Elizabeth Jolley è una scrittrice australiana di origine britannica alla quale dobbiamo romanzi premiati con il Miles Franklin Award e l’Age Book of the Year, come The Well (1986), Mr Scobie’s Riddle (1983), Lovesong (1997), Milk and Honey (1984), nonché la trilogia composta da My Father’s Moon (1989), Cabin Fever (1990) e The Georges’ Wife (1993) Oltre all’impegno come scrittrice, Jolley coltiva anche un interesse nell’insegnamento della scrittura creativa, al quale si dedica tramite corsi organizzati dal Fremantle Arts Centre e dalla Curtin University di Perth, Western Australia, e dai quali nascono talenti come Tim Winton.
Nata a Birmingham il 4 giugno 1923, Monica Elizabeth Knight ha spesso definito la propria famiglia di origine “per metà inglese e per tre quarti viennese”[1]. I tre quarti viennesi sono composti da Elizabeth, dalla sorella e, soprattutto, dalla preponderante personalità di Margarete Fehr Knight, la madre di Elizabeth, soggetta a repentini cambiamenti d’umore e imprevedibili scenate d’ira. La metà inglese è invece composta dal padre Charles Wilfrid Knight, pastore metodista dalla personalità a dir poco opposta: servizievole e pieno di bonomia, accondiscendente nei confronti della moglie, al punto da lasciar spazio a un altro uomo, Kenneth Berrington, nella propria famiglia. A metà tra migliore amico del padre e amante della madre, Berrington diventa di fatto una pedina fondamentale all’interno della famiglia Knight, dove rimane per circa vent’anni, nonché una fonte di ispirazione non indifferente per la giovane Elizabeth. Berrington è uomo colto e affascinante e ha una spiccata predilezione per Margarete, dalla quale si reca inizialmente soltanto per lezioni private di tedesco, e diviene infine, “l’amico di famiglia” o meglio, “l’amico di mia madre”[2] nelle parole della stessa Elizabeth Jolley. Per anni il triangolo che si crea in famiglia incuriosisce e confonde la giovane Elizabeth e la sorella Madelaine, sia per la naturale difficoltà a giustificarlo, sia per gli impari rapporti di potere che si vengono a creare all’interno della famiglia.
Non è azzardato affermare che è anche a partire dalla preponderante figura di Margarete Fehr Knight che Jolley dà vita alle donne dalla forte personalità che compaiono nei suoi romanzi, come Matron Price in Mr Scobie’s Riddle o Miss Thorne in Miss Peabody’s Inheritance (1983), o ancora Miss Peycroft in Foxybaby (1985), donne che afferrano la vita a piene mani, che posseggono tenacia e determinazione. Questi primi abbozzi prendono una forma più precisa quando Jolley, nell’ambito delle varie professioni che svolge nella sua esistenza, soprattutto quando lavora come infermiera, incontra donne dotate della stessa forza della madre, che dirigono istituti per anziani, ospedali o scuole e che, però, a differenza della madre aggiungono pennellate di eccentricità ai ritratti che si vanno formando nella mente di Jolley. Un esempio è Beatrix “Strix” Strachan, direttrice della scuola Pinewood.
Sempre a partire dal complicato rapporto che Jolley ha con la propria madre, si delinea nella mente della scrittrice la freddezza di rapporti tra Vera Wright e la madre all’interno dell’elaborata trilogia composta dai romanzi My Father’s Moon, Cabin Fever e The Georges’ Wife in cui, per l’appunto, sono inclusi anche episodi autobiografici. Sempre dalla situazione familiare, Jolley trae ispirazione per gli innuverevoli triangoli amorosi presenti all’interno della sua copiosa opera, come quello in Milk and Honey tra il protagonista, l’amante e il marito di quest’ultima. Questi triangoli amorosi non trovano radice solo nell’esperienza della famiglia d’origine di Elizabeth Jolley, ma anche nell’esperienza di vita della famiglia che la stessa Jolley andrà a formare con Leonard Jolley.
Va sottolineato un altro aspetto per il quale il nido familiare assume un’estrema importanza nella formazione della scrittrice. È qui che, già in tenera età, Jolley sviluppa una scrupolosa capacità di osservazione, capacità che si rivelerà poi il punto di partenza nella caratterizzazione dei personaggi. «Sono diventata un paciere per natura e ho imparato a leggere ogni cambiamento negli occhi, ogni ciglio corrugato. Sono ancora oggi un paciere»[3]. Jolley acuisce questa capacità di osservazione nei vari contesti di lavoro nei quali si ritrova immersa. Molte delle persone che Jolley incontra nell’arco delle sue esperienze lavorative andranno infatti a far parte del variopinto ensemble di personaggi alquanto bizzarri che popolano le sue opere. L’esperienza più importante, e dal punto di vista dello studio di personaggi, più feconda, è senza ombra di dubbio quella di infermiera. Jolley inizia a lavorare come infermiera a soli 17 anni, quando ancora vive in Inghilterra, e svolge la professione in vari istituti e ospedali. Una volta trasferita a Perth, nel 1959, si dedica a una serie di occupazioni di svariata natura, come domestica o venditrice porta a porta, che le permettono di entrare in contatto e di studiare situazioni e personaggi nuovi. Jolley incontra persone, le scruta e le osserva, è incuriosita dai loro abiti singolari o dalla diversità di azioni e comportamenti. Da questi materiali abbozza delle “quick notes”, degli appunti su possibili personaggi, come avviene con la protagonista di Miss Peabody’s Inheritance, che Jolley dice di aver visto a una cena, o con Miss Hailey di Mr Scobie’s Riddle, della quale si riscontrano tratti in Ann Prescott, una collega incontrata nella casa di cura di Pinewood che, come Miss Hailey, scrive poesie e afferma di aver scritto un romanzo e come Miss Hailey è piuttosto sciatta e ha una personalità alquanto eccentrica[4]. Un aspetto estremamente interessante della creazione dei personaggi di Elizabeth Jolley è il cosiddetto riciclaggio di personaggi. Per sua stessa ammissione, infatti, Jolley utilizza e riutilizza gli stessi personaggi prima nelle short stories e poi nei romanzi. Lo stesso trattamento è riservato ad argomenti, motivi, tematiche o situazioni tipiche del suo mondo narrativo. L’autrice ci torna su spesso senza però mai banalizzarli, anzi, aggiungendo sempre sfumature nuove. Si viene così a creare un’opera piena di echi tra un libro e l’altro, un’opera che presenta una vasta rete sotterranea di rimandi che collega più o meno tutto quanto Jolley scrive nella propria esistenza.
Oltre alla famiglia d’origine, anche la famiglia che Elizabeth andrà a formare assume una grande importanza nella sua formazione di donna e di scrittrice. Le vite di Elizabeth e Leonard Jolley si incrociano nel 1940 a Pyrford, dove Leonard, allora ventiseienne, pacifista e obiettore di coscienza, è ricoverato per un forte attacco di artrite. Nonostante la tendenza alla promiscuità manifestata da Leonard, Elizabeth ne è infatuata fin dall’inizio. A distanza di qualche anno Elizabeth viene a sapere che Leonard, che nel frattempo si è sposato con Joyce Ellen Hancock, vive e lavora a Birmingham. La scrittrice inizia così a frequentare la coppia. Inizialmente questi incontri sono di tipo intellettuale. Sia Leonard che la moglie sono persone colte e raffinate. Leonard ha una laurea in inglese e un diploma di bibliotecario, mentre Joyce ha una laurea in letteratura inglese. Dall’inizio del 1944, però, Elizabeth inizia a frequentare Leonard anche in privato. La cosa non sembra infastidire Joyce più di tanto, tant’è che Elizabeth si ferma spesso a dormire dai Jolley e rimanda impegni di altra natura pur di passare più tempo con la coppia. Si viene così a creare un altro triangolo amoroso, il più importante e tormentoso nella vita della scrittrice. È infatti attraverso una dolorosa perseveranza negli anni del triangolo con Joyce e un doloroso restraint, come lo definisce la stessa Jolley, che vince infine il cuore di Leonard e sposa l’uomo che ama nel 1952. Per Jolley restraint nelle relazioni sentimentali è moderazione, equilibrio, compostezza, misura. Si tratta della stessa moderazione che emerge come chiave di lettura di molti dei rapporti amorosi all’interno dei suoi romanzi, soprattutto dei romanzi a tema che scrive a partire dagli anni Ottanta, come Palomino (1980), Milk and Honey o The Georges’ Wife, quando ha ormai raggiunto una discreta notorietà. Il tema che accomuna questi romanzi è l’amore. L’amore nella sua miriade di variegate manifestazioni. Jolley, infatti, analizza a fondo relazioni omossessuali, rapporti tra donne di età molto diverse e persino la pedofilia. La morale che emerge dai rapporti sentimentali nella narrativa di Jolley sembra essere la virtù del restraint per evitare l’angoscia della solitudine provocata da un sentimento non equilibrato[5]. Jolley riesce ad andare a fondo nella descrizione di queste sfaccettate e inusuali tipologie d’amore e nella descrizione del restraint tramite la tecnica del discorso indiretto libero, che permette al lettore di addentrarsi tra i pensieri dei personaggi e vedere gli avvenimenti con i loro occhi.
Un’altra caratteristica fondamentale della scrittura di Jolley è la commistione di forme d’arte diverse, come la musica classica, che è ben più di un semplice sfondo in Mr Scobie’s Riddle. I personaggi di questo romanzo la ascoltano, la relazionano con gli eventi che li circondano e fanno sì che l’Europa (viste le origini europee e principalmente austriache della musica citata) venga a far parte del composito puzzle di nazionalità ed etnie che caratterizzano sia i romanzi di Jolley sia l’Australia contemporanea nella quale sono ambientati. Un puzzle di nazionalità ed etnie del quale Jolley stessa è parte, avendo origini inglesi e austriache. Oltre alla musica, anche i suoni e i rumori svolgono un ruolo tutt’altro che di sfondo nei romanzi di Jolley. Sono il mezzo attraverso il quale alcuni eventi, temi e concetti vengono veicolati all’interno dei romanzi. Sempre in Mr Scobie’s Riddle, per esempio, durante la notte, i vecchini che risiedono nella casa di cura dove è ambientato il romanzo sentono una serie di rumori e suoni che provengono dalla cucina, ed è proprio tramite le orecchie di questi anziani che il lettore viene a conoscenza di tutta una serie di accadimenti notturni a cui altrimenti non avrebbe accesso. In altri romanzi, come Milk and Honey, al contrario, la dimensione visiva acquisisce un ruolo di maggiore importanza sulla pur presente dimensione uditiva. La lingua di Jolley in Milk and Honey si fa prosa poetica e dipinge un’immagine finale di grande impatto: l’incendio della misteriosa casa in cui Jacob, il protagonista, ha vissuto una serie di bizzarrie famigliari. Queste caratteristiche della tecnica narrativa di Elizabeth Jolley, i temi scomodi che affronta, insieme ai dettagliati ritratti delle donne dei suoi romanzi, ma anche degli altri personaggi che fanno parte del suo variopinto repertorio, l’hanno resa una delle scrittrici australiane più importanti e conosciute. A dispetto delle origini e delle influenze europee, infatti, la critica identifica Jolley come scrittrice australiana. Nei suoi romanzi si riscontra la sua stessa esperienza di migrante, alle origini dell’Australia stessa quale paese di migranti. Questo puzzle di nazionalità ed etnie è riflesso nella lingua, o meglio, nelle lingue che Jolley utilizza nei suoi romanzi: inglese britannico standard, piu spesso riscontrabile nel discorso del narratore omniscente; parole e riferimenti a concetti europei, per lo piu tedeschi e francesi, ma anche italiani, e che si riscontrano nei discorsi indiretti liberi di personaggi di origine europea; ma anche e soprattutto inglese australiano, che si trova nei dialoghi e nei discorsi indiretti liberi dei personaggi più giovani. Quella di Jolley è, dunque, una scrittura estremamente variegata, frutto della sperimentazione dell’autrice su lingue e linguaggi diversi.
Il pozzo (The Well) è al momento l’unico romanzo di Jolley disponibile in italiano, tradotto da Sara Caraffini per Marcos y Marcos. Anna Colombi ha da poco inziato un progetto di ricerca presso The University of Western Australia su Mr Scobie’s Riddle, che porterà a una traduzione integrale del romanzo in italiano.
NOTE
1. Joan Kirkby, Christina Wilcox, The Nights Belong to the Novelist.
2.Elizabeth Jolley, Mr Berrington in Central Mischief, p. 32 («he was for a very long time The Friend of the Family. Perhaps it would be more accurate to say he was my mother’s Friend»).
3.Brian Dibble, Doing Life. A Biography of Elizabeth Jolley, p. 3 («I became by nature and circumstance a placator and learned to read every change in the eye, every crease in the brow. I am still a placator»).
4.Brian Dibble, Doing Life. A Biography of Elizabeth Jolley, p. 110..
5.Brian Dibble, Doing Life. A Biography of Elizabeth Jolley, p. 189-190.
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