Gerda Walther è un’esponente di primo piano della fenomenologica tedesca. Nonostante l’originalità del suo pensiero e dei suoi scritti, in Italia è poco conosciuta, e in larga parte ancora da tradurre. Nipote di Federik Bajer, pacifista danese e premio Nobel per la pace. Atea e marxista, Gerda in Baviera intraprende la militanza nel Partito Socialdemocratico e, mentre è già in corso il primo conflitto mondiale, frequenta l’Università di Monaco. È introdotta allo studio della psicologia da Alexander Pfänder, un evento che la stessa definisce determinante nella sua vita, ma un’ulteriore svolta è segnata dall’incontro con gli scritti di Husserl di cui segue il corso a Friburgo e ne approfondisce, poi, il metodo fenomenologico. Lo studio della fenomenologia si arricchisce anche del contributo di Edith Stein e di Hedwige Conrad-Martius, ma le sue inquietudini la conducono anche alla psichiatria e alle religioni orientali; nel più intimo spazio dell’esperienza interiore, inoltre, si snodano gli interessi per la parapsicologia e per la mistica. Queste discipline l’avrebbero condotta al punto più affascinante della sua ricerca, l’analisi fenomenologica dei vissuti mistici ma, contestualmente, l’avrebbero allontanata dai circoli accademici in cui si guardava con sospetto alla supposta deriva extrarazionale dell’indagine filosofica e fenomenologica. Terminati gli studi nel 1921 con la dissertazione Sull’ontologia delle comunità sociali, svolta sotto l’egida di Pfänder e pubblicata come articolo nello Jahrbuch di Husserl, Gerda si dedica alla ricerca, potendo contare sul patrimonio ereditato dal padre, e nel 1923 completa la prima edizione della Fenomenologia della Mistica. Presto, però, durante la terribile inflazione che prostra la Germania, attraversa un momento economico difficilissimo: dopo un breve tentativo di ritorno in famiglia in Danimarca, è costretta ad accettare una serie di lavori occasionali in cui si improvvisa assistente infermiera, traduttrice, impiegata e redattrice a cottimo per magri compensi. Lavora anche presso l’ospedale psichiatrico di Emmendingen, poi per un breve periodo come assistente del dottor Hans Prinzhorn e, ancora, per il parapsicologo e psichiatra dottor Freiherr von Schrenk-Notzing, acquisendo notevoli conoscenze in tali discipline. Tutto ciò le consente di sopravvivere per anni, senza interrompere la sua attività di studiosa del mondo dello spirito e dell’occulto. Nella Germania nazista, però, la vita di una donna dal passato di attivista socialista e dagli interessi per la mistica, la parapsicologia, l’astrologia e l’occulto, non poteva non destare sospetti. Nel 1941, infatti, Gerda Walther viene arrestata dalla Gestapo. Dopo numerosi interrogatori e settimane di prigionia è rimessa in libertà e reintegrata nel suo ultimo lavoro presso gli uffici della Censura, dove conduce un’intensa attività antinazista. Approfitta del lavoro di scandaglio della corrispondenza privata per diffondere messaggi sovversivi, facilitare comunicazioni contro il regime e copiare documenti di propaganda antinazista, come i sermoni dei vescovi di Münster. Nel 1944 viene licenziata, ma non è questo l’evento che segna l’importanza di tale data nella biografia di Gerda Walther. Quell’anno, infatti, il lungo cammino dall’ateismo della giovinezza, attraverso le esperienze religiose e l’attività umanitaria, la conduce alla conversione al Cristianesimo cattolico e al battesimo. Queste le parole con le quali ha inizio la Prefazione al suo scritto più celebre, la Fenomenologia della Mistica: «Questo libro è nato dalla ricerca della verità e della realtà del divino. Avevo ricevuto un’educazione assolutamente atea, nel senso del materialismo scientifico e storico-marxista; nonostante ciò – o forse proprio per questo – già nella mia giovinezza la vita, quanto più era lunga, tanto più mi appariva priva di senso, non degna di essere vissuta, se non fosse esistito almeno qualcosa di ciò che allora mi era stato presentato come … “autoinganno di gente in fuga dal mondo”… Dunque, partii, alla ricerca di questo mondo religioso» (p. 13). Nel 1960 pubblica la sua autobiografia dal titolo Sull’altra sponda: dal marxismo e ateismo al cristianesimo, un’opera alla quale aveva lavorato fin dal 1931.
Tra gli anni ’60 e ‘70 è forte il suo impegno nella politica di orientamento pacifista fino alla morte sopraggiunta a Monaco nel 1977. Il suo capolavoro, la Fenomenologia della Mistica, è l’opera nella quale apre l’indagine fenomenologica ai vissuti mistici, muovendosi in un ambito in cui, come la stessa racconta nella Prefazione alla seconda edizione del 1955, il maestro Husserl vedeva solo «possibilità ideali» (Fenomenologia, p. 14). Diversamente, è proprio l’interesse per l’esperienza mistica il punto di convergenza con la più nota fenomenologa Edith Stein, la cui Scientia crucis è richiamata in più parti della Fenomenologia.
L’obiettivo di Gerda è mostrare che nell’esperienza mistica, esperienza originaria del divino, avviene la comunicazione con Dio e, come la stessa esplicita nell’Introduzione, «fare luce sulla questione se i vissuti mistici siano … un reale fare esperienza di Dio “in carne e ossa”» (Fenomenologia, p. 19). A tal fine, l’autrice conduce una rigorosa indagine dei vissuti mistici, vale a dire dei fenomeni nei quali «si dà una manifestazione, rivelazione o apparizione diretta di Dio» (p. 21), e di quelli parapsichici (dalla telepatia alla comunicazione con i defunti), superando l’obiezione dell’appartenenza di tali fenomeni alle malattie mentali e mostrando come essi si manifestano nell’io. Le “esperienze” in oggetto non sono limitate a quelle dei mistici – tra essi particolare attenzione è dedicata a santa Teresa d’Avila -, ma ricomprendono anche alcuni vissuti soprasensibili esperiti dalla stessa autrice in prima persona. Particolarmente significativa nella vita della giovane Gerda Walther è l’esperienza vissuta il 10 novembre del 1918 durante un viaggio di ritorno a Friburgo: «in treno, al buio [si era ancora in tempo di guerra]… avevo la sensazione di essere estranea a tutto ciò che mi circondava… Mi sembrava di avere ancora solo un legame molto esile con il mio corpo e con il profondo grembo del mio essere… Io percepivo e vivevo me stessa soltanto come un punto psichico, senza estensione, che – chiuso in sé – non può ricevere e dispensare alcuna forza… vaga intorno smarrito come in uno spazio vuoto. L’io precipita in un abisso senza fine, dove non c’è grembo dell’essere, né alcun oggetto, non ha mondo, non ha psiche… Ora è veramente solo un semplice io vuoto [senza contenuti]… Sente ancora, ma solo se stesso e la sua solitudine» (Fenomenologia, pp. 163-164). Questa esperienza personale dell’autrice descrive la condizione di «profondissima solitudine dell’io» che, come espone poco più avanti nel paragrafo dal titolo significativo La comprensione mistica di Dio e dell’essenza fondamentale dell’essere in Lui, apre due vie all’io: tornare «a un qualsiasi essere esteriore nel mondo» o «voltare decisamente le spalle a tutto ciò, lasciarsi sprofondare sempre più in quell’oscuro abisso interiore… che si trova… dal lato esattamente opposto rispetto al mondo… Egli (l’io) è in cerca di un Qualcosa di definitivo… E così l’io lo chiama dall’abisso della sua solitudine, con tutta la forza che ancora possiede… Ecco che, all’improvviso, sente venire verso di lui… allo stesso tempo, dietro e sotto, ma anche al di là e sopra tutto, Qualcosa di simile a un mare di luce e di calore… Si avvicina sempre più come da una grande, incommensurabile distanza interiore, finché non giunge all’io stesso, e ora lo penetra e ora lo avvolge da ogni lato, così che è come immerso in mare di amore infinitamente caldo e ricco, che con inesauribile pienezza lo circonda e lo invade, mentre allo stesso tempo è illuminato e penetrato dai raggi di un mare di pura luce spirituale infinitamente dolce… L’io riposa a lungo abbandonato in questo mare, in una beatitudine priva di desideri, e viene come dilatato da esso fino all’infinità del tutto», (Fenomenologia, pp. 169-174).
Gerda Walther
Fonti, risorse bibliografiche, siti
Gerda Walther, Fenomenologia della mistica, Milano 2008
A. Ales Bello, Fenomenologia dell’essere umano. Lineamenti di una filosofia al femminile, Roma 1992
L. Lopez McAllister, «Gerda Walther (1897-1977)», in A History of Women Philosophers, a cura di M. E. Waithe, Dordrecht: Kluwer, vol. 4, pp. 189-206
Iole Turco
Iole Turco (Palermo, 1978) è dottore di ricerca in Filosofia, scienze e cultura dell’età tardo-antica, medievale e umanistica (Università di Salerno) e in Humanitats (Universitat Pompeu Fabra di Barcellona). É autrice di articoli scientifici e ha partecipato a convegni nazionali e internazionali. Svolge attività di traduzione dall’inglese e dallo spagnolo e collabora alle attività scientifiche dell’Officina di Studi Medievali (Pa). I suoi interessi di ricerca vertono sulle scritture femminili, sulla storia della mistica medievale inglese e sulla riflessione femminile in materia etico-politica nel periodo medievale e umanistico. È in fase di pubblicazione la sua monografia su Cristina di Markyate corredata dalla traduzione italiana della Vita a cura di F. P. Ammirata.