Chen Yanyin fin da bambina ha interessi artistici, che inizialmente si manifestano nell’ambito della pittura cinese tradizionale a inchiostro e pennello. Il riconoscimento da parte di uno zio della bravura della nipote giunge però dopo che Yanyin ha già scelto di dedicarsi alla scultura, disciplina che comporta un rapporto meno impegnativo con la storia dell’arte cinese. Supera il selettivo esame di ammissione all’Accademia di Belle Arti del Zhejiang (ora rinominata China Academy of Fine Arts) ad Hangzhou e vi trascorre tutto il periodo di studio, prima di tornare nella sua città natale.
Viene subito ammessa (1988) in qualità di scultrice presso l’Istituto di Pittura ad Olio e Scultura di Shanghai. Non si tratta di una scuola, ma di un organismo statale finalizzato a permettere ad alcuni artisti di dedicarsi totalmente alla creazione, ovviamente all’interno di un gusto e di una finalità filo-istituzionale. Gli artisti vengono stipendiati in quanto “creatori” di opere libere o commissionate e non hanno ulteriori impegni se non la partecipazione ad assemblee. Nel 1989 vince il terzo premio alla Sesta mostra d’arte nazionale della Cina. Si tratta di un riconoscimento ufficiale assai importante, che molti artisti cominciano però ad avversare perché troppo istituzionale. Produce contemporaneamente, riuscendo a mantenere ben separati gli ambiti, sia sculture di tipo celebrativo richieste da e per la città di Shanghai – una di esse, dedicata agli “eroi del popolo” (1991) è collocata sul famosissimo Bund, il lungofiume – sia opere scultoree e installazioni d’ispirazione del tutto personale. Nei primi anni Novanta parecchi lavori sono dedicati a tematiche riguardanti la sessualità femminile. È del 1994 un’importante mostra personale (la prima) intitolata Serie di scatole, in cui espone sia sculture di legno in forma di scatole semiaperte, ricoperte di acuminate spine coniche, sia un’enorme installazione dove lo spettatore è invitato a seguire un percorso fra alte pareti disseminate a loro volta di minacciose spine, fino ad arrivare davanti ad una scatola contenente un televisore (visibile dall’alto). In sottofondo, un suono simile al battito del cuore accompagna il video trasmesso, che riproduce le contrazioni di un organo interno al corpo umano. Dopo un periodo di osservazione, avendo scartato (per motivi anatomici), la possibilità che si tratti di un cuore lo spettatore si accorge, con sorpresa e sconcerto, che l’organo in contrazione è un utero, e immagina che si tratti di quello dell’autrice.
Nel 2000, dopo un periodo di studio in Australia, ottiene il master in arti visive presso l’Università di Sidney. Nel 1996 partecipa alla Asia Pacific Triennial di Brisbane con l’opera Discrepancy between one idea, un’installazione formata da un migliaio di rose rosse coricate su un grande letto bianco, ognuna collegata a una bottiglia per fleboclisi. Mossa anche da motivi autobiografici, s’interroga sulla difficoltà delle relazioni amorose e sulla distanza sempre esistente fra le persone. Questo lavoro, esposto per la prima volta a Beijing nel 1995, partecipa poi a importanti esposizioni collettive in vari luoghi, fra cui Kassel, Vancouver, Sidney, Hong Kong, Singapore e la Biennale di Shanghai (2000).
Tornata in Cina nel 2001, lascia la sua unità lavorativa iniziale e diventa direttrice del dipartimento di scultura presso la China Academy of Fine Arts, facoltà di design, sede distaccata di Shanghai. Nel 2004, a seguito di pressioni da parte dell’Istituto di Scultura, che chiede il suo ritorno, acconsente solo dietro l’assicurazione che godrà di maggiore libertà di spostamenti e di più tempo per le creazioni a carattere personale. Attualmente è la direttrice del dipartimento di scultura.
Viene nominata una dei “commissari politici” della città di Shanghai, membro dell’associazione degli scultori cinesi, direttrice dell’associazione degli scultori della città di Shanghai. Sono però cariche che Yanyin accetta controvoglia, perché non prova alcun interesse per il potere e teme che sottraggano tempo alla sua creazione, unica attività che veramente le interessa oltre alla pratica costante e intensa della fede nel Buddismo Mizong (diffuso in Tibet), a cui si è convertita nel 1999 dopo che nel 1995 si era avvicinata al buddismo cinese. La sua camera in un grattacielo del quartiere di Pudong ha un’intera parete dedicata alle sculture di divinità buddiste, e ogni giorno Yanyin vi compie i riti devozionali. A volte passa periodi di raccoglimento e totale allontanamento dal mondo rinchiusa in minuscoli luoghi di meditazione, in aree tibetane.
Dopo la scomparsa della madre nel 1999 comincia una profonda riflessione sul senso della vita e della morte. Nel 2008 espone i lavori iniziali di una grande opera scultorea, ancora inconclusa, intitolata Mia madre, 1953 – 1963, nella quale ripercorre le tappe salienti della vita della madre trasformando alcune fotografie d’epoca in sculture. Quasi ogni lavoro è formato da numerosi componenti, poiché si ispira a foto di gruppi spesso molto affollati. Il risultato è un affresco della società cinese dopo la “Liberazione” del 1949, ma Yanyin vi ripercorre anche, un po’ in sordina, come vicenda personale ma non secondaria, la storia d’amore di sua madre con un giovane, interrotta dal matrimonio di lei e rinata dopo la morte del marito. I ritratti dei due innamorati, in varie situazioni e a diverse età, assurgono a simbolo dei desideri intimi sacrificati alla convenienza e a considerazioni esterne, che tendono a condizionare le vite di molte persone.
Immagini: cortesia dell’artista
Chen Yanyin
Shanghai 1958 - vivente
Fonti, risorse bibliografiche, siti
Referenze iconografiche:
Prima immagine: Chen Yanyin, Madre e figlia, 2009, olio su tela. Immagini concesse da ShanghART Gallery, Shanghai.
Seconda immagine: Chen Yanyin, 1963 - Padre e madre, 2006, fibra di vetro. Immagini concesse da ShanghART Gallery, Shanghai.
Terza immagine: Chen Yanyin, 1982 - Solitudine, 2013, olio su tela. Immagini concesse da ShanghART Gallery, Shanghai.
Monica Dematté
Nata a Trento, cresce sull’altipiano di Pinè (Trento), si istruisce a Bologna e in Cina. Si dedica alla scoperta e al sostegno di artisti viventi, alla cura di mostre, alla scrittura. Coltiva la memoria.