Tre donne siciliane, tre ricamatrici, tre combattenti. Grandi lenzuola bianche con il bordo sfilato, splendide tovaglie a punto ombra o punto rodi, ricamate tra chiacchiere e canzoni da donne di tutte le età sedute davanti alle soglie di casa…
Si facevano per i corredi di famiglia, o su ordinazione di signore ricche e importanti, che vivevano lontano. Filippa Pantano, sposata Rotondo, e le due figlie Pina ed Orsola, sono bravissime, ma non sono le sole: decine e decine di donne di Santa Caterina Villaermosa, paese di circa 10.000 abitanti in provincia di Caltanissetta, lavorano altrettanto bene.
Nel dopoguerra, quello che era un lavoro singolo e quasi artistico, viene individuato dal mercato e, ovviamente, assorbito e sfruttato.
Si costituiscono nelle città siciliane (ad Agrigento e Palermo, soprattutto) aziende che si fregiano di vari titoli: “Corredi”, “Ricami siciliani” e così via, che cercano di accaparrarsi il raffinato prodotto per venderlo nei grandi centri urbani e anche all’estero. Gli intermediari girano i paesi, guardano i lavori, fanno ordinazioni offrendo compensi irrisori e incerti. Arrivano anche a Santa Caterina, e incrociano le donne della famiglia Rotondo.
La capostipite, Filippa, è una donna particolarmente energica e combattiva; è stata emigrata in Germania ed è tornata in paese.
Accetta di consegnare qualche ricamo, ma poi valuta insostenibile il rapporto che si va stabilendo tra le ricamatrici (senza assicurazione né garanzie contrattuali) e i committenti-intermediari, che fanno quello che vogliono.
Con il ’68 e l’autunno caldo, un clima progressista e di speranza soffia dovunque. Anche a Santa Caterina le cose possono e devono cambiare. Negli anni Settanta Filippa fonda, insieme alle figlie e alle vicine di casa, la Lega delle ricamatrici, aderente alla CGIL.
Cominciano le trattative con gli intermediari: si cerca di valutare i singoli capi ricamati in base alle ore di lavoro, e di stabilire una paga di almeno £. 150 l’ora. Dopo molti tentativi andati a vuoto, viene indetta una grande manifestazione cittadina con corteo, che coinvolge anche l’Amministrazione comunale.
La Lega delle ricamatrici conta adesso 875 iscritte. Le donne politicamente impegnate di Palermo (molto attive in quegli anni, e che si raccolgono attorno al PCI, all’UDI, alla CGIL) individuano nella realtà di Santa Caterina un segmento della lotta più generale per l’emancipazione femminile e i diritti del lavoro. Si recano a Santa Caterina. Esprimono la loro solidarietà, e cercano di diffondere l’esperienza in tutta l’Isola. Ricamatrici a domicilio ce n’è dovunque: nelle province di Agrigento, Ragusa, Siracusa, fino a Taormina e altrove. L’esempio delle donne nissene fa scuola: le Leghe delle ricamatrici si estendono in tutta la Sicilia (si terrà una grande manifestazione di quasi mille donne a Palermo nei primi di giugno del ’73). Si traccia una piattaforma rivendicativa complessiva, che includa una valutazione dei tempi di lavoro necessari per ogni capo, una paga oraria e un minimo di rapporto previdenziale. Nel clima politico di quegli anni (governi di solidarietà nazionale) si pensa di poter regolamentare anche prestazioni come queste, difficilmente controllabili. Si giunge a fare approvare in Parlamento una legge (n° 877 del 18 dicembre 1973) per la disciplina del lavoro a domicilio, che sarà difficile applicare e che lentamente cadrà in disuso. Ma Filippa, con le sue figlie Giuseppina e Orsola e le altre compagne, non si arrende. Costituisce nel 1977 una Cooperativa: La rosa rossa, che ottiene una certa visibilità attraverso i media. Si tenta un rapporto con la ditta di biancheria Frette, che, dopo una fornitura e un pagamento di prova, non avvierà gli ordinativi sperati. Dopo alcuni anni (intanto il mercato del ricamo è invaso dai ricami cinesi, assai meno raffinati) la Cooperativa si scioglie.
Filippa torna a curare l’orto di casa, le figlie Giuseppina e Orsola le proprie famiglie. Ma nella memoria di Santa Caterina Villaermosa la mobilitazione e la lotta delle ricamatrici degli anni Settanta resterà per sempre.
Filippa, Pina e Orsola Rotondo
Fonti, risorse bibliografiche, siti
Loredana Rosa, Filippa Pantano e le ricamatrici di Santa Caterina, in Siciliane, Siracusa, Emanuele Romeo Editore
Referenze iconografiche: La Ricamatrice, 18esimo secolo, dipinto di
Jean-Baptiste-Siméon Chardin. Fonte: Christie's. Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International license.
Simona Mafai
Nata a Roma (1928) in una famiglia di artisti si impegna giovanissima nella Resistenza antifascista ed antinazista. Successivamente milita nel PCI, operando in Veneto, a Genova, e presso l'UDI nazionale. Sposatasi con Pancrazio De Pasquale, si stabilisce in Sicilia. È stata senatrice a Gela e consigliera comunale di Palermo. Componente dell'Associazione donne in lotta contro la mafia. Ha fondato nel 1991, assieme ad altre donne, «Mezzocielo», bimestrale di politica, cultura ed ambiente. Ha pubblicato in collaborazione con Gigliola Lo Cascio, Carola Gugino, Chiara Ottaviano, Beatrice Vittorelli, Giuliana Saladino, Maria Venuti Essere donna in Sicilia, Editori Riuniti, 1976.
Ha due figlie e due nipoti. Vive a Palermo. Vedi la voce a lei dedicata scritta da Anna Puglisi.