Esther Ballestrino crebbe e studiò in Paraguay, ove la sua famiglia si era trasferita, conseguendo il diploma di maestra e, poi, la laurea in Biochimica e Farmacia presso l’Università di Asunción.
Sostenne il Partito Revolucionario Febrerista d’ispirazione socialista e fu tra le promotrici, nel 1946, della Unión Democrática de Mujeres (UDM), che si sciolse già nel 1947 per dare origine al Movimento Feminino Febrerista de Emancipación (MFFE), nel 1949.
Perseguitata durante la dittatura di Morínigio (1940-1948), si rifugiò in Argentina, dove si sposò con Raymundo Careaga ed ebbe tre figlie: Esther, Mabel e Ana María. Stabilitasi a Buenos Aires, proseguì la professione di biochimica, partecipando a importanti ricerche e pubblicazioni scientifiche.
Dopo il golpe del 24 marzo 1976 che instaurò la dittatura militare, chiese e ottenne la condizione di rifugiata dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR/ACNUR), ma ciò non impedì che la sua abitazione venisse più volte perquisita e che alcuni suoi familiari venissero arrestati.
Il 13 settembre 1976 fu sequestrato il genero Manuel Carlos Cuevas, marito della figlia Mabel, e il 13 giugno 1977 venne arrestata la figlia Ana María di soli sedici anni e incinta di tre mesi, che fu torturata nel centro clandestino di detenzione Club Atlético e liberata solo in ottobre.
Esther partecipò alle prime riunioni delle Madres de Plaza de Mayo, collaborò con i Familiares de Detenidos y Desparecidos por Razones Políticas e con la Liga Argentina por los Derechos del Hombre. Infine, aderì alle riunioni organizzate da un gruppo di giovani militanti della Vanguardia Comunista nella chiesa di Santa Cruz, nel quartiere di San Cristobal a Buenos Aires.
La ricordano come una donna colta e intelligente, molto politicizzata, con un’elevata capacità espositiva e sempre disposta a collaborare per la stesura di documenti, petizioni e lettere. Quando la figlia Ana María fu liberata, Esther decise di rifugiarsi con le tre figlie – dapprima in Brasile e in Svezia – per rientrare poco dopo in Argentina per proseguire la propria attività con le Madres de Plaza de Mayo che, invece, le consigliavano di restare in Svezia. La sua decisione di continuare a militare nelle Madres la distingue dalla maggior parte dei familiari di persone scomparse che, invece, una volta ritrovato il proprio parente erano soliti allontanarsi dall’organizzazione. Fra Esther e le madri si era creato invece un legame molto forte se, come ebbe a dire, “voy a seguir hasta que aparezcan todos, porqué todos los desaparecidos son mis hijos”.
Venne arrestata fra l’8 e il 9 dicembre 1977 all’uscita della chiesa di Santa Cruz insieme alla madre María Ponce, al termine di una riunione per raccogliere fondi per la pubblicazione sul quotidiano «La Nación» della lettera che chiedeva conto alle istituzioni delle persone scomparse. Il suo arresto rientrava nell’operazione di sequestri guidata dal capitano Alfredo Astiz, svoltisi fra l’8 e il 10 dicembre 1977, e che coinvolse una decina di persone legate alle Madres de Plaza de Mayo e, il 10 dicembre, anche Azucena Villaflor, proprio mentre andava ad acquistare il quotidiano.
Secondo alcune testimonianze, Esther trascorse insieme ad Azucena e Maria qualche giorno nel settore Capucha dell’ESMA (Escuela Mecánica de la Armada), il più efferato centro di detenzione situato proprio nel cuore di Buenos Aires, per venire poi eliminata con un volo della morte.
Nel 2005 i suoi resti sono stati identificati insieme a quelli delle altre due madri in una fossa comune del cimitero General Lavalle, ove erano stati sepolti come N.N., dopo essere stati ritrovati fra il 1977 e il 1978 sulle spiagge di Santa Teresita e di Mar de Tuyu, a sud di Buenos Aires.
Il 24 luglio 2005 è stata sepolta nel giardino della Chiesa Santa Cruz, insieme a María Ponce.