Cecilia Gasdia

Verona 1960 - vivente
Download PDF

Caso unico, quello di Cecilia Gasdìa, soprano lirico (Verona 14 agosto 1960) nella storia del teatro. Ragazzina, sognava di entrare nella scuola di aeronautica ma quando si presentò fu scartata, non tanto per la troppo giovane età quanto per un motivo inoppugnabile: essere di sesso femminile. Lei ci rimase male. Però quarant’anni dopo, cambiate le leggi, il brevetto di pilota lo prese. Intanto, a 19 anni, campionessa di sci, atleta, maturità classica e diploma di pianoforte (10 e lode), iscritta all’università a lingue, Cecilia scoprì di avere anche un altro atout: una voce promettente. Fu ammessa nel coro dell’Arena.

Il 7 agosto 1980 cantò in quel famoso Requiem diretto da Riccardo Muti (unica apparizione del Maestro nel celebre anfiteatro) dedicato alle vittime della fame e della violenza nel mondo. Fu una serata di commozione devastante: 5 giorni prima era avvenuta la strage alla stazione di Bologna. In ottobre di quell’anno, spinta della sua maestra Rina Malatrasi, Cecilia “provò” a iscriversi al Concorso Rai Voci Nuove per la Lirica intitolato a Maria Callas. Lo vinse. Mentre la incoronavano, le fu chiesto E adesso cosa pensa di fare? Lei profetò “Cantare alla Scala, naturalmente”. Nel mese di dicembre Muti, allora direttore musicale del Maggio Musicale Fiorentino, la chiamò per la sua prima audizione: fu confermata per I Capuleti e i Montecchi di Bellini. Intanto, nel 1981 debuttò con gli altri vincitori del Concorso Rai, come protagonista di Luisa Miller di Verdi al Teatro Fraschini di Pavia, sotto la direzione di Gianandrea Gavazzeni.

Ma doveva essere il 1982 l’anno decisivo: in febbraio la Scala si trovò a dover sostituire in tutta fretta Montserrat Caballè in Anna Bolena. Nessuna osava rilevare la diva spagnola soprattutto in questo personaggio donizettiano tabù, cavallo di battaglia di Maria Callas. Cecilia aveva studiato la parte, l’aveva “in gola”, e osò. Fu un debutto-salvataggio rivelazione. Non essendoci stato il tempo per preparare i costumi su misura, ripescarono quelli originali della produzione 1957. Alla domanda dei giornalisti: “Emozionata di indossare i costumi della Callas?” la ventiduenne debuttante rispose: “No, per fortuna ho le stesse sue misure, nessun problema.” L’indomani Cecilia Gasdìa era una primadonna. Contrariamente a quanto accaduto all’infelice moglie di Enrico VIII, la ragazzina veronese non perse la testa: la mantenne anzi ben salda e con i piedi fermi in terra. Se la voce non era di volume eccezionale, erano ineccepibile la tecnica, preciso il fraseggio, straordinaria la musicalità. E la volontà. E l’equilibrio. Qualità necessarie per chi si avvia per quella carriera. Per Cecilia Gasdìa c’era anche in serbo un percorso privilegiato: niente gavetta, subito gli Enti, con grandi direttori e grandi registi. Nell’83 debutto a Pesaro in Mosè in Egitto di Rossini (direttore Claudio Scimone, regìa Pierluigi Pizzi) inizio di una lunghissima collaborazione con il Rof, tra cui la storica prima ripresa mondiale del Viaggio a Reims (regia Luca Ronconi direzione Claudio Abbado); nell’84 debutto al Comunale di Firenze in Traviata (direttore Carlos Kleiber, il più grande vivente in quel momento, regìa Franco Zeffirelli) e allo Sferisterio di Macerata nella trasgressiva Bohème con regìa di Ken Russel dove la storia di Mimi iniziava nel 1844 (data della prima assoluta) e finiva nell’anno della rappresentazione marchigiana, passando dal 1914 e 1944: un anno, e un’epoca, per ogni atto. L’ultimo, aggiornato al presente, vedeva la “vaga fioraia” pucciniana morire non di tisi ma per overdose. Uno scandalo pazzesco. Eppure c’erano stati molti applausi, anche se l’erede del compositore, Simonetta Puccini, intentò causa a Teatro e regista. Interrogata su queste libertà del regista, Gasdìa fece presente che nel romanzo originale di Murger (Scènes de la vie de Bohème) Mimi è una prostituta molto povera, che Puccini e Giacosa hanno riabilitata idealizzandola e rendendola attraente per il pubblico fino ad assegnarle la romantica morte per tisi, tipico male dell’epoca. “Non approvo le regìe dissacranti o fantasiose a qualsiasi costo – disse Gasdìa, 24enne diva protagonista – ma posso accettare che Ken Russell faccia morire Mimì del male del nostro tempo, quando vite disordinate, solitudine e droga sono la terribile realtà di molti ragazzi di oggi.” Intanto, la cantante affinava le sue interpretazioni, arrivando, sul piano scenico, a livelli di reale acrobatismo, come nel Maometto II, dove è rimasta proverbiale la sua caduta all’indietro, a testa in giù, dalla ripida scala della scena disegnata da Pizzi al Rof di Pesaro. “Per fortuna avevo anni di atletica alle spalle – spiegò l’ardimentosa cantante – e in teatro c’era un ballerino che mi insegnò alcuni trucchi per precipitare senza rompermi la schiena.”

Non c’è repertorio che Cecilia Gasdìa non abbia affrontato, dal barocco al verismo, cantando nei quattro angoli del mondo: dai 12 titoli rossiniani al Rof (ha dedicato la parte centrale della sua carriera a riproporre i ruoli scritti da Gioachino Rossini per la moglie Isabella Colbran) a Orfeo di Monteverdi (Atene), Barbiere di Siviglia (Tokyo), Pagliacci di Leoncavallo (Catania), L‘Amico Fritz di Mascagni (San Carlo), Otello (Trieste), Tosca (Cairo), Le jongleur de notre Dame di Massenet (Opera di Roma), The rake’s progress di Stravinski (Maggio Musicale Fiorentino) fino alla Vedova Allegra di Lehar (Arena di Verona). E musica sacra: Stabat Mater di Rossini diretto da Muti (Festival di Edimburgo), Requiem di Mozart diretto da Zubin Mehta (Sarajevo), Messa da Requiem di Verdi (Festival di Miscolc in Ungheria), Stabat Mater di Boccherini (Sant’Apollinare in classe di Ravenna). E tournées negli Usa, Canada, Monaco di Baviera, Buenos Aires, Marocco, Cina.

Alla fine, in 32 anni di carriera, saranno 90 i ruoli in repertorio, di cui più di 60 cantati in teatro. Sempre in produzioni di eccellenza. Né ha disdegnato il mondo della musica leggera: oltre all’attività operistica e concertistica, dal 1994 al 2020 si è esibita in varie manifestazioni con Andrea Bocelli, ha collaborato e duettato con diversi artisti della musica pop tra i quali Cocciante, Dalla, Albano, Ranieri, Gragnagnello, Spagna, Zanicchi, Jenny B e Pavone. La sua discografia porta etichetta Erato. Un CD al quale tiene in modo particolare è quello dal titolo Romanze nuove con incluse arie ispirate alla enciclica Deus Caritas est di Benedetto XVI, il papa musicista, che la riceve in udienza privata il 21 giugno 2006. Nel 2005 Cecilia Gasdìa aveva ricevuto a Roma, in Campidoglio, il Premio speciale alla carriera “Personalità Europea 2005 nell’ambito della XXXV Giornata d’Europa.

Anche nel privato, tenuto discretamente per sé, l’eterna mascotte del teatro lirico, era cresciuta. Sposata con Alessandro Bertoli, aveva avuto due figlie delle quali una, Anastasia, pare intenzionata a intraprendere la carriera della madre, che le dice “Tu incomincia a studiare.” Cecilia, non dimentica della sua primitiva passione, tra una cantata e l’altra è riuscita finalmente a prendere il brevetto di pilota, solo lamentando la mancanza di tempo per poter “volare un po’ in santa pace”.

Nel gennaio 2018 Cecilia Gasdìa è stata nominata Sovraintendente e direttore artistico dell’Ente Arena di Verona, prima donna in Italia a coprire questo incarico. E qui ha inizio un’altra vita. A cominciare dagli orari, molto diversi da quelli di un cantante lirico. Alle 6.45, Cecilia è in ufficio, ancora vuoto “Lo faccio tutte le mattine: mi siedo al piano e canto. Poi, alle 7.30, passo alla scrivania a lavorare.” La Fondazione Arena è appena uscita dal commissariamento dopo anni tragici. Al ministro della cultura Bonisolli la neo sovrintendente ha chiesto certezza dei fondi per avere una base sicura su cui costruire le stagioni di Arena e Teatro Filarmonico. Riguardo alla sua linea di lavoro, Gasdìa ha subito reso noto il proposito di tornare al kolossal “che è la dimensione dell’Arena”. Per l’anno 2021, carico di scadenze e celebrazioni (120 anni dalla morte di Verdi, 150 dalla prima di Aida, non ultimi: 80 anni di Muti) aveva imbastito una stagione specialissima con dei cast da capogiro. Poi ci fu il Covid 19. Annullamento della stagione 2020. Tutto da rifare. “Ma per il 2021 è tutto in ordine” annunciava la ardimentosa Sovraintendente.

Carla Maria Casanova

Nata a Monza il 1 agosto 1936 da padre italiano e madre belga. Giornalista professionista. Laureata in architettura, dopo uno stage nella scenografia del Teatro alla Scala con Nicola Benois, si è dedicata esclusivamente alla scrittura, con specializzazione Cultura e Teatro musicale. Ha pubblicato un po’ di libri, iniziando con Renata Tebaldi, la voce d’Angelo (Electa, Milano 1981, tradotto in francese, inglese, russo) e terminando (per adesso) con Il gesto e la musica (Zecchini Editore, 2016, terza edizione) che racconta i suoi 66 anni di vita spericolata a tu per tu con i più grandi. Chi inizia a leggere non la smette più.

Leggi tutte le voci scritte da Carla Maria Casanova