“E la vita Caterina, lo sai, non è comoda per nessuno, quando vuoi gustare fino in fondo tutto il suo profumo.”1
Figlia di artisti stranieri e di una Toscana del dopoguerra rurale ed essenzialmente povera, Caterina Bueno nasce e cresce a San Domenico di Fiesole e diventa un nome tra i più importanti della musica popolare italiana.
La madre di Caterina era una scrittrice svizzera, Julia Chamorel. Il padre un pittore spagnolo, Xavier Bueno, trasferitosi in Italia nel 1940 con il fratello Antonio, anche lui pittore, per unirsi ad Annigoni e Sciltian nel gruppo dei Pittori Moderni della Realtà. Le origini di Caterina spiegano la cittadinanza ottenuta a ventuno anni, ma sono il legame con la sua terra a partire dall’infanzia, dalla sua tata mugellana Albina, e il fascino esercitato dall’espressione linguistica e musicale dei contadini toscani, a spiegare l’evoluzione e la maturazione della nostra artista.
Ancora ventenne Caterina si mette in cerca di quei suoni e di quei temi: le ingiustizie sociali, la fatica, la lotta, la povertà, la condizione delle donne, ma anche le ninna nanne e le filastrocche dei contadini. Caterina Bueno si trasforma in una etnomusicologa, e si mette al servizio di quel patrimonio poetico e politico, recuperandolo e reinterpretandolo. Negli anni Settanta alla radio racconta le donne che lottano, del passato e del presente; ha carisma, affronta il mondo degli uomini, facendosi valere e diventa un riferimento per molte ascoltatrici.
A soli ventiquattro anni è protagonista di un documentario intitolato Caterina la raccattacanzoni2, dove viene ripresa alla guida della sua cinquecento mentre attraversa la sua terra alla ricerca delle canzoni della cultura popolare, munita di registratore per imprimere le espressioni di un mondo antico e di taccuino per raccogliere le parole dei suoi conoscitori. Li cerca e li incontra in ogni dove, sono donne e uomini del popolo, talvolta poeti. Loro cantano, parlano, raccontano e Caterina registra, decifra i codici di linguaggio, ricompone e trascrive il materiale sonoro in musica e lo interpreta. Di quei materiali sa coglierne il fondamento originario, con il “rigore e la serietà e la scioltezza del suo ‘ricalco degli stili vocali originari’”3. Ma non si è trattato semplicemente di recuperare un repertorio del canto popolare, un sapere e un patrimonio orale altrimenti perduto, bensì di dar voce ai protagonisti di quella cultura, dar volto e ascolto alle persone e alle loro vite. Caterina va oltre la documentazione, interagisce attraverso i racconti, il parlato, il dialogo con i suoi personaggi e fonda la sua poetica della musica popolare.
Sempre negli anni Sessanta ha contatti con il più importante istituto di etnomusicologia, l’Istituto Ernesto de Martino, ed entra a far parte de Il Nuovo Canzoniere Italiano. Si rivela inoltre una straordinaria interprete della canzone popolare, cantante dotata di “una grande voce, inconfondibile e unica anch’essa, scura e roca nel timbro, singolarmente vicina a certi colori maschili, espressione di una personalità di interprete particolarmente vivace, e di una sensibilità femminile sensuale ed esuberante”4.
Gli addetti ai lavori le riconoscono subito rigorose competenze sia di interprete che di studiosa; il grande pubblico forse non lo raggiunge mai veramente, non solo per la natura del suo repertorio, il canto sociale, ma anche per la sua personalità. A tratti scomoda e irriverente debutta nello spettacolo Bella Ciao (1964), con Giovanna Marini, al Festival dei due Mondi di Spoleto, e divide il pubblico con la famosa interpretazione di O Gorizia, canto dichiaratamente antimilitarista. Partecipa allo spettacolo Ci ragiono e canto, portato sulle scene da Dario Fo nel 1966 e nel 19695, di nuovo con Marini e con Giovanna Daffini, e poi ai concerti Folk Festival di Torino nel 1965 e 1966. Eventi tra i più memorabili della scena musicale popolare. Sempre nel 1966 è in tournée in Canada con un’altra grande e controversa interprete della musica popolare italiana, Gabriella Ferri.
L’impegno civile e la militanza politica, la voce che si fa portavoce delle classi deboli, in alcune esibizioni si fa più marcato. Caterina è una donna complessa, determinata e non avvezza a compromessi, ma anche ironica e capace di ridere. “Assistere a un suo concerto, ascoltare le sue presentazioni era come leggere una libro sulla storia del Novecento senza troppa fatica e divertirsi anche un po’”6.
La cifra anarchica del suo repertorio musicale ne circoscrive la popolarità. Approfitta di una intervista radiofonica sulla Maremma per annunciare un’iniziativa contro la centrale nucleare di Montaldo di Castro e ciò le causa l’allontanamento dalla Rai. Proprio la Rai nel 1976 l’aveva chiamata prima in una trasmissione sui Canti popolari italiani, poi in un programma in otto puntate, Italia Bella Mostrati Gentile, che prende il titolo dal canto omonimo di lavoro e di emigrazione recuperato dall’artista nel Casentino nel 1965 e da lei cantato nella sigla di testa del programma. Per trenta lunghi anni, da quella intervista andata in onda alla fine degli anni Settanta, e fino alla messa in onda del concerto Macchie Rosse, tenutosi a Genova nel 2004, Caterina ha meno visibilità in Italia, partecipa soprattutto a eventi minori, feste dell’Unità e circuiti Arci, festival di genere, con rare occasioni di grande richiamo. Sono cambiati anche i climi e le tendenze, scema l’attenzione per la canzone politica, tanto cara all’artista. La sua carriera sembra subire un freno dalla metà alla fine del Novecento e le sue apparizioni sono sempre più rare.
Il suo primo album è La brunettina – Canzoni, rispetti e stornelli toscani (1964), prodotto da I dischi del Sole, la stessa casa che pubblica i due volumi antologici del Folk festival, a cura dell’Istituto Ernesto de Martino. Nel 1968 esce La Veglia che contiene E cinquecento catenelle d’oro, un rispetto, componimento popolare toscano, ripreso più tardi da De Gregori in Caterina (Titanic, 1982) e da Roberto Vecchioni in Montecristo. Ma c’è anche il bellissimo Batton l’otto, canto anarchico che l’artista aveva recuperato a San Giovanni Valdarno alla metà degli anni Sessanta, probabilmente ispirato allo sciopero del 1907 delle acciaierie di Terni:
“Battan l’otto ma saranno le nove, /i miei figlioli ma son digiuni ancora, /ma viva il coraggio, ma chi lo sa portare /infame società, dacci mangiare.”
Seguono i tre album pubblicati nella storica Collana Folk (che pubblica anche altre interpreti della musica popolare, tra cui Rosa Balistreri, Luisa Ronchini, Maria Monti). Grazie a un’operazione discografica di tutto rispetto, la Warner Music Italia rileva i diritti della Fonit Cetra e ristampa nel 2006 le tre raccolte della collana folk: Erano tre falciatori (1973), Se vi assiste la memoria (1974), Il trenino della “leggera” (1976). Brani essenziali nelle esecuzioni, voce, chitarra e flauto. Canti di osteria, stornelli di emigrazione, filastrocche, ballate, canti sociali, rispetti e contrasti, componimenti poetici che il popolo cantava per sopportare meglio la miseria e la vita. Ci sono La leggera, il canto dei lavoratori stagionali o del lavoro precario dei braccianti della fine Ottocento della Maremma, viaggiatori leggeri perché privi di bagaglio. La Storia del grillo e della formica o, come diceva Bueno, “più le cose vanno male e più si ride”. La Donna Lombarda, un classico della canzone popolare, Fagioli ‘olle ‘otenne, il canto livornese di guerra e di fame, Maremma Amara, uno dei brani più conosciuti del suo repertorio, eseguito da molti cantanti italiani tra cui Nada Malanima e Gianna Nannini.
Nel 1997 esce Canti di Maremma e d’anarchia, distribuito dal supplemento della rivista «Avvenimenti», che conferma il filone della canzone anarchica, particolarmente cara all’artista. Nel 1998 esce Caterina Bueno in spettacolo: canzoni paradossali e storie popolari toscane di dolente attualità, riedito nel 2001 col titolo Caterina Bueno in spettacolo7. Alcuni brani compaiono anche in raccolte del Nuovo canzoniere italiano nella registrazione del Folk Festival di Torino del ’66, mentre nell’antologia della canzone anarchia c’è Addio Lugano bella e in quella delle canzoni socialiste c’è La lega.
Un’altra sua competenza da tutti riconosciuta è stata quella di saper riconoscere e lanciare talenti musicali, artisti che tutti, dopo un periodo di collaborazione con lei, sono diventati interpreti di eccellenza. La prima grande scoperta di Caterina è il cantautore Francesco De Gregori: giovanissimo chitarrista l’ha accompagnata nella tournée del 1971 e le dedica nel 1982 una bellissima canzone, Caterina. Una talentscout, così la definisce oggi Riccardo Tesi, compositore e organettista toscano, che insieme all’altro allievo chitarrista toscano Maurizio Geri, sono stati lanciati da Bueno e sono due fiori all’occhiello della musica popolare attuale.
Ci sono altri musicisti straordinari che sapientemente Bueno ha saputo scegliere per accompagnare la sua voce: Alberto Balìa, Valentino Santagàti, Franco Pacini, Luciano Francisci, i fratelli Pietro e Tea Vismara, Antonio De Rose, Flavio Cucchi, Andrea Degli Innocenti, Giovanni Bartolomei, la violinista e liutaia americana, fiorentina d’adozione, Jamie Marie Lazzàra.
“A lei devo tutto – dice Tesi – Da un punto strettamente musicale è stata la mia maestra, mi ha trasmesso l’amore e il rispetto per la tradizione, per la memoria, ma allo stesso tempo anche un atteggiamento artistico e creativo nei confronti della musica popolare. Mi ha insegnato ad essere fiero del mio essere toscano in una età in cui tutti sognavano di essere americani, facendomi capire quanto quel tipo di esterofilia fosse il frutto di una visione estremamente provinciale.”8
Nel 2010 sono proprio i suoi allievi Geri e Tesi a renderle uno splendido album tributo, Sopra i tetti di Firenze – omaggio a Caterina Bueno, nel cui titolo sembrano ispirarsi alla canzone di De Gregori: “Caterina questa tua canzone la vorrei veder volare sopra i tetti di Firenze per poterti conquistare”. È un cd doppio dove interpreti e musicisti di rilievo ripropongono alcune tra le più belle canzoni recuperate dall’artista fiorentina: alla voce Lucilla Galeazzi9.
Il 16 luglio del 2007 la maestra muore. Gli ultimi anni della sua carriera non sono stati facili, come anticipa già De Gregori nella canzone del 1982: “Devi rischiare la notte, il vino e la malinconia, la solitudine e le valigie di un amore che vola via. E cinquecento catenelle che si spezzano in un secondo e non ti bastano per piangere le lacrime di tutto il mondo”.
Nonostante le onorificenze, tra cui la massima del Comune di Firenze, Il fiorino d’oro, Caterina la “Raccattacanzoni” attende un biografo fedele e rigoroso com’è stata lei, che possa restituirci il lavoro prezioso che in quarant’anni di attività musicale indipendente ha lasciato alla musica e alla etnomusicologia. Una documentazione fondativa della musica popolare, imponente e rara.
Un’iniziativa di particolare valore è quella intrapresa dalla famiglia di Caterina. I fratelli hanno depositato in Archivio di Stato a Firenze sia il fondo documentario di Caterina che quello del padre, il pittore Xavier Bueno. Attualmente, il fondo documentario di Caterina è in corso di sistemazione. Pamela Giorgi (Archivio storico ANSAS e Fondazione Giulio Einaudi) è la curatrice scientifica del progetto per la parte documentaria, insieme a Maurizio Agamennone (Università di Firenze) e a Pietro Clemente (Università di Siena), curatori scientifici rispettivamente per la parte etnomusicologia e antropologica. Il lavoro si sta svolgendo anche in collaborazione con l’Università statale di Milano, che si occuperà di trasferire su digitale le registrazioni audio raccolte da Caterina nel corso del proprio lungo lavoro di ricerca.
- Da Caterina, Francesco de Gregori, Titanic, 1982. ^
- 1967 – Caterina la raccatta canzoni, breve documentario prodotto da Toni De Gregorio. ^
- Caterina Bueno…, articolo di Valentino Santagati. ^
- Maurizio Agamennone per Caterina Bueno, Maurizio Agamennone in occasione della consegna del Fiorino d’oro, Firenze 2006, Sul sito di Vincanto Musica Popolare. ^
- Nello spettacolo ci sono canti popolari di tutte le regioni italiane. Alcuni partecipanti tra gli altri: Rosa Balistreri, il Gruppo Padano di Piadena, il Coro del Galletto di Gallura, Maria Teresa Bulciolu, Ivan Della Mea, Enzo Del Re, Ciccio Busacca. ^
- Maurizio Geri. ^
- Edito a cura dell’Assessorato alla cultura del Comune di Siena, purtroppo solo in tiratura limitata e non distribuito commercialmente, contiene alcune registrazioni dal vivo del periodo 1996-97. ^
- Alessandra Carnevali, blogger, Intervista a Riccardo Tesi in occasione del premio Mei, Faenza 2010. ^
- All’organetto diatonico Riccardo Tesi, alla chitarra Maurizio Geri, al sax Claudio Carboni, al contrabbasso Filippo Pedol, al piano Stefano Melone e alle percussioni Marco Fadda, e, in maniera corale, i contributi di Piero Pelù, Gianna Nannini, Nada Malanima, Francesca Breschi, Carlo Monni, Custodio Castello, Davide Riondino, Daniele Sepe. ^