«Non sarei mai stata parte di niente. Nessun posto poteva darmi un senso d’appartenenza, e lo sapevo, e tutta la mia vita sarebbe stata uguale: cercare d’appartenere e non riuscirci. Qualcosa andava sempre storto. Sono una straniera e lo sarò sempre e, dopotutto, non m’importava poi così tanto».[1]
Caraibica, ma isolata in quanto bianca e creola in una comunità nera; inglese, ma derisa per le sue origini coloniali; scrittrice di talento, ma riconosciuta come tale solo in tarda età: Jean Rhys è sempre stata un’outsider, e la sua vita intensa, piena di difficoltà e di colpi di scena, è stata una continua lotta per rialzarsi e riaffermarsi.
Ella Gwendolen Rees Williams nasce a Roseau, Dominica, nelle Piccole Antille, il 24 agosto 1890. Il padre, William Rees Williams, è un medico gallese, la madre, Minna Lockhart, è una creola bianca di origine scozzese, nipote di un importante possidente dell’élite coloniale dell’isola. La Dominica, i suoi colori, i suoi profumi, i suoi paesaggi, segneranno per sempre i ricordi di Ella e torneranno spesso nelle sue opere. A sedici anni si trasferisce da una zia in Inghilterra, dove comincia a frequentare un’accademia di arte drammatica, fino alla morte del padre, nel 1909. La sua famiglia vorrebbe che tornasse in Dominica, ma lei si rifiuta e inizia a girare il Paese come ballerina di fila in una compagnia teatrale. Negli stessi anni ha una storia infelice con un uomo molto più grande di lei, che la lascerà, ma la aiuterà finanziariamente per un certo periodo. Nel 1917 sposa Jean Lenglet, un giornalista franco-olandese, con cui in seguito si trasferisce a Parigi. Insieme viaggiano molto: Vienna, Budapest, il Belgio. Hanno inoltre due figli, William, che muore all’età di tre settimane, e Maryvonne. Lenglet viene arrestato per frode nel 1924; nello stesso periodo, Ella incontra lo scrittore modernista Ford Madox Ford, di cui diviene l’amante. Ford la incoraggia a scrivere e pubblica il suo primo racconto, Vienne, nella sua rivista, «The Transatlantic Review»; la convince inoltre a adottare lo pseudonimo di Jean Rhys. Nel 1927 Rhys pubblica il suo primo libro, The Left Bank and other stories, una raccolta di racconti per la quale attinge alla sua esperienza di vita bohémienne a Parigi negli anni Venti e Trenta. Il triangolo amoroso con Ford e sua moglie le ispireranno invece il romanzo Quartet (inizialmente intitolato Postures, 1928); ne seguiranno altri tre. After Leaving Mr Mackenzie (1931) racconta la vita instabile di Julia Martin, che è appena stata lasciata da Mr Mackenzie, e vive a Parigi in uno squallido albergo, facendosi mantenere da lui e da altri uomini con cui stringe relazioni effimere. In Voyage in the Dark (1934) Anna Morgan sbarca dalla Dominica nella grigia e inospitale Inghilterra, dove si guadagna da vivere come ballerina di varietà e dove, in seguito a una relazione fallita, sprofonda in una spirale degradante di miseria e prostituzione. Good Morning, Midnight (1939) è la storia di Sasha Jansen, una donna inglese di mezza età che, dopo una lunga assenza, torna a Parigi, tormentata dai ricordi di un passato infelice (un matrimonio sbagliato, la morte del figlio), che cerca di lenire con l’alcool e i sonniferi. Julia Martin, Anna Morgan, Sasha Jansen ma anche la Marya Zelli di Quartet sono in fondo i diversi volti della stessa figura femminile: fragile, vulnerabile e autodistruttiva, sempre in precarie condizioni economiche e costretta a dipendere dagli uomini. Sono donne sole, disperate, che non sono però sprovviste di un certo umorismo cinico.
«La mia vita in apparenza tanto semplice e monotona, in realtà è tutta una complicata faccenda di bar dove sono bene accetta e bar dove non mi vogliono, strade amiche e strade minacciose, specchi in cui sono decente e specchi in cui non lo sono, abiti che portano fortuna e abiti che portano sfortuna; e così via per tutto il resto».[2]
Intanto Jean Rhys ha divorziato da Lenglet per sposare Leslie Tilden Smith, il suo agente letterario, con cui nel 1936 compie un breve viaggio in Dominica, dove visita ciò che rimane delle proprietà della sua famiglia, caduta in disgrazia dopo l’abolizione della schiavitù, e inizia a concepire l’idea di un romanzo di ambientazione caraibica. Smith muore nel 1945, alla fine della guerra, e in seguito Rhys si risposerà con Max Hamer, poi incarcerato per frode. Il successo assai modesto ottenuto dalle opere finora pubblicate non è sufficiente a mantenere la scrittrice, che, ormai povera e sempre più dedita all’alcol, si ritira a vivere in Cornovaglia, senza più dare notizie di sé, al punto che molti la credono morta. Ma ecco che nel 1957, ormai prossima ai settant’anni, viene letteralmente riscoperta tramite un annuncio su un giornale, in cui si richiede il suo permesso per un adattamento radiofonico di Good Morning, Midnight per la BBC. Inizia una nuova vita: gli amici la incoraggiano a riprendere a scrivere, e negli anni successivi pubblica la raccolta Tigers are Better Looking (1968), che contiene una selezione di racconti tratti da The Left Bank e altri più recenti (un’altra raccolta, Sleep It Off, Lady, uscirà nel 1971), e soprattutto il romanzo Wide Sargasso Sea (Il grande mare dei Sargassi, 1966), che racconta la vita di una ragazza creola, Antoinette Cosway, la sua infanzia in Giamaica, il suo matrimonio forzato con un giovane inglese e la sua discesa nell’abisso della follia. Da tutti questi indizi capiamo che si tratta in realtà di Bertha Mason, la moglie pazza di Rochester in Jane Eyre di Charlotte Brontë. Rhys immagina per lei un passato di sofferenza e di esclusione: cresciuta in una famiglia bianca, disprezzata dalla popolazione nera, la sua infanzia è segnata dall’incendio della proprietà tenuta di famiglia da parte degli ex schiavi e dalla “pazzia” della madre, che subito la gente del posto dichiarerà ereditaria quando sarà Antoinette a presentarne i sintomi. Ma più che di vera pazzia, dovremmo parlare di una profonda alienazione nata dal dolore e dalla mancanza di affetto. Rochester, se inizialmente è attratto dalla nuova moglie, comincia poi a provare disagio e timore verso di lei: è l’atteggiamento ambivalente che ha il colonizzatore verso le stesse Indie Occidentali, dove il fascino dei paesaggi esotici è funestato da un’atmosfera misteriosa e inquietante, tra leggende soprannaturali e donne che praticano l’obeah (una forma di vudù). La narrazione ci mostra ora il punto di vista di Antoinette-Bertha, ora quello del marito: due punti di vista che non si concilieranno mai, e il finale non potrà che essere quello tragico già scritto da Charlotte Brontë. Il libro varrà a Jean Rhys il WH Smith Literary Award e sarà un grandissimo successo, sebbene giunto, come disse lei, troppo tardi. Wide Sargasso Sea è inoltre considerato uno dei primi romanzi postcoloniali e, nel tratteggiare la figura di Rochester come doppiamente oppressiva (in quanto uomo e colonizzatore), ha anche ispirato un’opera fondamentale del femminismo come The Madwoman in The Attic (1979) di Sandra M. Gilbert e Susan Gubar: la «pazza in soffitta» a cui allude il titolo è un chiaro omaggio al libro di Rhys. Sulla scia dell’ultimo romanzo, anche le altre opere dell’autrice vengono ripubblicate. Nuovi ammiratori scoprono il suo talento per l’introspezione psicologica, il lucido realismo con cui descrive, senza mai giudicarle, le sue fragili eroine, solo parzialmente ispirate alla sua vita (per quanto lei stessa una volta abbia dichiarato: «Ho sempre scritto solo di me stessa»). Di Rhys si torna ad apprezzare anche quello che Ford Madox Ford, il suo scopritore, chiamava uno «straordinario istinto per la forma»: una scrittura che sfrutta talvolta tecniche moderniste come il monologo interiore; uno stile frammentario, ritmato da frasi brevi, ripetizioni, incisi, puntini di sospensione. È uno stile essenziale ma estremamente accurato, dove bastano pochi dettagli evocativi a costruire un’intera atmosfera, poche battute taglienti a definire il tono di una scena.
«Ci vuole un programma. Mangiare. Cinema. Mangiare di nuovo. Un drink. Lunga passeggiata di ritorno dall’albergo. Letto. Luminal. Sonno. Non sogni, soltanto sonno».[3]Jean Rhys muore il 14 maggio 1979 prima di riuscire a completare l’autobiografia Smile, Please, che uscirà incompiuta nello stesso anno.
«Avevo in programma di morire a trent’anni, e poi andavo avanti altri dieci anni, fino ai quaranta, e poi ai cinquanta. Si va sempre avanti».[4]
NOTE
1. Jean Rhys, Smile, Please: An Unfinished Autobiography, Londra, Macmillan, 1979, trad. it Smile please, Palermo, Sellerio, 1992, p.122 (traduzione di Anna Maria Torriglia).
2. Jean Rhys, Good Morning, Midnight, Londra, Penguin, 1969, trad. it. Buongiorno, mezzanotte, Milano, Bompiani, 1973, p.51 (traduzione di Miro Silvera).
3. Ibidem, p.17.
4. Jean Rhys, The Art of Fiction No 64, in «The Paris Review No 76», New York, autunno 1979.
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