pubblicazioni dell'Istituto di storia del diritto italiano della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università La Sapienza di Roma; L'aria di città. Donne e diritti nel comune medievale, Napoli, ESI, 1996; Donne di governo nell’Europa Moderna, Ius nostrum, Studi e testi del dipartimento di scienze giuridiche dell’Università di Roma La Sapienza, Roma, Viella, 2005.