Giulia Baratelli Del Sole

Luino 1939 - Milano 2020
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C’è un’amica che non ho potuto salutare in alcun modo. Se ne è andata la scorsa primavera portandosi frastagliati ricordi dell’infanzia, delle nostre famiglie distanti un pianerottolo, di luoghi a entrambe noti e cari. Frastagliati, piccoli ormai (tempo e memoria fanno il loro lavoro, selezionano), non secondari. Il pomeriggio del commiato solo la famiglia ha potuto accompagnarla, le persone consentite dalle norme covid 2020. Gli stessi familiari durante la degenza in ospedale erano stati tenuti lontani dalla stanza come l’epoca crudelmente chiede a ciascuno.Si chiamava Giulia Baratelli, ed era una moglie, una mamma, una nonna.

Un’insegnante per trentadue anni (trentadue o “per sempre”?). Maestra era diventata giovanissima, dopo il diploma alle Magistrali. Ne sapeva il valore. Nata a Luino (Varese) nel 1939, dunque in pieno periodo bellico, aveva ben chiaro come studiare non fosse privilegio concesso a chiunque. Molti suoi coetanee e coetanei, malgrado ferree volontà, malgrado le capacità, erano stati fermati dalla sorte, perché in povertà o ammalatisi o demoliti o non affiancati dalla famiglia. Ben ricordava Giulia quale/quanta fatica fosse corsa nelle vene dei suoi genitori Anna Tonelli e Luigi, penalizzati e bersagliati dalle morse del Ventennio. Il padre, antifascista, ferroviere, era stato licenziato e in più modi ostacolato ma come tanti non aveva ceduto.

Giulia, diventata signora Del Sole nel 1965, alla professione è andata incontro con entusiasmo e rispetto, cultura e progettualità. “Moderna” senza buttare all’aria la tradizione, ha percorso le vie che pedagogia e didattica sempre più affermavano sanando gli strappi che inevitabilmente l’innovazione produce. Poliedrica e incline a esplorare, approfondire, è stata amata da decine e decine di classi. Era una di quelle maestre che vanno a pescare i ragazzi imbrigliati nei problemi delle famiglie e se li tirano a scuola offrendo uno spiraglio, a volte il solo possibile, di speranza, una di quelle che non giudicano e non condannano. Con rimpianto colleghi e ragazzi l’hanno vista lasciare la scuola e avviarsi alla pensione nel 1991.

“Ecco, è ora di riposare un po’”. Giulia questa frase, più che legittima a termine carriera, non l’ha mai detta e neppure se l’è formulata nella mente. Si è riorganizzata e da tutta una vita di interlocuzione ha estratto la sostanza migliore per un approccio all’altro delicato e prezioso quanto quello che aveva rivolto ai suoi allievi. Ha subito scelto il volontariato, quello in ospedale, al Niguarda di Milano. Non una decisione ripiego o riempimento, neanche una totale novità: già nel passato non erano mancate operatività tradottesi in atti di vicinanza/sostegno, senza medaglie da appuntarsi sul bavero, senza sfilate. Adesso però più compiutamente andava comprendendo la massa di bisogni che le malattie distribuiscono. Sulla propria pelle li vedeva emergere. I giorni della salute erano alle spalle, stava incappando in uno di quei morbi micidiali che intrappolano il corpo insieme al presente e al futuro.

Noi, amici, abbiamo sempre faticato a pensarla malata. La cura interiore che si era sempre data, la cura per gli affetti, lo slancio e il sorriso, l’ironia e la lucidità traevano in inganno. “Io sto bene, prendo le mie medicine, sono scrupolosa nei controlli e vado avanti. C’è chi sta peggio di me”, rispondeva non alle parole ma agli occhi in cui leggeva l’esortazione a ritemprarsi, a dedicarsi finalmente a sé stessa.

Insegnante “per sempre”, dicevo. Proprio così, appieno lo sa chi di tanta lungimiranza ha beneficiato. Una bambina, per esempio, con papà affetto da grave malattia neurologica e mamma straniera, senza reddito. Stava per essere bocciata e, in quelle condizioni, di fatto avrebbe finito per venir estromessa. Invece no. Una anziana insegnante col Parkinson ha scompaginato le carte, le si è seduta accanto e quotidianamente l’ha accompagnata in un cammino che, iniziato nelle più nere difficoltà, è luminosamente sfociato per la ragazza nel diploma con lode in Ragioneria.
Sono potenti l’acume e la forza morale dei singoli, fanno rotolare la sabbia e spostare le dune, oliano catene e agganciano ponti, infondono energia e ridanno fiducia.

Fonti, risorse bibliografiche, siti

Referenze iconografiche: Giulia Baratelli, immagine concessa dalla famiglia.

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Elena Ciuti

Nasce e vive sul lago Maggiore. Laureata in Pedagogia alla Cattolica di Milano ha deviato verso il giornalismo e diretto il settimanale Il Corriere del Verbano. È avvenuto per trasmissione (verrebbe da dire per trasfusione: colpevoli, il fondatore del giornale, il trisnonno Francesco Branca, e le quattro precedenti generazioni). Tipografia e stampa hanno contribuito ad approfondire le conoscenze grafico-editoriali, scelta che collima con l'interesse per disegno e pittura. Ama scrivere, dipingere, cercare nei bauli in soffitta.

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