Caterina Cybo – duchessa di Camerino

Ponzano (Firenze) 1501 - Firenze 1557
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Caterina Cybo era figlia di Franceschetto, figlio illegittimo del papa Innocenzo VII e di Maddalena de’ Medici, figlia di Lorenzo il Magnifico e sorella del pontefice Leone X. Dalla sua famiglia aveva ricevuto una educazione completa e raffinata, tanto che alcuni scrittori del tempo tesserono le sue lodi per la singolare conoscenza del greco e del latino. Francesco Serdonati ne celebra la grande bellezza, l’acuto ingegno e la conoscenza, oltre che del greco e del latino, dell’ebraico. Caterina ebbe probabilmente un ruolo rilevante nella educazione della nipote Caterina de’ Medici. Questa era rimasta priva di entrambi i genitori all’età di 10 giorni; fu la zia Clarice Strozzi a prendersi cura della piccola orfana; in seguito la fanciulla adolescente fu affidata alle zie Maria Salviati, madre del futuro Cosimo I, e a Caterina Cybo, futura duchessa di Camerino. Quadrio le attribuisce anche alcune rime e Feliciangeli ritiene che fra i maestri di Caterina vi fosse anche Varino Favorino, l’umanista camerte che aveva seguito a Roma il cardinale Giovanni divenuto poi papa Leone X. Si suppone che Varino Favorino abbia contribuito alle trattative per il matrimonio con il duca di Camerino. Non sono notizie certe; quel che è certo è che i rapporti della duchessa con l’umanista furono sempre cordiali tanto che Favorino battezzò la piccola Giulia Varano, figlia di Caterina. I rapporti tra il vescovo e la duchessa rimasero intensi anche dopo la morte del duca.
Caterina aveva sposato Giovanni Maria Varano, duca di Camerino, nel 1520. Durante i primi tempi del matrimonio la duchessa risiedeva spesso a Roma «all’ombra dei due papi Medici che l’ebbero assai cara» e furono sempre assai generosi con lei. Nel 1523 partecipò, con il marito, alla cerimonia per la incoronazione di Clemente VII. Frequentava la corte pontificia e i circoli letterari, come quello di Pietro Mellini: «uno dei suoi maggiori diletti era la compagnia dei più belli ingegni». A Roma conobbe il Fiorenzuola e anche Francesco Berni che le rimase legato da lunga e devota amicizia più volte riconfermata nelle lettere del poeta. Nella lettera del 1525, con la quale il Fiorenzuola le dedicava i suoi Ragionamenti d’amore, leggiamo che la duchessa usava parlare «…con i più destri ingegni di quelle cose delle quali mai non si sarebbe sdegnata l’Accademia ateniese di ragionare…«; il poeta la pregava di prestare attenzione anche alle sue “fatiche” «… quando talor farete tregua con le vostre più importanti faccende, in luogo di quei discorsi, i quali solete usar per vostro diporto quasi ogni giorno alle vostre tavole…».
Alla morte del marito, nel 1527, Caterina divenne reggente del ducato, per la figlia Giulia, e lo rimase per dieci anni. Aveva dovuto subito affrontare una ribellione fomentata dai Varano di Ferrara a conclusione della quale ottenne la restituzione del ducato e fece decapitare due fuorusciti camerinesi che si erano uniti ai nemici. Nel 1529, dopo un altro tentativo di invasione, ottenne la condanna alla pena capitale di Ercole Varano e dei figli che la avevano aggredita.
Seguirono alcuni anni di quiete per il ducato che la duchessa governò con saggezza, ma anche con mano ferma. Fu una accorta donna di governo attenta alle necessità dello stato e delle persone che dipendevano da lei. Nelle Riformanze del 1528 si votò per la governatrice, i voti a favore furono 66, quelli contrari 4. Del suo buon governo fa fede anche la richiesta degli abitanti di Visso al papa di non esserne privati. Un breve di Clemente VII confermò la investitura di Giulia del ducato e la conferma della reggenza di Caterina fino al compimento dei 25 anni della giovane duchessa. Oltre che ben amministrata la signoria doveva essere anche considerata sicura se a essa fu affidato l’ingente patrimonio del Tesoro della Santa Casa di Loreto in pericolo, a causa delle scorrerie dei Turchi sulle coste dell’Adriatico, e trasferito nella rocca di Camerino per ordine di Clemente VII.
A Camerino la duchessa diede vita a una piccola ma raffinata corte dove si circondò di persone legate a lei e alla sua famiglia da rapporti di parentela e da comuni interessi culturali e di amicizia. Sull’ambiente che la circondava ci rimangono le informazioni provenienti dai letterati che la avevano conosciuta e in particolare dalle ottave del Berni che recitano:

Savia donna che in mezzo all’Appennino
Lieta ti siedi in quel che tanto t’hai
Guadagnato e guardato Camerino,
Onde ben pari a Dido in gloria vai,
Donna d’Ingegno e d’animo divino
Che l’Alpi culte e Adria ospite fai
E col tuo nome famoso non meno…

A Camerino visse a lungo, collaborando con la duchessa con la quale ebbe un rapporto molto stretto, Pietro Mellini, un colto gentiluomo, grecista, umanista, filosofo e poeta, il Giovio lo definì principe della gioventù romana. Nel 1532 sottoscrisse come testimone l’inventario dei beni del tesoro di Loreto affidati alla duchessa perché li proteggesse. La vicinanza e la fiducia probabilmente indussero la duchessa a appoggiarsi al letterato anche per questioni inerenti al governo del ducato. Nel 1532 lo nominò suo procuratore, e nel 1533 lo troviamo luogotenente generale della duchessa, probabilmente in occasione del suo viaggio in Francia per accompagnare Caterina de’ Medici. A dimostrazione della sua gratitudine e del suo affetto Caterina gli donerà un casale nel territorio di Roma.
Nel 1533 Caterina era presente al pranzo offerto alle dame fiorentine da Caterina de’ Medici che andava sposa al figlio del re di Francia, e poi accompagnò la nipote nella sua nuova patria insieme al cardinale Ippolito de’ Medici che aveva al seguito Francesco Berni. Non si sa quanto a lungo la duchessa sia rimasta in Francia ma non è azzardato supporre che sia entrata in contatto con i circoli di quella corte che più o meno apertamente simpatizzavano con le nuove istanze della Riforma.
Nel corso del Cinquecento anche in Italia alcuni ambienti avevano risentito dell’influenza dei movimenti riformatori. La conversazione non fu più solo scambio di cultura e dibattito politico, una palestra di esercizi colti e intellettuali, in essa si inserirono elementi nuovi stimolati dai venti di Riforma che percorrevano l’Europa.
Caterina Cybo fu divisa fra la fedeltà alla Chiesa e i fermenti riformatori di cui si sentiva eco anche nelle corti italiane e presso i circoli di alcune delle signore più significative del Pieno e Tardo Rinascimento come Giulia Gonzaga, la discepola prediletta del riformatore Juan Valdes, e poi Vittoria Colonna, Renata di Francia, duchessa di Ferrara, le sorelle Giovanna e Maria d’Aragona e Costanza d’Avalos, la seconda Costanza. Caterina era in rapporti con Vittoria Colonna alla quale nel 1529 aveva raccomandato il suo protetto fra Ludovico che desiderava aprire una casa di Cappuccini in Roma. Caterina Cybo fu ricordata soprattutto per la protezione accordata ai Cappuccini che presso di lei trovarono rifugio e ospitalità: i primi Cappuccini furono “accolti in casa sua ove i frati ebbero la loro prima dimora in alcune stanze particolari e riservate del palazzo suo”. La duchessa di Camerino aveva unito all’interesse per la riforma dei Cappuccini un intenso legame con Bernardino Ochino, il predicatore senese ritenuto il tramite della diffusione della dottrina valdese in Italia. Caterina, infatti, fu accomunata con Vittoria Colonna e con Pietro Bembo al «buon Valdesio» in un sonetto del Varchi.
L’interesse della duchessa per la predicazione dei riformatori, e in special modo l’amicizia con Ochino, provocarono l’attenzione dell’Inquisizione. Secondo le testimonianze raccolte dal Sant’Uffizio proprio in casa di Caterina il frate avrebbe deposto il saio per vestire i panni del laico e fuggire in Svizzera. Non è possibile definire la portata della eresia della nostra duchessa, a quel che appare ella accettò il principio della giustificazione per fede. Quattro, dei Dialoghi sette del predicatore hanno come interlocutrice la Cybo la quale dimostra rara erudizione e una profonda conoscenza di questioni di teologia e di filosofia. I dialoghi si tennero nel 1539 e furono pubblicati nel 1548 quando Caterina era ancora in vita, si deve pertanto pensare che ella non disconoscesse quanto da lei sostenuto circa le condizioni della perfezione. Nel Compendium dei Processi del Sant’Uffizio Caterina è detta: «haeretica, sectatrix haereticorum et doctrix monialium haereticarum»; forse il testo si riferisce al convento di Santa Marta fuori le mura di Firenze.
Nel 1535, in seguito al matrimonio della figlia Giulia con Guidubaldo della Rovere, Caterina lasciò Camerino e si trasferì a Firenze dove prese dimora, probabilmente, nella Villa La Loggia o loggia dei Pazzi, o ‘palazo de’Pazzi’ di proprietà del fratello Lorenzo, dove già viveva la cognata Ricciarda Malaspina, marchesa di Massa. Non sappiamo se, e quanto a lungo, le due signore abbiano abitato nella stessa casa, è tuttavia accertato che la duchessa frequentava la corte-salotto della marchesa. Questa era una donna colta, intelligente e anche spiritosa, come possiamo leggere nelle lettere indirizzate al Berni, che amava la compagnia di persone di ingegno e cultura. La casa della marchesa di Massa ospitava una di quelle piccole corti del secolo XVI «assai più splendide e senza paragone colte che non siano oggi le grandi».
A Firenze ebbe ancora occasione di incontrare Marco Antonio Flaminio e Pietro Carnesecchi. I due, di ritorno da Napoli, avevano fatto sosta nel capoluogo toscano e riallacciato i rapporti con l’élite culturale della città ma soprattutto con la duchessa di Camerino che si riteneva fosse stata istruita da Bernardino Ochino nella nuova via. Da una testimonianza di Carnescecchi apprendiamo che in casa sua la duchessa ebbe un colloquio con Ochino al quale furono presenti anche il cardinale Reginald Pole e il vescovo di Verona, Gian Matteo Giberti, conosciuto ai tempi dei suoi soggiorni romani. Anche la conoscenza con Marcantonio Flaminio risaliva agli anni della giovinezza trascorsi a Roma. I due si incontrarono ancora a Firenze, avevano ripreso i contatti e avviato le conversazioni intorno alla «giustificazione per la sola fede». Marcantonio Flaminio le scriverà una commossa lettera di condoglianze, per la morte di Giulia, e con la stessa lettera le comunicherà la morte di Vittoria Colonna. Con Renata di Francia la duchessa di Camerino aveva collaborato per far espatriare e mettere in salvo in Svizzera Bernardino Ochino in pericolo.
Non particolarmente affettuosi sembrano essere stati i rapporti di Caterina con la figlia; tuttavia, quando Giulia morì giovane, nel 1547 a Fossombrone dopo una malattia di due mesi, la madre era con lei, e il marito le dedicò esequie fastose. Due tardivi riconoscimenti per la duchessina trascurata e poco amata.
Caterina dedicò l’affetto che non aveva saputo dimostrare alla figlia alla nipote, Eleonora Cybo, figlia primogenita del fratello della cui educazione si prese cura più di quanto non facesse la madre Ricciarda Malaspina. Questa nipote forse rispondeva maggiormente alle aspirazioni della signora per una vita religiosa e intellettualmente vivace. Sposata due volte e due volte vedova Eleonora si era ritirata a vivere nel convento delle Murate dove era stata educata da giovane. La vita di Eleonora si compì tra studi e meditazione e, come aveva fatto la zia, si dedicò alla educazione di una nipote. Quadrio la definisce una poetessa illustre, ma di lei rimane un solo sonetto. Eleonora fu in relazione con più letterati della sua epoca, fra cui Laura Battiferri, la poetessa che dedicò a Caterina Cybo quattro sonetti.
Caterina Cybo morì a Firenze il 17 febbraio del 1557, nel palazzo dei Pazzi.

Fonti, risorse bibliografiche, siti

Francesco Serdonati, Cinque donne…, in Giovanni Boccaccio, Delle donne Illustri, tradotte da Giovanni Betussi con Aggiunta di Francesco Serdonati, Firenze, Giunti 1596

Antonio Virgili, Francesco Berni per A. Virgili, Con documenti inediti, Firenze, Le Monnier 1881

B. Feliciangeli, Notizie e documenti sulla vita di Caterina Cibo-Varano, duchessa di Camerino, Camerino, Lib. Ed. Favorino, 1891, (ristampa anastatica, Camerino 2005)

A. Reumont, La giovinezza di Caterina de’ Medici, Firenze, Le Monnier 1858

Francesco Berni, Orlando innamorato, Canto LXI, 6 e 7

C. Vasoli, Una donna tra il potere e il Vangelo: Caterina Cybo Varano, in «Res publica litterarum» n. 15 (1992) pp. 171 e ss.

Caterina Cybo, duchessa di Camerino (1501-1557), Atti del convegno, Archivio di stato di Camerino, 28-30 ottobre 2004, Camerino, Tipografica La nuova Stampa 2005

Referenze iconografiche: Ritratto di Caterina Cybo, copia di Luigi Valeri del XVII secolo. Fonte Unicam. Immagine in pubblico dominio.

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Maria Teresa Guerra Medici

Docente di Storia del diritto italiano presso l’Università di Roma La Sapienza è stata incaricata dalla facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Camerino per l'insegnamento della Storia delle istituzioni politiche e della Storia del diritto italiano. Durante l'anno accademico 1994/95 è stata Associated Visiting Professor presso la University of Chicago grazie ad una fellowship del Center for Comparative Legal History. Ha ricevuto una Mellon Fellowship for Advanced Research in Modern European History per l’anno 1999-2000, presso la Newberry Library di Chicago. È stata Professeur invité presso l’Institut d’Études Européennes dell’Université Paris dove ha tenuto lezioni su Le sources du droit en Europe. Ha partecipato al progetto MIUR Donne Potere e scrittura fra Medioevo ed Età moderna e al convegno che si è svolto a Milano il 30 gennaio 2009 sul tema con una relazione dal titolo Intrecci familiari, politici e letterari alla corte di Costanza d’Avalos.
Molte delle ricerche di Maria Teresa Guerra Medici hanno avuto per oggetto la condizione giuridica delle donne, tema sul quale ha pubblicato diversi saggi ed alcuni libri fra cui: I diritti delle donne nella società altomedievale, Esi, Napoli,1986; Ius Nostrum, Pubblicazioni dell'Istituto di storia del diritto italiano della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università La Sapienza di Roma; L'aria di città. Donne e diritti nel comune medievale, Napoli, ESI, 1996; Donne di governo nell’Europa Moderna, Ius nostrum, Studi e testi del dipartimento di scienze giuridiche dell’Università di Roma La Sapienza, Roma, Viella, 2005.

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