Chiara nasce ad Assisi da Favarone di Offreduccio e Ortolana, esponenti del ceto aristocratico-nobiliare. Durante la sua giovinezza è attestato dai dati storici l’incontro con Francesco d’Assisi. Bona di Guelfuccio ricorda che più volte ella stessa accompagnò Chiara «ad parlare ad sancto Francesco, et andava segretamente, per non essere veduta da li parenti»[1]. Da queste poche parole emerge già la figura di una ragazza forte, tanto sicura delle proprie idee da sfidare anche il giudizio della famiglia e le dicerie che, in un paese piccolo come Assisi, inevitabilmente saranno circolate in merito, come testimonia Ugolino di Pietro Giradone, cavaliere di Assisi, quando descrive le circostanze in cui la ragazza entrò in religione, a seguito delle prediche di Francesco «come è pubblico» (Processo XVI,3). Se è vero, poi, quello che riporta Tommaso da Celano nella sua biografia su Chiara, la ragazza ebbe anche la tenacia di rifiutare il matrimonio che la famiglia aveva organizzato per lei.
Sempre più convinta della sua vocazione, è nel marzo del 1211 o 1212 che Chiara, nella notte seguente la domenica delle Palme, lascia la casa del padre e, con l’aiuto della fidata amica Bona di Guelfuccio, si reca a Santa Maria della Porziuncola, dove, lasciati gli abiti mondani, riceve la tonsura dalle mani di Francesco, un segno di penitenza e di volontà di cambiamento, ma anche un gesto forte, di rottura, pensato in accordo con il futuro santo e probabilmente con il vescovo di Assisi, Guido I.
Nonostante le pressioni, anche violente, che la famiglia mette in atto per distogliere la ragazza dal suo proposito, Chiara prosegue nel suo cammino di fede e, così, inizia per lei una sorta di peregrinatio, una fase sperimentale con vari passaggi: la troviamo prima nel monastero di San Paolo delle Abbadesse e, poi, a Sant’Angelo di Panzo, prima che possa trovare una collocazione stabile a San Damiano, dove si unisce presto a lei la sorella Agnese. Ben documentato è il gruppo delle compagne che si uniscono a Chiara nella prima ora: infatti, dalle testimonianze riportate nel Processo di canonizzazione (I,15), al miracolo dell’olio, databile nell’anno 1212-13, risulta fossero presenti Pacifica, Agnese, Balvina e Benvenuta. Mancato l’olio nel monastero, Chiara aveva chiamato un frate che andava per elemosine per loro di modo che potesse andare a cercarlo, ma una volta andato a prendere il vaso per la questua lo aveva trovato già pieno. Questo episodio è molto importante perché oltre ad attestare con certezza quattro fra le prime compagne di Chiara, testimonia anche il sostegno dei Frati Minori alla comunità di San Damiano e, soprattutto, una permeabilità originaria fra comunità maschile e femminile, non strettamente vietata dalla clausura. Riguardo, poi, alle compagne di Chiara va evidenziata la vicenda di Gasdia di Taccolo (Processo VI,15), caso di consorella non voluta: del gruppo di cinque donne che Francesco aveva indirizzato a San Damiano, Chiara non vuole accettare la quinta perché, secondo lei, «non persevererà nel monastero». Questo episodio serve per mettere ben in evidenza come Chiara non fosse una passiva esecutrice delle volontà di Francesco.
Negli anni 10 e 20 del XIII secolo la comunità si incrementa e nel 1215 il futuro santo scrive per la comunità femminile la Forma di vita che, studi recenti, identificano come autentica.
È nel 1228 che, invece, riceve da papa Gregorio IX il Privilegio di povertà[2], forse preceduto da un altro di Innocenzo III, ratificato tre giorni prima della morte di Chiara da Innocenzo IV in Assisi. Sull’autenticità del privilegio innocenziano si è molto dibattuto e la questione è ancora aperta, come controversa è anche la regolamentazione giuridica della neonata comunità di San Damiano. In questa sede è sufficiente porre in evidenza la dinamicità storica della dialettica fra due piani: quello rappresentato da Chiara e dalle compagne che cercano di difendere una via rigorosa di fedeltà all’ideale francescano di altissima povertà e quello della Curia romana che tenta, invece, di incanalare la comunità su una via più istituzionale e gerarchizzante.
Nel 1235 Chiara inizia una corrispondenza, di cui possediamo quattro lettere, con Agnese da Praga, figlia del re di Boemia, che aveva rifiutato di sposare Federico II per seguire la regola di vita delle Donne, dalla quale emerge il ritratto di una donna forte e capace, non solo spiritualmente, ma anche intellettualmente.
Nel 1247 una bolla pontificia di Innocenzo IV permette alle donne il possesso e la proprietà dei beni, ma Chiara, intanto, firma la sua Regola, che viene approvata, dallo stesso papa, nel 1252 e ancora il 9 agosto del 1253 dove viene ribadito ancora una volta il privilegio e l’obbligo di povertà. La Regola di Chiara, la prima ad essere stata redatta da una donna per altre donne, è tutta da leggere perché da essa non solo traspare l’amore per l’ideale pauperistico, ma anche quello grande e materno verso le altre consorelle, tutte unite in quella prima persona plurale, “noi”, che ricorre continuamente.
Si spegne l’11 agosto del 1253 e viene sepolta in San Giorgio, dove poi sorgerà la basilica in suo onore e due anni dopo, il 25 settembre del 1255, è dichiarata santa da papa Alessandro IV.
Chiara non è stata solo una santa, ma una donna che, nonostante abbia trascorso a letto gran parte della sua vita, a causa della salute minata dalle continue privazioni, ha saputo combattere per la vita in cui credeva, che ha saputo farsi ascoltare e non solo sentire… Il che, ancora al giorno d’oggi, è a volte più difficile che diventare sante.
NOTE
1. Processo di canonizzazione XVIII, 3. Per i documenti di tale processo si può prendere in considerazione il lavoro di G. BOCCALI, Santa Chiara d’Assisi sotto processo. Lettura storico-teologica degli atti di canonizzazione, Ed. Porziuncola, Santa Maria degli Angeli – Assisi (PG) 2003.
2. Documento che assicura a Chiara e alle sue consorelle il diritto di vivere senza alcuna proprietà, in perfetta povertà.
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Immagine: Simone Martini, Santa Chiara, Assisi, basilica inferiore