Contessa di Dia

Die (Alta Provenza) 1140 ca. - n.d.
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La Contessa di Dia – una delle più note Trovatore – forse si chiamava Beatrix, nacque verso il 1140 a Dia (ora si chiama Die) nell’Alta Provenza. La vida (la vita, in lingua d’oc) racconta:
«La Contessa di Dia era la moglie di Guglielmo di Poitiers, una signora bella e buona. E si innamorò di Rainbaud d’Orange e scrisse molte belle canzoni in suo onore» (Margarita Egan, Les vies des troubadours, Union Générale d’Editions, Paris, 1958, pp. 68-69).
Sia della Contessa di Dia sia di Castelloza, di ciascuna delle quali abbiamo anche la vida, oltre alle miniature che, nel manoscritto H, ne rappresentano l’aspetto, ci restano quattro canzoni, per cui non è azzardato tentare di tracciare un profilo della personalità di ognuna, quale emerge dall’analisi delle loro poesie. Tracciare un profilo, mettere in risalto un’individualità, con le sue caratteristiche specifiche ed irripetibili, significa inoltre non considerare le Trovatore come gruppo indistinto.
Nella briosa canzone Di gioia e gioventù m’appago la Contessa esprime la felicità che deriva da un amore corrisposto, in cui sentimento e stima reciproche si allacciano strettamente. Ella si preoccupa che il rapporto con il cavaliere amato sia equilibrato, vale a dire che quello che si dà sia alla misura di quello che si riceve: la donna, gelosa custode della propria autorità e del proprio prestigio, non deve buttarsi via con un uomo che non la merita; nella stessa logica bilanciata, è necessario amare un uomo di pregio, perché l’onore si riverbera sulla donna; amare apertamente merita l’approvazione dei prodi, alla quale la Contessa tiene molto, perché rafforza la stima di sé e, per estensione, di tutto il sesso femminile. La breve composizione è densa di significati e segue coerentemente un ragionamento. Anche nella successiva Ora dovrò cantare ciò che non vorrei la poetessa, con sollecitudine, rassicura l’amato di non aver commesso alcun torto verso di lui, per cui lui deve riamarla; la corrispondenza amorosa è vista dunque come un premio di buona condotta, il vassallo deve rispondere positivamente alla generosità del feudatario. La Contessa è inserita nel mondo feudale in cui vale la legge del concedere e del pretendere in cambio: «io, bella, nobile, di valore e soprattutto sincera, ti ho dato e tu ora mi devi restituire». Sono poesie trasparenti, in cui si afferma il desiderio di un amore retto ed onesto, fondato su solide basi di riconoscenza e di apprezzamento vicendevole, un amore che deve reggere al tempo.
La meravigliosa canzone Sono stata in grave angoscia è molto diversa dalle due precedenti: qui vivacità, trasporto, passione trionfano, occupano tutto lo spazio; non c’è posto per i ragionamenti, la Contessa ama, lo dichiara ad alta voce, lo grida, con grande spregiudicatezza manifesta i suoi desideri erotici, al di fuori di ogni ritegno, senza nessun’altra preoccupazione: qui ciò che conta e si vuole è l’immediata e piena soddisfazione dei sensi.
La gioia cortese mi dona felicità mostra una gaiezza così solare che non può essere durevolmente oscurata dalla nuvola grigia dell’invidia di alcuni, anzi, semmai, il sapersi oggetto d’invidia raddoppia la felicità. Le poesie della Contessa, pur pervase di calore, sono concise e sorvegliate, screziate qua e là da coloriture raziocinanti.

«Come vorrei una sera tenere
Il mio cavaliere, nudo, tra le mie braccia

Bell’amico, amabile e buono

potessi giacere al vostro fianco una sera
potessi darvi un bacio appassionato!»

Al livello attuale degli studi conosciamo una ventina di Trovatore al cui nome è legata una poesia, canzone o tenzone (dialogo in poesia su una questione, in genere amorosa) o salut o sirventese (componimento poetico d’occasione d’argomento politico o religioso); molti componimenti poetici sono anonimi, di altre ci restano i nomi, testimonianza della fama di cui godettero in vita.
Le Trovatore si compiacquero di cantare d’amore: nelle canzoni, Tibors di Sarenom, Bieiris di Romans, Castelloza, Azalais di Porcairagues, Azalais d’Altier, Clara d’Anduza e la Contessa di Dia manifestarono il loro amore in versi ora appassionati ora teneri ora struggenti, non sublimando il pathos, non idealizzando la persona amata, ma desiderandone ardentemente la vicinanza.
Le Trovatore si espressero in vari generi poetici: scrissero e musicarono canzoni (come, per esempio, Tibors di Sarenom, la Contessa di Dia, Castelloza, Azalais di Porcairagues, Bieiris di Romans), sirventesi (come Germonda di Montpellier o l’autrice di Con grande dolore/e duro affanno/io piango e sospiro o l’autrice di Non posso fare a meno di dire la mia/su tutto quel che mi duole al cuore) albe, ballate e numerosissime tenzoni, giocate sia con altre donne sia con uomini.
Molto ampia è la gamma dei toni in cui spazia la loro poesia: dal canto d’amore appassionato al lamento per la crudeltà dell’amato alla disperazione per la sua morte all’espressione della tenera amicizia alla denuncia di un sopruso all’ironia al sarcasmo alla beffa alla spudoratezza.

Fonti, risorse bibliografiche, siti

Marirì Martinengo, Le Trovatore. Poetesse dell’amor cortese, I, Milano, Libreria delle Donne 1996

Marirì Martinengo, Le Trovatore. Poetesse e poeti in conflitto, II, Milano, Libreria delle Donne 2001

Angelica Rieger, Trobairitz, Tubingen, Max Niemeyer Verlag 1991

Pierre Bec, Chants d’amour des femmes trobadours, Paris, Stock Moyen Age 1995

Marirì Martinengo, Il messaggio delle Trovatore, in Scène, évolution, sort de la langue et de la littérature d'oc. Actes du Séeptième Congrès International d'Etudes Occitanes, Reggio Calabria- Messina, 7-13 juillet 2002, Publiés par Rossana Castano, Saverio Guida, Fortunata Latella, Tome I, Viella, pp. 521-532

Marirì Martinengo, Marie Thérèse Giraud, L'eredità delle Trovatore. Dalle Trovatore alle Preziose, in La voix occitane. Actes du VIII Congrès de l'Association Internationale d'Etudes Occitanes, Réunis et édités par Guy Latry, Bordeaux, 12-17 septembre 2005, Tome I, pp.425-434

Il sito della Association International d’Etude Occitaines

Referenze iconografiche: La Contessa di Dia, capolettera del ms Fr.854, Canzoniere provenzale di probabile orgine veneta, XII secolo, Parigi, BNF. Immagine in pubblico dominio.

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Marirì Martinengo

Si occupa di politica delle donne, conciliandola con gli affetti familiari, l'interesse per i viaggi, l'arte e la musica. Si è dedicata con passione e libertà alla narrazione di contesti relazionali medievali creati da alcune donne intorno a sé: Ildegarda di Bingen (Diotima. Il cielo stellato dentro di noi, La Tartaruga, 1991 e Libere di esistere, SEI, 1996) e le Trovatore (Le Trovatore I e Le Trovatore II, Libreria delle Donne, rispettivamente 1996 e 2001). Ultimamente con La voce del silenzio(ECIG, 2005) ha svelato, attraverso la narrazione della vita e della morte della nonna, il travaglio interiore della storica e insieme le radici profonde del suo amore per la storia. Da alcuni anni, all'interno del gruppo Storia Vivente , studia, con altre, un modo di 'fare storia' a partire radicalmente da sé, con la scommessa ambiziosa di far emergere dal profondo elementi di simbolico inaspettati.

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