Quando nasce, in terra partenopea, l’11 maggio 1817, il padre Raffaele, ufficiale napoleonico, e la madre Marianna d’Alife le impongono il nome di Francesca Teresa Giuseppa Raffaella, con il quale affronterà le prime prove della sua carriera. Sarà Fanny la prima volta nel 1836, su un cartellone del Kärntnertortheater di Vienna: quel diminutivo sembra le sia stato attribuito dai viennesi, per porla in paragone con la stella nazionale, Fanny Elssler. In precedenza, dopo la formazione, erano arrivati il debutto e le prime affermazioni. A Napoli Fanny studia alla scuola di ballo del Teatro San Carlo con Salvatore Taglioni e Pietro Hus e balla per la prima volta in pubblico a quindici anni, al Teatro del Fondo, in un balletto di Giovanni Galzerani (Oroscopo). Dal 1833 al 1835 seguono i primi successi: a Roma al Teatro Tordinona; a Napoli al Fondo e al San Carlo; a Firenze al Teatro della Pergola. Intorno al 1835 inizia a essere tra le ballerine più seguite e amate. Ciononostante sembra non essere risparmiata da un sentimento di inadeguatezza nel confronto con le altre colleghe più giovani. È allora, infatti, che ella decide di apportare una “piccola correzione” ai suoi dati anagrafici: pospone la data di nascita al 1821. Per la stampa dell’epoca diventa la “quattordicenne”, quindi in apparenza più giovane di Carlotta Grisi, con la quale Fanny aveva danzato alla Pergola nella precedente stagione 1833-34. A quell’epoca la Grisi, quattordicenne, già dimostrava grosse doti interpretative, sconosciute a Fanny, per la quale quindi ella si presentava come temibile rivale. Del resto il gusto della sfida non difetta alla giovane ballerina napoletana: a Vienna, nel 1836, dopo un primo momento in cui deve mordere il freno nel confronto con la Elssler, dimostra una buona dose di coraggio danzando i pezzi forti del repertorio della viennese, tra i quali la “cachucha”. Fanny riscuote molte simpatie, accanto alle prevedibili critiche dei viennesi, innamorati della loro beniamina. Non è l’unica querelle della quale la Cerrito è protagonista negli anni. Dopo i successi viennesi, e anche grazie alla loro eco, Fanny si afferma al Teatro alla Scala di Milano. Vi debutta nel 1837 in una coreografia di Antonio Monticini (I Veneziani a Costantinopoli), divenendone prima ballerina nel 1838. Lì Fanny si perfeziona con Carlo Blasis e con sua moglie Annunciata Ramaccini Blasis, riscuote l’ammirazione di Alfred De Musset e dà vita ad un vero e proprio partito “cerritista”, in opposizione a quello dei “taglionisti”, fautori di Maria Taglioni. Fanny è ora tra le più grandi del momento, il pubblico è suo, la stampa internazionale le tributa i più ampi riconoscimenti. Le si aprono le porte di un altro prestigioso palcoscenico, quello londinese dello Her Majesty’s Theatre, dove danza alla presenza della regina Vittoria. È il 1840 e ormai è l’inizio di una vera “cerritomania”. Il predominio assoluto sulle scene londinesi è però breve: ben presto arriva la Taglioni e la rivalità dilaga. Fanny ritaglia nella sua carriera internazionale una parentesi italiana: a Milano nel gennaio del 1841 balla ne La Sylphide (tra i compositori delle musiche Gioacchino Rossini e Saverio Mercadante), uno dei ruoli preferiti dalla Taglioni. E dai “taglionisti” viene considerata un’usurpatrice. L’anno successivo, dopo alcune esibizioni a Vienna, Fanny ritorna sulle scene londinesi, dove interpreta Alma ou la fille du feu e ne firma la coreografia, insieme a Jules Perrot e ad André-Jean-Jacques Deshayes. Con questa interpretazione ella dà inizio a uno dei periodi più fertili per la storia del balletto inglese e, con uno dei suoi passi, il “pas de fascination”, riaccende una nuova querelle con la Grisi (che si esibisce nella versione londinese della Giselle), uscendone questa volta vincitrice. È il momento per la Cerrito di affrontare di nuovo il pubblico romano. Lo fa nell’autunno del 1843, al Teatro Alibert. Ne ricava consensi e il titolo, prestigioso e inconsueto per una ballerina, di Accademico di Santa Cecilia. Continuano intanto le stagioni londinesi ed ella raggiunge il vertice della carriera. Il 1843 accende la disputa tra le due Fanny, chiamate a danzare un pas de deux appositamente creato da Perrot, per richiesta della regina Vittoria. Non è compito facile farle esibire insieme, ognuna sufficientemente convinta di essere la migliore, ma Perrot ci riesce, ritagliando per ciascuna l’esibizione più consona: lavoro di punte per la Elssler, piroette rapidissime e salti in quantità per la Cerrito. Il 1843 è anche la volta di una coreografia firmata Perrot-Cerrito, Ondine ou la Naïade (con il noto Pas de l’ombre) e l’anno successivo quello de La Vivandière, del quale rimane celebre il Pas de six. A Londra Fanny stringe con Arthur Saint-Léon un sodalizio che non sarà solo artistico: dopo aver ballato con lui in Alma e nella Vivandière (coreografia dello stesso Saint-Léon), il 17 aprile 1845, a Les Batignolles, lo sposa. Legame non gradito ai genitori di lei che, accompagnandola sempre, sono consapevoli dei consensi riscossi dalla figlia nell’alta borghesia inglese e quindi aspirano a un marito blasonato. Il legame dura sei anni. Nel 1851, durante una tournée in Spagna, la crisi matrimoniale già in atto diventerà profonda e i due artisti si separeranno. Mentre Saint-Léon prende sotto la sua ala protettrice la giovane ballerina russa Nadezda Konstantinova Bogdanova, un nuovo legame arriva per Fanny, con il Marchese Manuel Antonio de Acuna di Bedmar. Nell’ottobre del 1853 ne nasce la figlia Matilde. Prima, pochi mesi dopo il matrimonio con Saint-Léon, Fanny era a Londra, il 12 giugno 1845, sulle scene dello Her Majesty’s Theatre, con quella coreografia di Perrot (musiche di Cesare Pugni) che sarà l’acme del balletto romantico: il Pas de quatre. A danzarlo con la Cerrito, la Grisi e la Taglioni ci sarà Lucile Grahn. E per Fanny, con tours e jetés rapidissimi, sarà una nuova occasione per mostrare la solidità della sua formazione tecnica e, soprattutto, la rapidità, sua maggiore qualità. Il 1845 è anche l’anno in cui Fanny firma la coreografia di Rosida. Negli anni successivi Fanny consegue sul palcoscenico londinese altri successi, sempre con coreografie di Perrot. Il 1846 è l’anno di Lalla Rookh e di Le jugement de Paris con Saint-Léon, la Taglioni e la Grahn; il 1847 quello di Les eléments con Carolina Rosati e la Grisi; il 1848, infine, quello di Les quatre saisons con la Grisi, la Rosati e la Taglioni. Nel 1847 Fanny conquista i palcoscenici parigini. Al Teatrino del Palazzo di Saint-Cloud interpreta La fille de marbre, coreografato dal marito. Ora la coppia Saint-Léon-Cerrito viene scritturata da La Fenice di Venezia per la stagione di Carnevale del 1848. A quel tempo i fremiti libertari e le agitazioni patriottiche si insinuano anche nel mondo ballettistico. Fanny, a Venezia, il l5 gennaio 1848, danza La Vivandière con un costume tricolore, mentre la Elssler, austriaca, a Milano, poco dopo, riporta un irrecuperabile crollo della sua popolarità. Fanny ritorna a Parigi: per lei e per il palcoscenico dell’Opéra Saint-Léon appronta nel 1849 Le Violon du Diable e nel 1850 Stella. Qui, nell’ultima scena di ambientazione napoletana, forse è dato leggere un omaggio del marito alle origini di Fanny, alla vigilia della loro separazione. La fine del sodalizio artistico-sentimentale con Saint-Léon e l’allontanamento dalle scene per la nascita della sua bambina giocano a sfavore per la Cerrito. All’Opéra danzerà fino al 1854, con Gemma (sua la coreografia) e con la parte in mimo di Fenella ne La muette de Portici di Daniel Auber. Ultimi sfocati bagliori di una carriera che volge al termine. Del resto non poteva esserci prova più impietosa per lei, che sempre si era distinta per preparazione tecnica più che per doti interpretative. Quarantenne, nel 1857, si ritira dalle scene. Muore cieca, il 6 maggio 1909, a Parigi, negli stessi giorni in cui la città assiste alla nascita dei Ballets Russes (la prima rappresentazione è il 18 maggio) che vedranno l’affermazione di Anna Pavlova.
Romanzeschi alcuni aneddoti della sua vita. A Genova, al termine di una serata, il calore suscitato nei suoi sostenitori è tale che un gruppo di un centinaio di giovani, sostituendosi ai cavalli, traina a braccia la carrozza che la riconduce a casa. Notevoli per comprendere il favore riscosso sono alcuni scritti di famosi contemporanei. Hans Christian Andersen nella Storia della mia vita scrive: «Deve esserci gioventù, e l’ho trovata in Fanny Cerrito! È stata una cosa incomparabilmente bella, è stata il tuffo di una rondine nella danza, un divertimento di Psiche, un volo!». E Theophile Gautier nella sua Histoire de l’art dramatique così descrive Fanny: «Ha doti particolari per la scena. È bionda, i suoi occhi sono azzurri brillanti e teneri, un sorriso illumina sempre il suo volto interessante. È sottile di vita ed ha braccia rotonde e morbide, rare qualità queste in una ballerina. Il suo busto ben sviluppato non ha affatto quell’aspetto piatto ed incassato che tanto spesso si riscontra nelle ballerine, ha piedi delicati e graziosi. Fisicamente ha tutto quanto occorre per impersonare le poetiche creature del librettista. Ondine, silfidi, salamandre non avranno certo a lamentarsi della forma che essa darà loro». E ancora «Come ballerina, le principali qualità di Fanny Cerrito sono gli atteggiamenti graziosi ed inusitati, la leggerezza e rapidità di movimenti: balza e salta con ammirevole facilità ed elasticità» e infine «Nel complesso il suo stile ha qualcosa di felice, di brillante e di facile, senza traccia di architettato e di forzato».
Fanny Cerrito
Fonti, risorse bibliografiche, siti
Celi Claudia, Percorsi romantici nell'Ottocento italiano, in Musica in scena, V, Torino, pag. 121-122
Freda Pitt Irene, Il balletto romantico a Londra, in Musica in scena,V, Torino, pp., 400-401, 403-408
Gautier Theophile, Histoire de l'art dramatique, Paris 1859, V, pp. 153 e ss.
Guest Ivor, Fanny Cerrito: The life of a romantic ballerina, London, 1956
Monaldi Gino, Le regine della danza nel sec. XIX, Torino 1910, pp. 139 e ss.
Sorell Walter, Storia della danza, Bologna, 1994, pag. 251
Referenze iconografiche: Litografia che ritrae Fanny Cerrito in La Vivandiere, Londra, 1846. Immagine in pubblico dominio.
Maria Adele Ambrosio
Pianista, musicologa, conferenziere al Festival Internazionale di Mezza Estate di Tagliacozzo, catalogatrice di fondi della Biblioteca del Conservatorio Santa Cecilia, ha redatto note di sala e 50 voci biografiche pubblicate con il patrocinio della Regione Lazio, ha curato la realizzazione di eventi musicali, la traduzione, revisione e ampliamento di alcune lettere di un dizionario musicale inglese e la trascrizione filologica di libretti della commedeja pe museca. Ha studiato Storia della musica per danza. Collabora con riviste musicali. È laureanda in Giurisprudenza con tesi sulle Fondazioni liriche e impegnata nel completamento degli studi di composizione.