Nacque nel 1857 in Germania, a Wiederau della Sassonia, morì nel 1933 ad Archangelskoe, presso Mosca. Fu una leader socialista tedesca e diresse il giornale socialdemocratico «Die Glechheit» (L’Uguaglianza) che, nel 1912, superava le centomila copie. Il suo cognome originario era Eissner, ma poi volle adottare il nome del suo compagno, il rivoluzionario russo Zetkin che morì nel 1889 e da cui ebbe due figli. In seguito si risposò, ma il suo cognome rimase inalterato. Si occupò della questione femminile e scrisse un libro sull’argomento: La questione femminile e la lotta al revisionismo e si battè in numerose assemblee per il diritto delle donne al voto. Fu lei a proporre, nel 1911, un anno dopo il tragico rogo di Chicago, nel quale perirono 129 operaie, un giorno per ricordarle, l’8 marzo, che poi divenne la giornata della donna.
La lotta per l’emancipazione di genere fu un punto di forza del suo pensiero come parte integrante del grande riscatto del proletariato cui si dedicò con grande passione.
Quando Bismark, nel 1878, mise al bando ogni attività socialista in Germania, lei si trasferì a Zurigo e poi in esilio a Parigi dove entrò a far parte del partito dei Socialisti internazionali. In queste battaglie ebbe al suo fianco la polacca Rosa Luxemburg (1871-1919) che era fuggita dalla Polonia per evitare l’arresto per la sua attività considerata sovversiva e si era trasferita in Germania. Nel 1890 insieme furono le figure più importanti del SPD (Partito Socialdemocratico Tedesco). Entrambe attaccarono le tesi riformiste di Eduard Bernstein e rifiutarono il patto col governo di astenersi da qualsiasi sciopero, durante la guerra. Contro Bernstein è indirizzato lo scritto della Luxemburg del 1899: Riforma sociale o rivoluzione? La Zetkin, tra le varie attività antimilitari, nel 1915, organizzò una conferenza internazionale di donne socialiste per opporsi al conflitto. Per queste attività lei e l’amica Rosa vennero più volte arrestate. Nel 1916 la Zetkin si spostò verso l’ala sinistra del partito socialista, fondando la Lega Spartaco da cui derivò il KPD, il Partito Comunista Tedesco.
Anche la Luxemburg fece questo itinerario, anzi scrisse Iunius Pamphlet, una disamina del movimento socialista che divenne il credo della Lega Spartaco. Rosa Luxemburg morì assassinata nel 1918. Nella corrispondenza che le due amiche si scambiarono è memorabile l’ultima lettera che Clara le scrisse, senza sapere del suo drammatico destino, nella quale la chiama: «Mon unique, mia unica amica&arquo». Quando ebbe notizia della sua morte ne fu molto addolorata e giurò che avrebbe continuato pure per lei la lotta e che sarebbe stata l’editrice dei suoi testi. Si conserva una sua lettera, scritta nel 1919, in difesa dell’amica uccisa contro una certa Louise Kantsky che aveva accusato Rosa di avere combattuto contro i suoi vecchi amici, incolpandola di metodi bolscevichi. Le rispose duramente e le dimostrò che per l’amica scomparsa la causa era sempre al di sopra d’ogni personalismo.
La Zetkin, nel 1925, divenne presidente dell’ala sinistra tedesca, del Rote Hilfe (La Guida Rossa ), sempre del partito comunista della Germania, creato tra il ’24 ed il ’36. In vista della III Internazionale del 1921, intervistò Lenin sulla possibilità di utilizzare il Movimento femminile a fini politici. Il colloquio fu chiaro e interessante, ma con esiti contrastanti. Lei lo ricorda nello scritto: Lenin sul Movimento femminile (1925). Il Leader comunista chiarì quale dovesse essere,a suo parere, il ruolo delle donne nel Congresso: «Un congresso è l’arena dove impariamo ad agire da rivoluzionari. Dimostrate di saper lottare. Prima di tutto contro il nemico, naturalmente, ma, se è necessario anche in seno al partito. Abbiamo a che fare con milioni di donne. Il nostro partito russo sarà favorevole a tutte le proposte e misure che contribuiranno ad attirarle nel nostro movimento. Se non sono con noi la controrivoluzione potrebbe condurle contro di noi. Dobbiamo sempre pensare a questo. Dobbiamo conquistare le masse femminili quali che siano le difficoltà».
L’intendimento di Lenin era per lo più strumentale nei confronti del movimento femminile, mentre la Zetkin invece mirava a traguardi sociali. Lei suggerì un Congresso internazionale di donne senza distinzione di partito che avrebbe dovuto trattare i temi allora emergenti: il diritto delle donne al lavoro professionale, la questione dell’eguale salario per un eguale lavoro, del sindacato, delle previdenze sociali, delle istituzioni sociali d’aiuto per le madri.
Secondo la Zetkin infatti il Congresso avrebbe dovuto essere «una rappresentanza di popolo», diversa dal parlamento: «Lenin non poteva negare che le nostre richieste per le donne avrebbero dovuto essere correttamente intese ed interpretate … Dobbiamo lottare ora per ora per queste ed altre richieste, a seconda delle condizioni esistenti, e, naturalmente sempre in associazione con gli interessi generali del proletariato.»
Il Congresso andò a monte a causa dell’atteggiamento delle compagne tedesche e bulgare che respinsero le limitazioni. Lenin ne fu amareggiato. Era suo convincimento, comunque, che la questione femminile non dovesse essere trattata separatamente da quella proletaria, ma che insieme si dovesse andare a rivendicare una parità di diritti, negata in Russia prima della Rivoluzione del 1917.
La rivoluzione del proletariato comportava infatti una legislazione che abolisse i privilegi legati alla proprietà ed alla discriminazione dei sessi anche all’interno del matrimonio, contro la morale borghese. Grazie ad essa furono creati asili e mense per liberare le donne dalla schiavitù domestica e poter così entrare in tutti i settori produttivi: nell’edilizia civile, nelle miniere, nei porti, nella produzione intellettuale ed industriale, nell’amministrazione dello stato.
Durante la III Internazionale del ’21, la Zetkin, che non aveva rinunciato alla sua lotta per l’emancipazione femminile, creò un Segretariato Internazionale femminile e ottenne che fossero indette regolari conferenze ogni sei mesi con i rappresentanti di tutte le sezioni delle donne socialiste. Le donne acquisirono il diritto di voto, ma furono messe in guardia che non sarebbe bastato se non fosse stata soppressa la causa della loro sottomissione. Non si voleva certo sollecitarle alla sfida, ma renderle consapevoli della legittimità della loro richiesta d’autonomia. La parità sarebbe stata possibile solo se avessero potuto disporre dei mezzi di produzione e distribuzione in una società non capitalistica, condividendo l’organizzazione del lavoro. Sarebbe stata determinante non più la lotta della donna contro l’uomo, ma la loro associazione nel comune cammino dell’unione e della vittoria di tutti gli sfruttati.
Un’ ideologia, quella marxista, che si rivelò, come si sa, una pura utopia. I fatti che seguirono sconfessarono questa visione della pacificazione generale e della soluzione definitiva dei conflitti di ogni genere per via della degenerazione staliniana e dell’acuirsi delle contraddizioni. Le guerre non cessarono, tanto meno quella silenziosa condotta contro le donne. Trotsky nel suo libro: La Rivoluzione tradita ha dedicato un intero capitolo alla famiglia, alla gioventù e alla cultura per spiegare i motivi per cui la burocrazia aveva avuto il sopravvento e non era stato possibile realizzare quanto era in programma. Il piano della socializzazione era fallito e la povertà aveva impedito l’utilizzo delle risorse dello Stato totalitario. Si sancì quindi il ritorno al focolare domestico come a dire: la parità delle donne è impossibile senza un elevamento del livello politico e culturale dell’intero paese.
Con l’avvento al potere di Adolf Hitler, il partito comunista tedesco fu bandito dal Reichstah e Clara andò in esilio in Unione Sovietica dove morì all’età di 76 anni, vicino Mosca.
Seppe unire all’azione lucida e resistente in favore dell’autonomia femminile una grande solidarietà umana, aperta ai bisogni e alle attese delle classi più deboli.
Nell’immagine: Clara Zetkin (a sinistra) e Rosa Luxemburg, 1910.