Carla Venosta, architetta e designer italiana, emerge e si afferma nel dibattito milanese tra gli anni Settanta e Novanta. I suoi progetti traducono magistralmente il dialogo tra la cultura storico-artistica e la ricerca innovativa del progetto, contengono in sé un microcosmo di valori, non solo estetico-funzionali, ma anche etici.
Nel 1975 apre il proprio studio professionale di design a Milano, dove spazia dall’interior design all’industrial design, dalla grafica pubblicitaria agli allestimenti, fino all’artigianato.
Per comprendere nello specifico la versatile poetica progettuale di Carla Venosta non si può non partire dalla sua casa milanese (1972), che traduce nel proprio manifesto sull’abitare e spiega:
“La mia casa è già industrial design. Nel senso che non è un contenitore di oggetti, vale a dire di progetti individuali, singoli, che vi si ambientano, bensì è un progetto somma di progetti, e in continuo divenire. Questo perché condivido la filosofia progettuale che non assegna al prodotto un valore assoluto, ma lo definisce all’interno di una cultura, e certo anche di una disponibilità tecnologica del momento”.
Con un salto di scale, il suo pensiero si esemplifica anche nella microarchitettura del servizio da tè-caffè La casa rossa in metallo argentato lucido e rame, presentato alla fiera veronese Abitare il Tempo del 1986.
Le ragioni culturali di questo piccolo, quanto emblematico progetto, nascono dagli anni vissuti in Inghilterra con il marito Guido Venosta, all’influenza di William Morris – e la sua Red House – con l’intrecciarsi delle riflessioni relative alla produzione industriale, con l’artigianato e l’arte.
Caro a Carla Venosta è il tema della leggerezza che traduce, a livello formale, nelle ‘ali’ di farfalla della poltroncina in giunco e tessitura Alice (Vittorio Bonacina, 1996).
Negli ultimi progetti la sua esplorazione progettuale spazierà nell’ambito della sperimentazione artistica, come nel caso delle sedie Le violon (in cristallo e velluto prodotte per Gallotti & Radice, 1992), nelle quali omaggia Ingres, Man Ray e Stradivari per l’eredità culturale, sottesa a questo progetto.
Contribuisce a portare innovazione anche nell’ambito dell’industrial design vincendo due Compassi d’Oro per l’elettromedicale Mark 5 (Amplais, 1979) e per il controsoffitto integrato industriale Teknico (Tremisonl), nonché tre menzioni d’onore.
A partire dal 1979 inizia il suo impegno intellettuale nell’incoraggiare lo sviluppo dell’industrial design, soprattutto nei paesi emergenti ricoprendo la vicepresidenza dell’ICSID (International Council of Societies of Industrial Design, l’attuale World Design Organization) e nello stesso anno prende parte alla presentazione della Declaration on industrial design for development, tenutasi al National Institute of Design di Ahmedabad in India. A livello nazionale è socia attiva dell’ADI (Associazione per il disegno industriale) e prende parte del consiglio d’amministrazione della Triennale di Milano nel 1983 e nel 1992.
Dopo la scomparsa del marito nel 2001, Carla Venosta pone le basi della Fondazione Europea Guido Venosta nata con l’intendimento di approfondire e sviluppare l’idea di trasferire nell’impegno nonprofit gli strumenti pratici dell’area profit e lo farà istituendo il premio Il Ponte. Dal profit al non profit (2003), che sintetizza icasticamente la filosofia della fondazione, diventando “archetipo della comunicazione, il simbolo di ogni autentica migrazione di conoscenza” e rappresenta un riconoscimento per quanti investono le potenzialità dell’economia di mercato in ambito sociale.
Infine, come la ricorda nel 2019 il presidente ADI Luciano Galimberti in occasione della sua scomparsa Carla Venosta
“è stata, oltre che una grande professionista che ha contribuito con intelligenza e dedizione alla vita dell’associazione, un’amica che ha sempre concepito i rapporti interpersonali come relazioni improntate a franchezza e generosità. Fa parte a pieno diritto del ristretto numero di professionisti italiani che hanno fatto del design uno dei punti forti della nostra cultura di oggi, dal punto di vista creativo come da quello organizzativo”.