Gabrielle-Émilie nasce a Parigi il 17 dicembre 1706 e trascorre l’infanzia nelle varie dimore di famiglia e nella residenza parigina di Place des Vosges. La famiglia è originaria di Beauvaisis, un piccolo paese a nord di Parigi, e suo padre è Louis-Nicolas Le Tonnelier, barone de Breteuil, che ricopre incarichi ministeriali e che a Corte è lecteur ordinaire de la chambre du roi. Émilie è l’unica figlia femmina, quinta di sei fratelli.
Adorata dal padre, che pare abbia seguito da vicino la sua educazione in nulla differente da quella dei suoi fratelli, Émilie da ragazza traduce dal latino all’impronta, impara il tedesco e l’inglese, manda a mente i più bei passi di Orazio, Virgilio e Lucrezio. Ciò che però preferisce studiare sono le scienze esatte: i teoremi di geometria e le prime operazioni algebriche li apprende con Nicolas Guisnée, che fa in tempo a introdurla alla geometria analitica. Ha una memoria formidabile.
Il 20 giugno 1725 sposa il trentenne marchese Florent-Claude du Châtelet-Lomont (1695-1765), appartenente a un antichissimo ramo minore della casa dei Lorena. Da quella unione nasceranno tre figli: Gabrielle-Pauline (1726-1754), Louis-Marie-Florent (1727-1793) e Victor-Esprit (1733-1734). A Parigi, la giovane ed esuberante marchesa si lascia coinvolgere dalle galanterie spinte dei gentiluomini e ha una relazione con il più affascinante: Louis-François-Armand de Vignerot du Plessis, l’elegante duca di Richelieu, pronipote del cardinale e figlioccio di Luigi XIV. Presto il loro legame si trasforma in una duratura e sincera amicizia.
Nel 1733 Mme du Châtelet incontra Voltaire (François-Marie Arouet, 1694-1778), il quale è già sulla strada per diventare un mito vivente. Ricco di denaro e di cultura, affascinante parlatore, è uomo senza rivali e in questo momento ha successo anche a Corte. Nello stesso periodo in cui Mme du Châtelet pianifica uno studio di livello universitario della geometria analitica con il matematico Pierre-Louis Moreau de Maupertuis, Voltaire è minacciato di arresto per la pubblicazione delle sue Lettres Philosophiques. È in questo momento che ella gli offre protezione nel castello di Cirey-sur-Blaise, nella Champagne.
Si tratta di una oasi di pace; e per studiare e scrivere è il luogo perfetto, lontano dal rumore del mondo. Voltaire accetta e Mme du Châtelet lo raggiungerà nel 1735. Il sodalizio culturale, e presto anche il legame sentimentale tra i due, ha dunque luogo a Cirey. Il loro innamoramento e la fisica studiata, sperimentata, come sono il duplice nutrimento alla loro relazione così rappresentano anche il prerequisito fondamentale per “attirare” e creare una fitta rete culturale tra scienziati d’Europa. Mme du Châtelet traduce The Fable of the Bees: or, Private Vices, Publick Benefits di Bernard Mandeville, e nella prefazione giustifica e spiega il lavoro del traduttore come prezioso strumento di comunicazione, utile a tutta la collettività; poi, entra con piglio deciso nella querelle des femmes e attira l’attenzione sulla condizione femminile nel Settecento, denunciando l’ignoranza in cui sono tenute le donne, rivendicando il diritto alla uguaglianza con gli uomini e a una educazione libera da pregiudizi.
Nel 1738 Voltaire pubblica Élémens de la philosophie de Neuton, un’opera che costituisce il risultato finale del suo entusiasmo per i Philosophiae Naturalis Principia Mathematica, il capolavoro newtoniano destinato a cambiare il corso della scienza. È un successo strepitoso e da subito egli precisa a tutti che in questo lavoro Mme du Châtelet non lo ha solo idealmente ispirato, ma lo ha anche praticamente aiutato. In questo stesso anno entrambi decidono di partecipare al Premio indetto dall’Académie des sciences che ha per tema De la nature du feu et de sa propagation. Non vincono, ma i loro contributi sono degni di essere inseriti nella raccolta dei lavori che hanno riportato il premio. È la prima volta che l’Académie pubblica il testo di una donna e questo immenso privilegio dà a Mme du Châtelet un posto senza precedenti all’interno della comunità scientifica francese: è un fatto di importanza storica.
L’anno seguente c’è da occuparsi a Bruxelles di un processo circa una grossa eredità che riguarda i du Châtelet. Émilie, seguita da Voltaire che aiuterà fattivamente i marchesi a risolvere la complessa questione, si sposta a Bruxelles dove non smette di studiare e di scrivere tanto che, all’inizio di dicembre del 1740, il libro al quale stava lavorando da tempo è finalmente pronto: si tratta di Institutions de physique (Prault, Paris 1740).
Accogliendo i preziosi insegnamenti del matematico Johann Samuel König, ella ha apportato nel libro dei cambiamenti che hanno per oggetto la metafisica di Leibniz. Mme du Châtelet avverte la necessità di fornire una base metafisica alla fisica newtoniana e dunque il testo, ritenuto oggi originale dai filosofi e dagli storici del pensiero, parte da considerazioni metafisiche per arrivare a nozioni di fisica, cerca di capire come è fatto il mondo, tratta dai principi di spazio e di tempo ai fenomeni naturali associati alla gravità, dalle orbite planetarie agli atomi. Il volume conosce un grande successo di diffusione e di traduzione (in italiano e in tedesco) e circolerà in Europa.
Nel 1742 sarà ripubblicato con la dissertazione sulla forza, cioè con lo scambio epistolare sulla natura della vis viva avvenuto tra Mme du Châtelet e il segretario perpetuo dell’Académie des sciences, Jean-Jacques Dortous de Mairan. I due danno vita a una importante polemica scientifica pubblica su quale debba essere la misura più appropriata della forza e il dibattito viene subito citato dal giovane Kant nei suoi Pensieri sulla vera stima delle forze vive1.
Nel 1745 Mme du Châtelet è inclusa nel quarto volume della Pinacotheca scriptorum nostra aetate literis illustrium (Augsburg 1745), insieme a Laura Bassi (1711-1778), Luise Gottsched (1713-1762) e Magdalena Sibylla Rieger (1707-1786), e nel 1746 è ammessa all’Accademia delle Scienze di Bologna. Nello stesso anno è accolta all’Arcadia di Roma, mentre gli scienziati tedeschi della Décade d’Augsbourg la inseriscono tra i dieci scienziati più celebri d’Europa.
È giunto dunque il momento per potersi dedicare a un lavoro al quale Mme du Châtelet tiene molto e che sa di vera e propria impresa: tradurre i Philosophiae Naturalis Principia Mathematica di Newton in francese. Émilie è una mente matematica e sente un gran bisogno di rendere accessibili ai più quelle opere scientifiche che considera fondanti. Sappiamo bene che cosa pensa della importanza del lavoro di traduzione fin dal suo lavoro sulla Favola delle api: tradurre significa rendere fruibili fino in fondo i pensieri altrui e, in questo particolare caso, il latino è sì la lingua della ricerca, ma quello di Newton è molto difficile e convoluto e c’è invece tanto bisogno di rendere il suo pensiero in una lingua, diremmo oggi, agile e quotidiana. Solo una latinista come lei poteva comprendere fin tra le righe alcuni passaggi scientifici molto complessi e, poi, renderli in francese, in quegli anni la lingua universale. Ma non solo traduce.
Ella aggiunge un commentario matematico che fa uso di formule analitiche in cui è presente il segno integrale ∫ e la notazione differenziale d/dx, anche per lei ora sistemi di calcolo fondamentali. Là dove Newton moltiplica le figure geometriche euclidee, Mme du Châtelet pone formule analitiche perché anche lei, come molti scienziati del suo tempo, è convinta della giustezza di seguire l’arte analitica e dunque della necessità di convertire il metodo geometrico nel linguaggio del calcolo differenziale e integrale leibniziano.
È in questo periodo di grande attività scientifica che il rapporto tra Voltaire e Mme du Châtelet si va incrinando: se lei è innamorata, sempre più gelosa, fin soffocante, lui in pubblico continua a venerarla, ma non ne è più soggiogato. E se Mme du Châtelet si distrae con il gioco d’azzardo e perde somme considerevoli diventando così ludopatica è anche perché la cosa la fa molto soffrire. Voltaire ha una relazione segreta (resterà tale fino al 1957!) con la nipote, la figlia della sorella, la deliziosa Marie-Louise Mignot. Mme du Châtelet cerca soccorso anche nella scrittura: uscirà dalla sua penna il bellissimo Discours sur le bonheur che non è solo uno scritto sulla félicité, ma su qualcosa di più ampio e di ben più completo, che non esclude una paritetica comprensione della infelicità.
Nonostante ciò, il rapporto tra Émilie e Voltaire non si interrompe, continua, tanto che nel febbraio del 1748 entrambi accettano l’invito ad andare a Lunéville nel castello dello spodestato re di Polonia Stanislao Leszczyński, padre della regina di Francia. Il castello, a soli ottanta chilometri da Cirey, è nel ducato di Lorena, assegnato alla fine della guerra di successione polacca, insieme a quello di Bar, a Stanislao. A Lunéville l’etichetta è praticamente assente e dunque si tratta di una amabile corte dove ognuno può vivere secondo il proprio sentire. È in questa reggia tanto sontuosa quanto idilliaca che Mme du Châtelet inizia una relazione con il giovane marchese Jean-François de Saint-Lambert (1716-1803). Dopo mesi di distrazioni, a dicembre del 1748, festeggiati i 42 anni, Émilie e Voltaire ripartono per Cirey dove pensano di ritirarsi tutto l’inverno per studiare e scrivere. Ma è nel castello di Cirey che la marchesa, all’inizio del 1749, si accorge di essere incinta di Saint-Lambert.
Da subito teme di morire di parto e pertanto si sposta a Parigi, dove si dedica totalmente a chiudere l’importante opera scientifica che sta scrivendo. Saranno mesi di lavoro durissimo, disperatissimo e sfibrante. All’inizio del nono mese Mme du Châtelet, accompagnata da Voltaire, raggiunge la reggia di Lunéville, dove ha deciso di partorire sia perché il marchese suo marito, che ormai fa parte della maison du roi Stanislao e che crede che il figlio sia suo, lo desidera fortemente sia perché ella spera che Saint-Lambert possa essere presente. Alcuni giorni prima del parto invia però il suo prezioso manoscritto scientifico, ormai pressoché concluso, al conservatore della Bibliothèque du Roi perché, appunto, lo conservi. Così sarà.
Il parto è rapido, veloce, senza alcuna complicazione: nasce Stanislas-Adélaïde (1749-1751). Dopo pochi giorni però sopraggiunge la tanto temuta febbre puerperale e Mme du Châtelet muore. È il 10 settembre 1749. Il giorno seguente sarà sepolta nella chiesa di Saint-Jacques di Lunéville. Profanate durante la Rivoluzione francese, le sue spoglie riposano ora all’inizio della navata centrale, coperte da una semplice e anonima lastra di marmo nero subito calpestata da chiunque entri in chiesa per pregare.
I Principes mathématiques de la Philosophie Naturelle par feu Madame la marquise du Châtelet escono in edizione definitiva, con la “prefazione storica” di Voltaire, il 21 giugno 1759, dieci anni dopo la morte dell’Autrice.
Émilie du Châtelet, grande dame savante dell’Illuminismo francese, è l’unica donna qui incarne, en France, le cœur, l’œil et l’esprit de son siècle e rimane una figura di riferimento per la storia della scienza, per la storia della filosofia e per la storia delle donne.
- I. Kant, Gedanken von der wahren Schätzung der lebendigen Kräfte, Dorn, Könisberg 1746, pp. 167-172 ^