Elia Eudocia Augusta, imperatrice romana d’Oriente dal 421 al 450 d.C. (anno della morte del consorte, l’imperatore Teodosio II), nacque ad Atene intorno all’anno 400 con il nome di Atenaide. Venne educata dal padre Leonzio, un retore, all’insegna della cultura classica tradizionale e nell’arte retorica. La vasta cultura di Atenaide è dettaglio di non poco conto nel mondo tardoantico (IV-VII sec. D.C.) in cui l’istruzione più elevata era quasi esclusivamente riservata agli uomini (per un altro caso vedi Ipazia).
Alla morte del padre Atenaide si recò a Costantinopoli per cercare di risolvere delle questioni concernenti la sua eredità. Secondo alcune fonti, a corte venne notata per la sua bellezza ed eloquenza da Pulcheria, che la scelse come moglie per il fratello, il giovanissimo imperatore Teodosio II. È peraltro probabile che alcuni contatti influenti nelle alte sfere politiche costantinopolitane abbiano giocato un ruolo importante nella scelta di Atenaide come futura imperatrice. Seguirono due eventi fondamentali: il battesimo, col quale assunse il nome di Eudocia, e le nozze con Teodosio II, che vennero celebrate il 7 giugno del 421. Da quest’unione nacquero tre figli, di cui solo una, Licinia Eudossia, raggiunse l’età adulta e andò in sposa all’imperatore d’Occidente Valentiniano III.
Pur fra dati incerti e difficilmente documentabili, possiamo individuare con certezza alcuni eventi che scandirono i successivi decenni di vita dell’imperatrice: il conflitto (religioso, ma soprattutto politico) con la cognata Pulcheria; il viaggio e l’esilio in Terrasanta; la feconda attività letteraria. Già nelle fonti successive (come il cronista bizantino Giovanni Malala, che visse circa un secolo dopo gli eventi) così come negli studi moderni, Eudocia ha assunto tratti e sfumature leggendarie e quasi certamente astorici. Una tra le deformazioni più comuni è stata la raffigurazione dell’imperatrice come strenua paladina della cultura classica e pagana, anche dopo la conversione, soprattutto in contrapposizione alla devotissima cognata Pulcheria, protagonista delle vicende religiose contemporanee, concili ecumenici compresi.
Se i conflitti a corte tra le due donne sono storicamente attestati, non v’è ragione di raffigurarli come una lotta tra un’intellettuale ateniese, a capo di circoli criptopagani e mossa da istanze neoplatoniche, ed una principessa appassionata di preghiere e dispute dottrinali. Pulcheria ed Eudocia si trovarono sì a sostenere correnti religiose rivali, ma sempre in seno al cristianesimo: Eudocia appoggiò prima il monofisismo, poi il nestorianesimo, laddove Pulcheria si oppose a entrambe.
Eudocia si adattò piuttosto bene allo zelo religioso delle donne della famiglia teodosiana: partì per un primo pellegrinaggio a Gerusalemme nel 438 in compagnia di Melania la Giovane (figura di spicco per la storia delle donne e della cristianità), da cui tornò con una reliquia di Santo Stefano. Si recò poi in Terrasanta in una seconda occasione, probabilmente intorno al 441/442, e da questo secondo viaggio non fece più ritorno. Nonostante le fonti coeve non ci permettano di giungere a conclusioni certe, dietro l’allontanamento dell’imperatrice dalla vita della capitale sembra nascondersi una relazione adulterina con il magister officiorum (una delle più alte cariche amministrative dell’impero) Paolino, che fu in quegli anni prima esiliato in Cappadocia, poi condannato a morte.
Eudocia trascorse gli ultimi due decenni della sua vita a Gerusalemme, dove fu attiva promotrice di opere architettoniche e di restauro, attività cui era d’altronde già avvezza, visto che era stata lei a fondare la Chiesa di San Polieucto a Costantinopoli. Con ogni probabilità, è a questi ultimi anni che si deve anche la parte maggiore della sua produzione letteraria.
Eudocia fu scrittrice, e specificatamente poetessa, giacché tutto ciò che ci è giunto di sua mano è in versi. Nonostante solo una parte della sua opera sia in nostro possesso (i cosiddetti Centoni Omerici e i primi due libri della Storia di San Cipriano), fu autrice anche di tre parafrasi in versi di libri biblici (Ottateuco, Zaccaria e Daniele), ancora lette e assai apprezzate dall’erudito bizantino Fozio nel IX secolo; di due opere encomiastiche (un poema per la vittoria del 422 di Teodosio II contro i Persiani; un’orazione tenuta nella città di Antiochia); di un’iscrizione in versi che è stata rinvenuta presso le antiche terme di Hammat Gader e pubblicata in anni recenti (1982). La produzione di Eudocia si colloca perfettamente all’interno del panorama letterario tardoantico: si tratta infatti perlopiù di opere che coniugano la cultura classica e la fede cristiana.
Nei Centoni Omerici, un raffinato patchwork letterario che è stato anche considerato un antesignano del Finnegans Wake di Joyce, Eudocia riscrive episodi biblici riutilizzando e adattando i versi omerici, in un’abile e puntuale sintesi di forma e contenuti. Una menzione speciale merita la Storia di San Cipriano, la parafrasi metrica (in tre libri) delle vicende di Cipriano di Antiochia, personaggio misterioso (e da non confondere con l’omonimo santo protettore di Cartagine) che visse nel III secolo e subì il martirio per volere dell’imperatore Diocleziano. Eudocia sceglie di narrare le affascinanti vicende della conversione di Cipriano, che da mago pagano conoscitore di ogni tipo di culti e riti misterici, si convertì al cristianesimo dopo che le sue arti furono sconfitte dalla fede di una virtuosa fanciulla cristiana (una sorta di Faust ante litteram).
Eudocia, o Atenaide, donna di cultura, scrittrice, imperatrice, e viaggiatrice, dev’essere senz’altro collocata tra le figure più importanti del panorama storico e letterario della prima età bizantina.