Dina Boldrini è la decana delle cantastorie italiane. Figlia d’arte, rappresenta la seconda generazione dei cantori ambulanti della famiglia (il figlio Gianni Molinari, nato nel 1961, ne costituisce invece la terza): il padre Adelmo e la madre Olga Cocchi iniziano ben presto a portarla con loro quando si esibiscono alle fiere e ai mercati, inizialmente nei dintorni e quindi in più ampi ambiti territoriali emiliani, romagnoli e marchigiani. In anni successivi e per breve tempo farà parte del gruppo canoro e musicale anche la sorella Vanna, nata nel 1945.
Dina eccelle nel canto e nella fisarmonica, ma da giovane non disdegna di esibirsi anche alla batteria, che i cantastorie chiamano Jazz Band. Fin dall’età di sei anni, la sua si rivela una vita per la musica e per la “piazza”; dopo la scuola dell’obbligo, si aggrega in modo sistematico ai genitori che, non di rado, fanno spettacolo anche con altri cantastorie emiliani come Marino Piazza (Piazza Marino, poeta contadino), Mario Bruzzi (il cavaliere) e Antonio Scandellari (Tonino).
La sua presenza incrementa e vivacizza il treppo: questo è il termine, nel gergo della piazza, che definisce il circolo di ascoltatori che si forma attorno agli artisti in esibizione. Stampati su multicolori “fogli volanti” o “canzonieri”, i testi che il gruppo familiare esegue sono in massima parte composti da Adelmo Boldrini e vengono intervallati da virtuosistici assoli e duetti di fisarmonica di Dina e del padre: eseguono non soltanto musica leggera e ballo liscio, ma anche brani di operetta e di musica verdiana, in pieno stile emiliano.
Negli anni del secondo dopoguerra Dina e la madre interpretano magistralmente una composizione paterna, il Contrasto tra suocera e nuora, ironica “baruffa” cantata nella quale le due figure femminili si “beccano” a vicenda provocando le risate di un pubblico composto in maggioranza di uomini. L’incipit introduce le successive “diatribe”:
Il dì del matrimonio sembra una cuccagna
si mangia tutti allegri si beve lo sciampagna
la sposa poi si gode a dire alla mammà
è questa la mia casa per tutta l’eternità.
Una delle strofette riservate alla nuora-Dina esemplificano i toni del contrasto:
A queste tal parole rimasi impressionata
perché io pretendevo non esser comandata
ed ora io comprendo vuoi comandare tu
io non ti dico mamma non ti do retta più.
Il ruolo che Dina assume nelle esibizioni è sempre da protagonista e gli anni Cinquanta sanciscono pienamente il suo successo popolare: il suo repertorio spazia dalla satira agli avvenimenti di cronaca, dal canto sociale al testo umoristico. A partire dagli anni Sessanta, consegue una notorietà a più ampio respiro grazie alle partecipazioni ai vari Festival Nazionali dei Cantastorie, denominati Sagre; in quel periodo inizierà anche a comporre propri testi.
Nel 1968, in particolare, scrive una toccante composizione, riferita ad un tragico fatto di cronaca successo nell’hinterland bolognese, La tragedia di Casalecchio di Reno, che provoca la morte di cinque bambini:
Or signori in silenzio ascoltate
è una storia angosciosa e crudel
che la cattiva sorte
ha voluto portar con sé.
A Casalecchio di Reno è successo
cittadina ridente un dì
qualcosa è or cambiato
dal dolore che la colpì.
Otto bimbi gioiosi ed allegri
tutti quanti in tenera età
vogliono un pomeriggio
divertirsi insieme e giocar.
È una bella giornata di sole
ed il caldo li induce a pensar
recarsi al fiume Reno
tutti quanti a nuotar.
Ma la giornata si trasforma ben presto in tragedia:
La corrente è violenta e insidiosa
è una trappola che scatterà
la morte è in agguato
ma nessun di lor lo sa.
Ecco un grido Ivano scompare
l’acqua gelida non ha pietà
Mario e Salvatore
Paolo e Giacomo ucciso ha già.
In occasione delle manifestazioni nazionali dei cantastorie, Dina Boldrini conosce il poeta siciliano Turiddu Bella, autore di un numero rilevante di testi per cantastorie, e instaura con lui un proficuo rapporto artistico. Nel corso di varie Sagre interpreta questi suoi testi, alcuni dei quali saranno pure incisi su dischi a quarantacinque giri e audiocassette: La rediviva di Karaci (1969), La scrofa di Dublino (1970), Diluvio (1972), I miracoli dell’ibernazione (1974), La vittoria delle donne (1975).
Con La riscossa delle donne si aggiudica, nel 1973, il titolo di Trovatore d’Italia, il più importante riconoscimento assegnato ai cantastorie italiani. Dina è la prima donna a conseguirlo.
La crisi che colpisce il mondo dello spettacolo popolare la costringe, negli anni successivi, ad abbandonare fiere e mercati e a dedicarsi ad esibizioni in feste e sagre popolari oppure presso circoli culturali, ma sempre nel pieno rispetto delle semplici modalità esecutive e testuali di un repertorio popolare di tradizione. Costituisce allora un sodalizio artistico con Marino Piazza, Antonio Scandellari e il figlio Gianni Molinari (Gli Allegri Cantastorie). Ancora oggi sulla breccia, è autentica trascinatrice degli spettacoli che propone con Gianni Molinari e con Giuliano Piazza, figlio di Marino. È pure autrice, in collaborazione con il figlio Gianni, di un Canzoniere a stampa, nel solco della più genuina tradizione del mondo popolare. Questi i versi iniziali di Vogliam la pace: riecheggiante una suo precedente testo sull’8 marzo, attesta la sua battaglia civile per la pace e l’affermazione della parità di genere:
Questa canzone canto
con tanta cordialità,
un inno alla pace
tutti vogliamo innalzar;
noi siamo tutti uniti,
in tutto il mondo vogliam
pace, lavoro e libertà
per tutta l’umanità.
Vogliam la pace
e cantiamo insieme così
noi tutti uniti
vogliamo dire ai capi così:
mai non più guerre
solo pace, lavoro e libertà,
i nostri figli un dì lor diran
in pace coi popoli siam.