Negli anni ’70 Dorothy è stata un’attivista presso la St Joseph House e ha investito le sue energie in un rifugio dei lavoratori cattolici nella parte bassa di Manhattan, una cosidetta “Hospitality House”, fondata da lei e Peter Maurin nel 1933 durante la grande depressione economica. Dopo la conversione alla religione cattolica, Dorothy cambiò atteggiamento e nonostante la sua condivisione della preghiera nelle umili chiese frequentate dalle persone meno abbienti, lavoratori delle classi subalterne, tentò di armonizzare il suo spirito critico giovanile con lo spirito del Signore, supplicando il Padre di perdonarla per i suoi peccati:
“Bless me Father, for I have sinned!”.
Questo rituale del suo gospel quotidiano, invocato assieme ad altre persone di estrazione sociale eterogenea, la gratificava.
Dorothy era originaria del Cleveland nel Tennessee Georgia. Nelle sue memorie scrive:
“Da bambini non si cerca molto Dio, se non quando scroscia la pioggia torrenziale, ma le concezioni religiose e etiche vengono inculcate già in tenera età, il principio del senso del pudore, del possesso, comunitario teso alla ripartizione dei beni sono irrinunciabili.”
Nacque in Bath Beach a Brooklyn l’8 novembre 1897, ma in seguito la famiglia si trasferì a Berkley e poi a Oakland in California. Grazie alla vicinanza e alla spontaneità dei vicini che professavano il metodismo, ella sperimentò il pietismo, secondo cui Gesù Cristo rappresentava l’ancora di salvezza. La dottrina era corroborata da eufemismi. Il buon pastore, “the good Sheperd” custodiva l’anima degli esseri umani inclini alla meditazione, la cui “filosofia del lavoro” era permeata dal godimento degli aspetti creativi, non edonistici, della vita.
Dorothy, donna pragmatica e non incline all’immedesimazione, fu educata da un padre giornalista, in parte libertario, che le trasmise la consapevolezza della tragedia umana. Il carattere paterno era di natura forastico, coriaceo: si mostrava poco permissivo nella vita privata e diffidava di stranieri e sediziosi, poiché riteneva che i mutamenti repentini non avrebbero giovato all’organizzazione interna. Dorothy si recava presso una piccola chiesa episcopale nella 35° strada. La recitazione dei salmi e delle preghiere antecedenti alla colletta la esaltavano come il Benedicte e il Te Deum, l’inno per accattivarsi il suo Lord. Intanto i poveri agognavano alla cosiddetta “pie in the sky”, la torta budino, la cui fetta più grande e appetitosa spettava ai ricchi.
Dorothy aderì al partito socialista presso l’università dell’Illinois e nel frattempo apparvero i suoi primi articoli sui giornali locali, in cui difendeva la massa degli emarginati, come le madri lavoratrici che non potevano affidare i bambini al giardino d’infanzia, esausti a causa dell’industrialismo. Così facendo si ispirava al nuovo Messia, seguace del Gesù dei mansueti e delle vittime come Eugene Debbs di Chicago, i minatori di Molly Maguires Haymarket, i cavalieri del lavoro, i primi scioperanti del New england delle manifatture del cotone…
Dorothy assentiva il loro radicalismo e partecipava ai meeting socialisti assieme a Marie Oberlander, una giovane ebrea.
Nel 1916 il “Morning telegraph” assunse il padre e la famiglia si spostò a New York. Dorothy iniziò a perorare la causa socialista pubblicando sul “Call”. Nel 1917, a New York i numerosi senza tetto agli angoli della strada vivevano in condizioni poco dignitose, privati di sussistenza economica. Il “Call” sosteneva l’American federation of labor, mentre Emma Goldman si opponeva alla coscrizione determinata dalla mobilitazione sulle pagine del giornale “Mother earth” e metteva in luce il trattamento ignominioso delle ragazze lavoratrici a beneficio della Russel Sage foundation. Per questo fu inviata agli assembramenti dei pacifisti che rigettavano l’entrata in guerra dell’America, come l’Emergency peace Federation, IWW, poiché l’interventismo era ingiustificato e inamissibile.
Nel mese di aprile 1917 per l’imminente approvazione del Conscription act le fu assegnata la cronaca degli avvenimenti di Washington, “a thrilling experience”. A Madison Square Garden i raduni erano affollati. A Dorothy venne offerto un lavoro al “The mass” e prese parte al movimento delle suffragiste patrocinate dal Women’s party e alle dimostrazioni alla Casa bianca delle donne, che indossavano dei fiocchi colorati e esponevano cartelloni, con cui rivendicavano il diritto di voto. Il governo non autorizzò le loro rimostranze. Il “New York times” diede risalto all’accaduto increscioso e le donne che venivano nutrite con toast e latte in prigione decisero di fare lo sciopero della fame.
Dorothy riteneva abominevole la reazione del governo e fu sconfortata dalla futilità dell’esternazione delle esigenze femminili che propugnavano diritti legittimi. Le parole della Bibbia la persuasero che la finalità della vita risiedesse nel rispetto della giustizia.
Dopo la soppressione del “Masses”, Dorothy riprese il suo lavoro presso la redazione del “Liberator” e la necessità di adorare il Signore si impose nella sua vita. Dorothy prestò servizio come infermiera nel 1918 al King’s county e sposò Forster, un biologo anarchico liberale, secondo il rito della Common law. Gli sposi si stabilirono in una casa sulla spiaggia di Staten Island, assorti nei loro studi. Forster reputava D.H.Lawrence e A Huxley ineguagliabili e intramontabili. Dorothy scrisse delle novelle e articoli per il “New Masses”, trascorrevano le serate in modo “moralmente borghese”.
Dorthy affermava che “l’amore tra uomo e donna non è incompatibile con la creazione” e l’individualismo di Forster non la scoraggiò, perchè il loro legame era predominante nella sua vita. Senza esitare mise al mondo una bambina che volle battezzare con il nome di Tamar Teresa, “piccolo albero di Palma” in ebraico.
Dorothy si convertì al cattolicesimo grazie a Padre Zaccaria, che predicava presso la chiesa Signora di Guadalupe dei padri agostiniani dell’assunzione. Questi la istruì sulla dottrina, anche se giudicava i suoi articoli “superficiali e piatti”, “troppo realisti”. Dorothy iniziò a collaborare con il settimanale “Common weal”, il settimanale cattolico e con il “The sign”.
Nel 1930 Dorothy incontrò Peter Maurin, un agricoltore di origine francese e in parte spagnola, un uomo scrupoloso, visionario, espressivo, che pianificava una “green revolution”. Maurin denigrava la costruzione dei ponti, degli oleodotti, dei grattacieli e degli impianti industriali, che sopprimono gli spazi verdi lasciando l’uomo, prevaricato, a soccombere. Maurin aspirava alla pacificazione del cuore e dell’anima umana attraverso il contatto umano e le mani tese in un abbraccio. Con il suo “Troubador of Christ”, i cavalieri provenzali del 1200, fondarono il The catholic worker nel 1933.
Secondo Maurin “l’uomo propone e la donna dispone” e nel 1936 circolavano 150’000 copie, sottoscritte anche dalle parrocchie. Venne realizzata l’edificazione delle case di ospitalità che sorsero come funghi a New York, a Boston, a Rochester, a Philadelphia, circa 33 case e fattorie che furono chiuse durante la guerra. Per Maurin il “voluntary poverty” era un dovere a cui non ci si poteva sottrarre, al fine di garantire un tenore di vita sobrio e equanime tra gli individui. Per Dorothy “il grande mistero dell’incarnazione consisteva nel fatto che Dio si è fatto uomo e l’uomo poteva divenire Dio, era una gioia che ci spronò e in adorazione ci piegammo per baciare la terra, perchè i piedi di Dio un tempo calpestarono la stessa terra”, “era un mistero accettato dai cattolici come i fatti della vita di Cristo”. I cattolici per Dorothy erano i poveri, la cui “moralità privata” e quella sociale e politica non era ambigua e non erano contrapposte.
Tamar non le somigliava, partorì cinque figli e aveva una mentalità e uno stile di vita molto tradizionalista. Dopo la morte di Peter Maurin nel 1947, Dorothy rimpianse la perdita e dedicò al suo compagno di vita queste frasi:
“L’unica risposta in questa vita, al senso di solitudine, che noi proviamo, a cui siamo legati, è comunità. Il coabitare, lavorare insieme, condividere, amando Dio e nostro fratello”1
- “The only answer in this life to the loneliness we are all bound to feel, is community. The living together, working together, sharing together. Loving God and loving our Brother”. da “Dorothy Day, The long loneliness. The Autobiography of the legendary catholic social activist, Harper one, New York 1997″ ^