Fey von Hassel

Berlino 1919 - Brazzà 2010
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Fey von Hassell, dopo il matrimonio con il conte friulano Detalmo Pirzio-Biroli, fa il suo ingresso a Brazzà, nella villa del castello Savorgnan-Pirzio-Biroli, a circa mezzo secolo dopo Cora Slocomb, antesignana dell’emancipazione femminile e come lei, proveniente da un altro Paese. Dalle finestre del lungo corridoio, si gode il panorama delle montagne friulane che fanno da cornice al grande parco fatto realizzare da Cora a fine Ottocento, con il laghetto a forma di trifoglio, il castello di Brazzacco con la rocca di Braitan, la torre maestra e la casa del Capitano[1], la chiesetta gentilizia di San Leonardo, il santo liberatore dei prigionieri, venerato dalla famiglia Pirzio-Biroli per le vicissitudini di guerra e deportazione.
Il salottino adombrato dove Fey il 28 marzo 2008 ha ricevuto il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, è custode di molte memorie antiche e storie più recenti, non meno importanti[2] .
Fey, figlia di Ulrich von Hassell, ambasciatore tedesco a Roma negli anni Trenta giustiziato nel 1944, ha chiacchierato amichevolmente con forte accento tedesco con il Capo dello Stato. Sforando il tempo previsto dal cerimoniale, Napolitano si è soffermato sulle foto, prevalentemente seppiate e in bianco e nero, che ritraggono i vari personaggi delle Famiglie Savorgnan-Pirzio-Biroli: l’Ammiraglio tedesco Alfred von Tirpitz, nonno di Fey, segretario di Stato del Ministero della Marina imperiale del secondo Reich, la Kriegsmarine, l’uomo della Guerra sottomarina indiscriminata per mezzo degli U-Boot; la contessa Cora Slocomb con un bel cappello e la mantellina di pizzo sulle spalle, sposa di Detalmo Savorgnan di Brazzà, l’inventore della macchina affrancatrice. Accanto, la foto del fratello e più famoso Pietro, vestito con abiti sahariani, esploratore del Congo e fondatore di Brazzaville, fratello di Detalmo. E poi le foto dei genitori di Fey, Ilse e il barone Ulrich von Hassell, ambasciatore di Weimar e del Terzo Reich nella Roma fascista, condannato a morte insieme ad altri congiurati, tra cui Klaus von Stauffenberg, dopo il fallito attentato al Fürer del 20 luglio 1944, passato alla storia come “operazione Walkyria”. Il padre di Fey e gli altri cospiratori furono uccisi, i loro congiunti rapiti e deportati nei lager, i figli strappati alle madri. Fey, ritenuta dalla Gestapo “familiare corresponsabile colpevole” con i due figli Corrado e Roberto, di allora 2 e 4 anni – in una foto ritratti in braccio alla mamma poco prima della deportazione – subiscono la stessa sorte. L’ordine era di ucciderli tutti, ma Himmler tradì il Fürer per barattare la loro vita con la propria. Fey fu rilasciata dopo la Liberazione, nella primavera del ’45 da una formazione della Wehrmacht, appena in tempo, prima di rischiare di finire in Sudtirolo, nello sbando della disfatta, su un autobus che la Gestapo aveva deciso di far saltare in aria. Ma soltanto alla fine dello stesso anno, ricongiunta finalmente al marito, inizia la ricerca dei suoi figli in tutta Europa e, insieme alla madre Ilse e la sorella Amuth, li ritrova in un orfanotrofio austriaco nei pressi di Innsbruck. Erano nell’asilo nido di Wiesenhof-Hall, registrati come “fratelli Vorhof”. Scegliendo un nome falso, s’era badato che la prima sillaba cominciasse per “v”, come von, e la seconda per “h”, come Hassell.
Ulrich von Hassell, padre di Fey, durante la prima guerra mondiale, era stato ispettore militare nell’esercito nella Battaglia della Marna. Profondamente contrariato dalla caduta del vecchio regime e dall’avvento della Repubblica di Weimar, inizialmente vide nel nascente partito nazista l’unica possibilità di ripristinare le vecchie tradizioni. Fu così che venne nominato ambasciatore a Roma. In seguito, inorridito dalla violenta presa di potere del nazismo e del fascismo, lasciò il partito. Egli annota nel suo diario segreto l’odio e il disappunto contro gli orrori di Hitler, del nazismo, e il rancore contro il pogrom condotto dalle SS nella notte tra il 9 e il 10 novembre 1938 in Germania, Austria e Cecoslovacchia. Ancora di stanza a Roma, benché i crimini compiuti oltr’Alpe aleggino nell’aria, von Hassell è impotente contro l’Olocausto. Il 15 maggio 1943 scrive che «Hitler ha trasformato i tedeschi in animali selvaggi esecrati nel mondo intero». Invano il barone cospira per dividere Duce e Fürher. Fey nel suo diario, durante il soggiorno romano, scrive della sofferenza dei genitori che, spiati in casa, devono convivere con il Gotha tedesco.
In una foto, Detalmo, marito di Fey, studioso “malato di mal d’Africa”, indossa la tipica keffiah araba.
Un amore folgorante e a prima vista, quello tra Fey e Detalmo, figlio di Idanna, unica figlia della contessa Cora Slocomb e del generale piemontese Giuseppe Pirzio-Biroli, ritratto nella foto di ufficiale in alta uniforme.
Fey conosce “Detalmino” – come era soprannominato nell’infanzia per distinguerlo da nonno Savorgnan – a Roma nel 1936 a villa Wolkonsky durante un ricevimento danzante. Quando nel 1938 Ulrich von Hassell fu rimosso dall’incarico e ritornò con la moglie in Baviera, Fey rimase a Roma con la sorella Amuth presso alcuni amici.
Dalle pagine dello struggente diario di Fey, si legge che aveva trascorso l’adolescenza romana tra ricevimenti, balli, feste in costume, escursioni equestri insieme a coetanei di famiglie “bene”. Di lì a qualche anno le sue vicende saranno ben diverse.
Da Berlino s’insediano nella capitale tutti i potenti del Reich, tra cui Göring, Robert Ley, capo del sindacato nazista, Himmler, responsabile più tardi della deportazione di Fey e dei suoi figli Corrado e Roberto. Fey, da sempre antinazista, nel suo diario scrive: «…tutta gente impresentabile che si crede essere degli dèi…[3] ».
Inizialmente il padre di Fey non condivide il matrimonio con Detalmo, antifascista per educazione: pur discendente della nobile Famiglia dei Savorgnan, e proprietario di un castello in Friuli, secondo il barone, non può garantire alla figlia un futuro certo. Ma in seguito l’aristocratico e Detalmo, divenuto suo genero l’8 gennaio 1940, combatteranno insieme la stessa battaglia, sebbene in contesti diversi. Nel 1940, mentre la Resistenza tedesca trama contro l’allargamento del conflitto a Occidente, e anela a “una pace dignitosa”, prima che la resa s’imponga “incondizionata”, è proprio il marito di Fey che, nel febbraio 1940, mette segretamente in contatto il suocero con il mediatore inglese Londsdale Bryans, molto vicino a Lord Halifax, ministro degli Esteri britannico. Intanto la Wermacht, dopo l’armistizio del ’43, occupa Brazzà, costringendo Fey ad una pericolosa convivenza. Fey vive di riflesso a Brazzà, da sola con i figli, la Resistenza al nazi-fascismo. Il padre Ulrich è a Berlino, il marito Detalmo alla macchia a Roma. Durante l’occupazione tedesca, Detalmo Pirzio-Biroli partecipa all’attività clandestina del CLN (Comitato Liberazione Nazionale), i cui partiti componenti avrebbero più tardi costituito insieme i primi governi del dopoguerra. Ricercato dalle SS, libera oltre tremila prigionieri alleati che, da ufficiale, aveva in custodia. Ma anche centinaia di ebrei e uomini della Resistenza grazie a documenti falsi, a detta proprio degli inglesi stessi più perfetti dei loro, stampati segretamente vicino al ghetto romano.
Ricomposta la famiglia, la vita trascorre serena: nasce una terza figlia, Vivian, scomparsa prematuramente nel 1997. Fey intanto scrive e completa il diario; Detalmo Pirzio-Biroli diventa un noto studioso d’Africa. Corrado, ora in pensione, è diventato un funzionario dell’Unione europea, mentre Roberto è un apprezzato e noto architetto di fama internazionale, restauratore di dimore storiche, che ha curato, tra l’altro, la ricostruzione di Venzone dopo il terremoto che ha colpito il Friuli nel 1976 ed attualmente quella dell’Aquila e dei borghi abruzzesi devastati da quello più recente del 2009.
Vicende storiche più recenti, s’intrecciano e sono indissolubilmente legate a quelle di cui è intriso e testimone l’antico maniero che domina la villa dove hanno vissuto Fey, Cora Slocomb e tutti gli “abitatori-avi” di quei luoghi che l’hanno preceduta, antiasburgici e filoveneziani del partito degli Zamberlani opposto agli Strumieri, e nell’ambito del Patriarcato di Aquileia, la casata dei Savorgnan che esercitava una vera e propria “Signoria”, l’unica del nord-Italia di allora. I Savorgnan avevano sempre parteggiato per Venezia contro l’Impero Asburgico. Erano a capo del partito dei Zamberlani, più vicino alle masse contadine e alle borghesie cittadine, opposto al partito degli Strumieri, nobili filoasburgici. Quando nel 1420 la Repubblica di Venezia estese i suoi possessi di terraferma fino a comprendere anche il Friuli, i Savorgnan ne divennero i rappresentanti politici e i difensori militari contro le mire asburgiche. Ragion per cui i Savorgnan erano divisi in due rami principali: quello dei Cergneu e Savorgnan del Monte (da cui discendeva Lucina Savorgnan) – “abitatori” del Castello di Brazzà inferiore ed il Monte fortificato di Osoppo – ed il ramo dei Brazzà e Savorgnan della Torre (da cui discendeva Luigi da Porto), “abitatori” del Castello di Brazzà Superiore[4] .
Fey von Hassell, scomparsa il 14 febbraio 2010, riposa nella tomba di Famiglia nel piccolo cimitero di Santa Margherita del Gruagno, in comune di Moruzzo (UD). Come sua sorella Almuth, era una donna esile e longilinea, dai lineamenti nordici e l’incarnato chiaro, bellissimi e profondi occhi azzurri, ereditati dal figlio minore Roberto. Lei stessa dichiarerà l’istinto della giustizia che ha orientato tutta la sua esistenza: «Opporsi sempre alla dittatura, anche in situazioni disperate».

NOTE
1. A questo luogo è stato ufficialmente ricondotta la storia di Giulietta e Romeo (alias Lucina Savorgnan del Monte e Luigi da Porto).
2. Nel 2002, durante un convegno sulla storia del nazismo e della Resistenza a Berlino, l’allora deputato Napolitano nel corso di una relazione suggerì agli studiosi presenti: «Per conoscere meglio quel periodo storico leggete il libro di Fey». Tra il pubblico c’era il figlio di Fey, Roberto. In seguito si sviluppò una corrispondenza tra Brazzacco e Roma che alimentò la curiosità di Napolitano.
3. Dal diario è stata tratta la fiction televisiva I figli strappati andata in onda su RAI Uno il 7 e l’8 maggio 2006.
4. I rapporti tra le due casate del Monte e della Torre (che in Shakespeare diventeranno rispettivamente i Capuleti e i Montecchi) restarono ottimi fino al 1510. Nel 1511, per gli eventi che si succedettero, la pace tra le due casate era ormai finita. Di fronte alla grande offensiva degli Imperiali, Antonio Savorgnan della Torre (zio di Luigi da Porto) assassinato in Austria nel 1512 da sicari veneziani, si scatena contro tutti i nobili senza discriminazioni, parenti compresi, che si erano schierati contro gli Imperiali. Il 25 febbraio 1511, martedì Grasso, la battaglia esplose violenta. Il Castello di Brazzà Superiore, dimora di Antonio, chiamata anche la “Casa di Antonio a Brazzacco, o Casa del Capitano”, venne dato alle fiamme dai “Zamberlani” antimperiali (27 febbraio) che combattevano gli “Strumieri” fedeli agli Asburgo. Ed è in questo contesto che nasce la vera novella di Romeo e Giulietta (alias Luigi e Lucina). Per approfondimenti cfr. il volume di Detalmo Pirzio-Biroli in bibliografia.
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Fonti, risorse bibliografiche, siti

La biografia è frutto di interviste rese alla sottoscritta, nel corso degli anni, direttamente da Fey von Hassell, suo marito Detalmo Pirzio-Biroli ed il figlio arch. Roberto Pirzio-Biroli che ho avuto l’onore e il piacere di conoscere al castello di Brazzà. Ho tuttavia consultato anche i seguenti testi:

 

Detalmo Pirzio-Biroli, Finestre e Finestrelle su Brazzà e altrove, Campanotto Editore, 2005

Fey von Hassell, I figli Strappati. 1932-1945 dall’Ambasciata di Roma ai Lager nazisti, con prefazione di Giuliano Vassalli, Edizioni dell’Altana, Roma, 2000

Ulrich von Hassell, Diario segreto 1938-1934, Editori Riuniti, 1996

Referenze iconografiche:

Prima immagine: Fey von Hassel con i figli Roberto e e Corrado a Brazza, nel 1943. Fonte: Roberto Birzio-Piroli.  Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International license.

Seconda immagine: Fey von Hassell e Detalmo Prizio-Biroli. Fonte: Roberto Birzio-Piroli. Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International license.

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Geneviève Porpora

Antropologa, storica, scrittrice e docente esperta di arti applicate, soprattutto tessili, si attiva per la riscoperta e volorizzazione dell'artigianato artistico nazionale anche mediante l'organizzazione di corsi, mostre, eventi e convegni. Per il suo impegno formativo-culturale, è stata insignita di alcune targhe dal Presidente della Repubblica Italiana. È fondatore-direttore della Rivista CORA. Collabora con associazioni e riviste specializzate del settore. Ha al suo attivo molteplici pubblicazioni sulla moda, sul costume storico-popolare e sulle arti decorative recensite sul suo sito web. Tra queste: Le Industrie Femminili Italiane. Una rete culturale nazionale per lo sviluppo economico territoriale, 2002; Il Punto Umbro nella Collezione Uguccione Ranieri di Sorbello Foundation, 2004; Sotto il vestito ...Pizzi. Esposizione di Antica Biancheria delle Nobili Famiglie del Piceno, 2005; Nappe, Nappine e Bottoni della Scuola del Pischiello di Romeyne Robert Ranieri di Sorbello, 2010; Punto Umbro Black & White. Antichi disegni per un nuovo stile: “l’Op-Art”, 2011; Le origini della Creatività femminile in Italia. Le Industrie Femminili Italiane. Il caso Ars Umbra, 2011. Sono in corso di stampa: Le Industrie Femminili Italiane. Cento&Uno profili di dame italiane e straniere.; 1893-2013. CentoVent'Anni di Merletti e Ricami Antichi e Moderni (edizione anche in inglese); Punto Umbro Technicolor: manuale storico-pratico con disegni originali inediti.

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