Della biografia di Donna Bianca Maria Meda si sa con certezza che visse nella seconda metà del XVII secolo, ma non si conoscono le date esatte di nascita e decesso. Fu monaca presso il convento di San Martino in Leano, presso Pavia. Fu uno dei tre bassi in organico nei cori del monastero milanese di Santa Redegonda, come risulta dai registri del 1675; quindi probabilmente nacque da famiglia nobile, come indica il Donna, e visse a Milano la prima parte della sua vita.
Delle sue composizioni è rimasta l’edizione dei Mottetti (Bologna, 1691) finanziata dal marchese Don Cesare Pagani, cui Bianca dedicò l’opera firmandosi Humilissima Serva. Si tratta di mottetti a una (quindi per voce sola), due, tre e quattro voci, con o senza violini e basso continuo.
I testi sono scritti da lei stessa. La lingua è un tardo latino, già quasi italiano: nel mottetto Volo vivere fortunata, Bianca esorta a fuggire dal mondo, che induce al peccato, per rifugiarsi nella vera beatitudine: “In mondo ò quante spine, quante insidie funeste, quante machine infeste, quante ruine in mundo, ò quante spine in mundo…”. Questo mottetto, composto nel registro di basso, veniva eseguito dalle monache (l’accesso ai maschi era vietato nei conventi), che tenorizzavano, cioè cantavano un’ottava sopra, oppure intonavano su un diapason più alto rispetto a quello oggi in uso. In questo meraviglioso mottetto il solista raggiunge un registro vertiginosamente basso, di una dolcezza commovente anche se cantata da un uomo.
Un altro celebre mottetto è Cari musici, per voce sola, due violini e continuo, che invita i musici al silenzio per godere meglio, nella contemplazione, l’amore di Gesù.
Da un punto di vista musicale i mottetti di Donna Bianca vanno oltre la descrittività madrigalistica e, in una ricercata corrispondenza tra significato delle parole e musica, i vocalizzi sui termini più significativi ci trasportano nella dimensione simbolica caratteristica del Barocco. La sua musica, come quella di tutte le monache compositrici, era concepita come santa ricreazione adatta a tutte le feste religiose; non poteva però non tenere conto di quanto avveniva nel mondo fuori dal convento alla fine del Seicento: il trionfo del teatro, la diffusione del basso continuo, le raffinate tecniche vocali e i virtuosismi. La polifonia e il contrappunto rinascimentali vengono sostituiti da composizioni più snelle, e si prediligono quelle per quartetto piuttosto che per coro a quattro voci; irrompono le voci soliste affiancate dai violini. I confini tra sacro e profano si riducono fino quasi a scomparire.
L’ensemble Cappella Artemisia, in attività dal 1991, con un organico tutto femminile specializzato in musica antica e barocca, ha dedicato alle monache lombarde del Seicento il CD Rosa mistica, e a Donna Bianca il CD Lacrime amare. Mottetti 1.
Non sappiamo se quella monastica fu una libera scelta, certo le consentì di creare più liberamente, di pubblicare le proprie opere e di mettere la propria arte a disposizione di tutti; tra l’altro alle monache era consentito tenere nella propria cella una spinetta o un clavicembalo.
- Il gruppo ha pubblicato nel 2012 un disco dedicato a Vittoria Aleotti, monaca presso il convento di San Vito, nel ferrarese, vissuta tra il 1575 e il 1620. Il padre, l’allora noto architetto Giovan Battista, ne pubblicò la Ghirlanda di madrigali a quattro voci nel 1593. Essendoci pervenuta anche l’opera della primogenita Raffaella, sempre a opera del padre (ebbe cinque figlie, di cui Vittoria sarebbe stata la seconda), a tutt’oggi non siamo in grado di stabilire se si tratti di due persone diverse o di una sola; in ogni caso si tratta di musica di grande valore e bellezza. ^