Una bellissima coppia discorde, questo il titolo dato alla raccolta del carteggio intercorso dall’agosto 1945 al gennaio del 1950 tra una giovane Bianca Garufi e lo scrittore piemontese Cesare Pavese1. Le lettere (l’ultima è datata pochi mesi prima della morte di Pavese) possono essere considerate la fonte di informazione principale per approcciarsi e scrutare quel mondo privato, intimo, carico di riflessioni personali e sentimenti sui quali sovente i biografi tendono a glissare. Contrariamente, grazie al lavoro certosino di recupero e catalogazione delle missive si ha accesso a un tessuto emozionale al quale neppur il miglior romanzo picaresco potrebbe mai rendere giustizia.
L’epistolario risulta interessante anche sotto un altro aspetto: se il nome di Pavese è certamente noto al grande pubblico, il quale annovererà tra le proprie letture opere quali La casa in collina o La luna e i falò che hanno reso lo scrittore tra i più famosi del secolo scorso, probabilmente meno conosciuta è la figura di Bianca Garufi, donna profondamente amata da Pavese e a cui egli fu unito da un vincolo che andava ben oltre il semplice desiderio. Queste lettere ci consegnano un ritratto pressoché perfetto di questa figura misteriosa e profonda che influenzò più di ogni altra la produzione pavesiana.
Bianca nasce a Roma da una famiglia aristocratica siciliana. Il legame con la Sicilia, terra primordiale e arcaica, segnerà profondamente Bianca sia sul piano individuale che letterario. Fin da bambina trascorre l’estate nell’antica villa di famiglia a Letojanni (vicino Taormina) venendo a contatto con la magia di luoghi che suggeriscono alla sua mente immagini di un passato quasi divino di cui, purtroppo, rimangono solo alcune tracce sparse negli immensi paesaggi siciliani. L’amore per il luogo di origine è così radicato che Bianca decide di rievocarlo in due dei suoi romanzi più celebri, ovvero Fuoco Grande del 1959 e Il Fossile del 1962; in entrambi i testi, infatti, è possibile leggere descrizioni di usanze autoctone e richiami a tradizioni sicule giustificabili solo alla luce delle lunghe permanenze sull’isola della scrittrice.
Inoltre, il contatto con la cultura mediterranea e il ricordo da questa evocato, come si diceva, di un’antichità aurea instillano in Bianca il desiderio di approfondire una disciplina all’epoca ancora poco studiata in Italia: la psicanalisi. A fare da sfondo a questo nascente interesse sono gli anni Quaranta del Novecento; il paese è da poco uscito dalla guerra e a fatica sta cercando di rinascere. La voglia di cominciare nuovamente è percepibile in ogni aspetto della vita degli italiani, non ultimo quello culturale e, pertanto, fa il proprio ingresso in Italia la psicologia sia di stampo freudiano che junghiano2.
Il taglio che C.G. Jung aveva conferito allo studio della psiche affascina immediatamente Bianca che rintraccia nei testi dello psichiatra echi di una certa grecità classica a lei assai familiare. In sintesi, si potrebbe affermare che la psicanalisi junghiana conferisce il giusto statuto epistemologico a quelle intuizioni che la giovane Bianca aveva colto durante i soggiorni in Sicilia. L’interesse per la psicologia non rimane relegato al puro piano dilettantistico, al contrario la Garufi si dedicherà assiduamente allo studio della psicanalisi e incentrerà la propria dissertazione di laurea sulla metodologia junghiana. È il 1951, infatti, quando Bianca si laurea in Lettere e Filosofia all’Università di Messina, seguita dal professore Galvano Della Volpe, con una tesi (la prima discussa in Italia su Jung) dal titolo Struttura e dinamica della personalità nella psicologia di C.G. Jung.
Tuttavia, la psicanalisi è presente anche nella sua produzione letteraria; in tal senso è esemplificativo il romanzo Rosa Cardinale, pubblicato da Longanesi nel 1968, totalmente focalizzato sulla lotta interiore che tormenta la protagonista. Diversi commentatori hanno inteso questo testo come un’opera autobiografica e, in effetti, è possibile individuare riferimenti alla vita di Bianca e in modo particolare alla relazione con Pavese.
È precisamente il rapporto con lo scrittore piemontese a costituire un momento essenziale nella crescita tanto personale quanto produttiva di Bianca. Altresì Pavese resterà profondamente segnato dall’incontro con la giovane siciliana a cui sarà sempre legato con una modalità che non è possibile rintracciare in nessuna delle altre relazioni da lui intrattenute. I due si conoscono nel 1944 quando entrambi lavorano presso la sede romana della casa editrice Einaudi. Nasce immediatamente un sentimento di reciproco affetto che non è caratterizzato in alcun modo, almeno inizialmente, dal desiderio amoroso; si tratta, più che altro, di un senso di stima dato dal mutuo riconoscimento della sensibilità intellettuale3. Scrive in una lettera Pavese:
Tu sei veramente una fiamma che scalda ma bisogna proteggere dal vento. A volte non so se un mio gesto tende a scaldarmi o a proteggerti. Anzi allora mi immagino di fare le due cose insieme e questa è tutta la mia e la tua tenerezza come una cosa sola.4
Da queste parole si evince chiaramente che Pavese immagina la possibilità di instaurare una relazione duratura con Bianca che non si riduca, come altre volte è accaduto, a una fiamma che brucia e si consuma facilmente. Questo connubio intellettuale porta alla decisione di scrivere un romanzo a quattro mani, Fuoco Grande (di cui si è accennato precedentemente), che però non verrà mai portato a termine e sarà pubblicato postumo. Lo scritto narra la storia di due giovani, Giovanni e Silvia, ai quali prestano la voce rispettivamente Pavese e Garufi e le cui vicende presentano degli innegabili richiami alle vite degli autori. Non è, però, questa l’opera che risente maggiormente dell’influenza che Bianca ha esercitato su un autore del calibro di Pavese. Le letture di psicanalisi dell’amata affascinano lo scrittore il quale decide di approfondire insieme alla stessa Bianca l’argomento degli archetipi e la loro interpretazione in chiave psicologica (si ricordi che Pavese era già entrato in contatto, per così dire, con il mondo della antica Grecia negli anni Trenta del Novecento quando fu esiliato dal regime fascista in Calabria per motivi politici)5. Lo studio approfondito dei miti così come quello delle figure arcaiche e divine fanno sì che veda la luce una delle opere più complesse scritte da Pavese, ossia I dialoghi con Leucò.
Per quel che concerne il testo e le sue interpretazioni, basti qui ricordare che ”Leucò” è la trasposizione greca del nome Bianca, ciò a intendere come sia stata proprio Garufi a ispirare i dialoghi e che sia lei la vera e unica interlocutrice. D’altronde, il preannuncio per il comune interesse verso il mondo delle origini si rintraccia altresì in una delle epistole inviate da Pavese alla donna in cui si legge: “Hai un modo di dire le cose che fa venire in mente i graffiti preistorici, qualcosa di tranquillamente familiare e insieme mitologico”6. Tuttavia, la loro relazione si interrompe bruscamente nel 1946 quando Bianca si dimette dalla casa editrice Einaudi. In un’intervista rilasciata poco prima della morte, Garufi afferma con piena consapevolezza e senza alcun falsa umiltà che probabilmente il rapporto con Pavese sarebbe comunque terminato perché, citando le sue parole, lei non era “la donna che lui voleva accanto, nel senso che non ero la donna adatta per aiutarlo a vivere”.
Negli anni successivi fino alla fine della propria vita, Bianca esercita la professione di psicoterapeuta che le consente di diventare vice presidente dell’Associazione Internazionale di Psicologia Analitica e successivamente membro attivo dell’Associazione Italiana di Psicologia Analitica7.
L’ormai rinomata intellettuale non si esime dal prendere parte alle lotte della sua epoca e durante gli anni Settanta dedica la propria attività di scrittrice e studiosa alla problematica dell’emancipazione femminile. Nel 1974 scrive un pièce théâtrale dal titolo Femminazione presentato alla Rai con lo scopo di far emergere il disagio, tanto sociale quanto psicologico, vissuto dalle donne a causa della condizione in cui sono rilegate. Il tema scottante della psiche femminile era già stato affrontato nelle poesie del 1965, ma in questi anni torna in modo così cocente che Garufi non può non dedicarsi alla stesura di saggi intorno a un argomento a lei caro e nel 1977 viene pubblicato sulla «Rivista di Psicologia Analitica» un suo articolo intitolato Sul preconcetto dell’inferiorità della donna.
Infine, è possibile ricordare l’interesse di Bianca per quelli che sono i temi maggiormente attuali all’interno del mondo psicanalitico negli anni Ottanta come la tematica della corporeità. Essa affronta l’argomento durante un congresso a San Francisco sul problema del rapporto tra moda e psiche umana; con un approccio che potremmo definire quasi fenomenologico, l’autrice afferma che il corpo è l’unico veicolo tramite il quale ci rapportiamo al mondo esterno, esso esiste ed è presente in tutta la sua complessità, è, in breve, ciò attraverso cui ci rappresentiamo e manifestiamo.
- Una bellissima coppia discorde. Il carteggio tra Bianca Garufi e Cesare Pavese (1945-1950), a cura di Mariarosa Masoero, Olschki Editore, 2011. ^
- Cfr., Il mito. Il sacrificio. A cento anni dalla morte di Bianca Garufi. La studiosa di psicanalisti e il vero amore di Cesare Pavese, «Culturelite», 16 Luglio 2018. ^
- Cfr., Lorenzo Mondo, Pavese: Cantami o Circe, in «La Stampa», 11 Novembre 2011. ^
- Cfr., Lorenzo Mondo, Pavese: Cantami o Circe, in «La Stampa» 11 Novembre 2011. ^
- Cfr., Andrea Sisti, Cesare Pavese e Bianca Garufi: una bellissima coppia discorde, in «Mondo dell’arte. Studi di lettere e arti», 25 luglio 2019, Anno III. ^
- Cfr., Lorenzo Mondo, Pavese: Cantami o Circe, in «La Stampa», 11 Novembre 2011. ^
- Cfr., Andrea Sisti, Cesare Pavese e Bianca Garufi: una bellissima coppia discorde, in «Mondo dell’arte. Studi di lettere e arti», 25 luglio 2019, Anno III. ^