Gabriella Benedini

Cremona 1932 - vivente
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Gabriella, Gaby, ci offre occasioni di esperienze visive e fisiche, attraverso un percorso fatto di materia in un processo di metamorfosi, secondo modalità che si allontanano dalla tradizione del fare pittura e scultura. Questa fisicità è una componente molto importante del suo lavoro, è ciò che le permette di esprimere due aspetti per lei fondamentali: il senso del tempo e il senso della memoria.

Il fare arte è ancora l’incontro con l’imprevisto in un non luogo dove le tracce e i segni sono riconoscibili solo attraverso la passione e riconoscendoli esistono.

Gabriella cresce in un mondo in preda alla guerra, tra bombardamenti e muri crepati, fumi e incendi, arginati dalla presenza rassicurante della madre. A lei riconosce di dover molto per l’ intelligenza, la capacità di vedere lontano e l’averla incoraggiata a intraprendere liberamente il suo percorso di vita da prima a Milano e poi a Parigi. Per contro c’è l’assenza del padre, prima dovuta alla guerra, poi a latitanza e morte precoce.

È tra i disastri della guerra che la sua vena artistica inizia a manifestarsi nelle piccole pitture con cui copre i muri di casa, muri di cui nessuno si preoccupa, date le circostanze, e che gli altri bambini le chiedono di dipingere anche per casa loro: quelle furono le sue prime committenze. Finita la guerra, tra scuole difficilmente frequentabili con regolarità e incombenti necessità di sussistenza, tutto sembra possibile per lei fuorché fare l’artista. Guadagna dando lezioni di matematica e di francese, crea decorazioni per un cartolaio cremonese e illustrazioni di libri per bambini. Tenta anche la via della scrittura con qualche racconto e il romanzo Le amiche.

Nel 1958 è la lettera di presentazione di un giovane editore milanese, Arturo Schwarz, per Gallimard a portarla a Parigi. Ma non succederà nulla. Così inizia a dipingere, a esporre in alcune gallerie e a partecipare a premi.
Per mantenersi continua a fare illustrazioni, questa volta per il giornale «Bayard» su cui tiene anche una strip settimanale.  La crisi di un breve matrimonio con un giornalista italiano la riporta in Italia.

Decide di stabilirsi a Milano che negli anni Sessanta è fulcro della vita artistica e culturale del Paese. Grazie alla mediazione di Bepi Romagnoni nel 1962, la Galleria Bergamini organizza la sua prima mostra personale italiana (curata di Carlo Munari) a cui ne seguirà una seconda nel 1965 (presentazione di Emilio Tadini). Il rapporto con la galleria proseguirà fino al 1980, anno della sua chiusura, con un’ultima mostra organizzata con la collaborazione di Gigliola Rovasino, che negli anni Settanta, dopo le battaglie del femminismo, aveva messo a disposizione delle artiste uno spazio espositivo vivacissimo: la Galleria di Porta Ticinese. Tra queste mostre, da ricordare Analisi al soggetto, divenuta occasione di un intenso dibattito, poi registrato, che ha visto le presenze tra gli altri di Giò Pomodoro, Emilio Tadini e Mario Raciti.

Gabriella, anche se attratta e interessata dalla pittura astratto-informale prima, dal Realismo Esistenziale e dalla Nuova Figurazione poi, procede per una ricerca strettamente personale non assimilabile ad alcuna corrente specifica. Tutti gli anni Settanta sono segnati prevalentemente da opere pittoriche che sono il riflesso di spunti letterari filtrati dal suo bisogno di crescita e di confronto. Sono di questi anni Le storie della terra-Mutazioni. Di questa fase sono anche le sperimentazioni con altri linguaggi tra i quali quello cinematografico realizzando tre Super8: Doprenoi, Diutop e Deserto. Nel 1977 è tra le fondatrici del gruppo Metamorfosi. Le edizioni Grafis pubblicano una sua monografia a cura di Anty Pansera.

Dall’inizio degli anni Settanta fino alla fine degli anni Ottanta, dopo un secondo matrimonio, intraprende col marito lunghi e avventurosi viaggi, minuziosamente organizzati, mossi dalla curiosità e l’interesse per luoghi lontani spesso difficili da attraversare: Africa, Medio Oriente, Sud America, esperienze molto intense, da cui trarrà suggestioni che influenzeranno il suo lavoro successivo.

Credo che aver visto gente e culture diverse mi abbia liberato da schemi e condizionamenti. Ricordare la bellezza di uno straccetto di stoffa che sventola legato ad un arbusto in pieno deserto e sapere che era una preghiera mi fa ancora viaggiare. Per questo il viaggio, la navigazione, i giorni, le arpe, l’astrolabio, il tempo.

Col termine degli anni eroici della contestazione, la morte del marito e la fine dei viaggi si conclude un periodo e inizia una nuova fase. La nuova condizione viene elaborata attraverso una intensa e libera attività creativa.

È solo dagli anni Ottanta che sento di essere entrata nella mia pelle vera. In tutti quegli anni cercavo; adesso trovo, il che è molto diverso. Non è facile trovare, ma è molto più felice.

Introduce nella sua pittura, con sempre maggiore frequenza, elementi tridimensionali, fino a operare in senso decisamente volumetrico, creando opere anche di grandi dimensioni. Il senso del viaggio, le radici del tempo e della storia, le metamorfosi della materia col successivo utilizzo di oggetti abbandonati e da lei amorosamente raccolti. C’è un’attrazione, un’intesa tra lei e le piccole cose che raccoglie: le piace la loro forma, la loro superficie, la loro storia, le piace intuire l’assonanza con forme antiche che appartengono alla sua cultura. Tutte queste componenti le permettono di cominciare un processo appassionante di trasformazione conservando ed esaltando la fisicità di cui sono fatte, sente che la materia può far scoccare scintille di significato.

Nascono i Teatri della melanconia, i Pendoli del tempo, i Goniometri, i Sestanti, le Costellazioni, Il teatro di Persefone e le Arpe. Si intensifica molto e rapidamente la sua presenza sia in mostre collettive che personali, in Italia e all’estero. Nel 1984 realizza il Teatro chimico di novembre per una mostra a Palazzo Massari di Ferrara, che sarà poi esposto anche nel 1986 alla Biennale di Venezia (su invito di Arturo Schwarz), dove tornerà anche nel 2010 partecipando alla mostra in onore di Simone Weil, su invito di Vittoria Surian.

Anche la parola e i libri sono oggetto del suo interesse artistico, che la porta a intervenire sulla collana di poesia Einaudi, detta “la bianca”, sostituendo liberamente all’introduzione scritta i suoi segni e le sue grafie, operazione che Nico Orengo definisce “un atto di devozione a quei versi”. Successivamente realizza dei libri lignei, polimaterici, che racchiudono, in un piccolo spazio, un intero microcosmo.

Gabriella è fondamentalmente un’anima solitaria, che ha però incrociato molte persone, tra cui molte donne con le quali ha stabilito rapporti di confronto culturale e operosità artistica. Patrizia Serra della Galleria Spaziotemporaneo di Milano e Silvana Peira del Fondaco di Bra, ideatrice della Via del sale, un’idea itinerante di mostre e installazioni di grandi artisti, nata con la collaborante presenza di Nico Orengo. Poi Martina Corgnati, storica dell’arte e scrittrice, che la invita nel 1997 a Palazzo Racani Arroni a Spoleto e che nel 2012 è la curatrice di due rassegne, l’antologica alla Castiglia di Saluzzo e l’importante monografica presso lo spazio Oberdan di Milano, dove è presentata tra l’altro un’intera biblioteca di centotrenta libri di artista commissionati dai Cento Amici del Libro.
Elena Pontiggia presenta i suoi libri nel volume del 1990 Bibliotheca e la invita al Museo della Permanente di Milano nella rassegna del 2014 Nati nel 30.

Nel 2007 Grazia Bolongaro le commissiona un’installazione nel suo parco della scultura La Marrana – parco di scultura ambientale –, una grande installazione che intitolerà La nube di Magellano mentre Angela Madesani documenta i suoi film d’artista, che recentemente sono stati acquisiti dal Centro di Cinematografia Sperimentale di Roma. Mariateresa Chirico sta curando la costruzione del suo archivio.

Fonti, risorse bibliografiche, siti

Martina Corgnati, Gabriella Benedini. Il viaggio, catalogo della mostra, Spaziotemporaneo Edizioni, Milano 1995

Giovanna Riu, Gabriella Benedini. L'orecchio di Dioniso, catalogo della mostra, La Spezia 2004

Sandro Parmiggiani, Gabriella Benedini. Le arpe di Ninive, catalogo della mostra, Milano, Skira 2006

Claudio Cerritelli, Gabriella Benedini. Ritorno a Itaca 1970-2006, catalogo della mostra, Cinisello Balsamo (MI), Silvana Editoriale 2006

Gabriella Benedini. I relitti o la memoria dell'essere, catalogo della mostra, Galleria Arte 92, Milano

Angela Madesani, Gabriella Benedini. Mappe e Reperti, Spaziotemporaneo, Milano 2008

Gabriella Benedini. Circumnavigare, catalogo della mostra, Ravenna, Edizioni Capit Ravenna 2009

Gabriella Benedini. Opere 1972-2012, a cura di M. Corgnati, catalogo della mostra, Milano, Skira 2012

Martina Corgnati, Gabriella Benedini. Non si riposa il mare, a cura di , catalogo della mostra, Milano, Skira 2012

Paolo Biscottini e Paolo Bolpagni, Gabriella Benedini 1984-2014.Transiti e incontri, catalogo della mostra edizioni, Milano, Kimera, 2014

Il sito ufficiale: www.gabriellabenedini.it

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Gabriella Barbieri

Formalmente architetto, si occupa, per lavoro e non, di case, riuso di materiali dismessi, dalle piastrelle alle aree verdi, viaggi, grafica e pubblicazioni, invenzione e confezione di qualsiasi cosa si possa fare a partire dalla stoffa, pillole urbane, allestimenti, bio-ecologia, impasti che siano calce o torte, progetti, colori e libri.

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