Erano richieste in tutta Europa, viaggiavano come i musicisti uomini e alternavano il lavoro di compositrici a quello di esecutrici e cantatrici: sono le musiciste italiane, soprattutto veneziane e in particolare del Seicento. La più importante tra di loro fu probabilmente Barbara Strozzi. Ed è anche la compositrice seicentesca di cui conserviamo la biografia più ricca, anche se sempre piuttosto scarna: le sue colleghe, però, sono quasi scomparse.
Nata nel 1619 a Venezia, Barbara Caterina venne battezzata il 6 agosto di quell’anno. Nel 1628 il poeta e avvocato Giulio Strozzi (1583-1652) l’adottò, la riconobbe cioè come “figliuola elettiva”. In realtà è più che probabile che fosse davvero sua figlia. Forse per evitare problemi, nell’atto notarile testamentario, la bambina venne chiamata Barbara Valle. La madre, Isabella Garzoni, detta “la Greghetta”, lavorava e viveva nella casa di Giulio: lo Strozzi stabilì che Barbara sarebbe stata la sua unica erede, ma solo nel caso che lui fosse sopravvissuto alla Garzoni. Ciò significa sia che non c’erano altri figli in ballo, sia, e soprattutto, che lo Strozzi seguiva una tradizione veneziana che permetteva alle donne una maggiore emancipazione: la possibilità di ereditare.
Giulio, a sua volta figlio naturale e poi legittimato di Roberto Strozzi, apparteneva a una delle famiglie più in vista di Firenze ed era, da sempre, un appassionato di musica. Sarebbe diventato uno dei più prolifici librettisti del primo Seicento. A Roma, dov’era stato Protonotaro Apostolico, aveva aderito all’Accademia degli Ordinati. A Venezia si era invece unito a quella degli Incogniti. Nel 1637 ne fondò una propria: l’Accademia degli Unisoni.
Barbara ne divenne prima la mascotte e poi la protagonista. La ragazza però si era già esibita per gli Incogniti e aveva studiato musica con il cremasco Pier Francesco Cavalli (1602-1676), tra i maggiori compositori del Seicento, maestro di cappella nella cattedrale di crema e poi cantore presso la cappella di San Marco. Nel presentare le sue Bizzarrie poetiche, il sacerdote, organista e compositore Nicolò Fontei, nel 1635, aveva sottolineato che a ispirare le sue canzoni era stata «principalmente la gentilissima, e virtuosissima donzella la Signora Barbara».
L’anno dopo, nella dedica di un’altra serie di Bizzarrie (anch’esse edite a Venezia da Magni), la definiva “la virtuosissima cantatrice”. È da notare, per quella tipica alternanza di elogi e insulti che accompagnò quasi tutte le donne di talento della Serenissima, che a Barbara (chiamata ormai “Strozzi” e ricordata per il suo ruolo fondamentale di artista e portafortuna del gruppo) siano dedicati i resoconti delle Veglie de’ Signori academici Unisoni havute in Venetia in casa del Signor Giulio Strozzi. Ma al tempo stesso siano riservati lazzi feroci. Accade nelle Satire, et altre raccolte per l’Academia de gl’Unisoni in casa di Giulio Strozzi. Vi si scherza pesantemente, per esempio, sulla castità della ragazza, insinuando: «Bella cosa donare i fiori dopo aver dispensati i frutti». E si aggiunge curiosamente: «Il professare e l’essere sono termini differenti, tuttavia io anco la vedo castissima, mentre potendo e come femina, e come educata in libertà passarvi il tempo con qualche amore, ella nondimeno impiega tutte le sue affettioni in un castrato».
Il che sottolinea due cose: che Barbara scegliesse liberamente i suoi amori e che i castrati rientrassero nel novero. Questo ha indotto in passato alcuni ricercatori, come David ed Ellen Rosand, autori di Barbara di Santa Sofia and Il Prete Genovese: On the Identity of a Portrait by Bernardo Strozzi, a concludere che la Strozzi fosse una cortigiana d’alta classe. Certo: per molte veneziane votate alle arti, tra Rinascimento e Settecento, è impossibile stabilire se fossero prima poetesse, musiciste o artiste e “nel tempo libero” cortigiane. Oppure viceversa. Ed è indubbio che, tra le donne libere, ossia tra quelle che si mantenevano da sole, la prostituzione, per quanto d’élite, fosse l’unico modo per arrotondare le entrate (o per procurarsene: la cultura non ha mai dato molto da vivere). Barbara, in ogni caso, si mantenne da sola ed ebbe quattro figli; gli ultimi tre erano di Giovanni Paolo Vidman, con il quale ebbe una lunga relazione ma che non sposò mai. Anche questa scelta non era così rara nel Seicento e la condanna della Chiesa per qualsiasi forma di “concubinato” non bastò mai a scoraggiarla.
La fama di “cortigiana” Barbara la deve però soprattutto a un ritratto del pittore ed ex frate Bernardo Strozzi, detto il Cappuccino o il Prete genovese, che non era suo parente, e che la dipinse tra il 1635 e il 1639. La ragazza, oltre che florida, vi appare senz’altro piuttosto discinta, con la sua viola da gamba in mano e un’aria malinconica. Ciò non sarebbe stato giudicato decente per una dama ma ricorda molto l’Autoritratto di Artemisia Gentileschi (1630) come Allegoria della pittura e fa pensare all’orgoglio della pittrice romana per la sua professione.
La famiglia Vidman provvide di dote le due figlie di Barbara perché potessero entrare nel convento di San Sepolcro e diede un’eredità a uno dei due figli. L’altro invece entrò come monaco nel convento di San Servolo.
Alla Strozzi sono attribuite otto collezioni di brani musicali (la quarta è perduta ma si suppone fosse dedicata al Duca di Mantova): tutte sono dedicate nel frontespizio a mecenati e protettori diversi. Vuol dire che Barbara, che, per numero di composizioni, è stata la prima compositrice di cantate di tutto il Seicento, non ebbe un committente fisso. Nel 1644, la Strozzi pubblicò il suo primo libro di Madrigali, per due e fino a cinque voci, e lo dedicò a Vittoria delle Rovere, granduchessa di Toscana. I testi erano di Giulio Strozzi. Nel 1651 uscì un volume di Cantate, arie e duetti, dedicato a Ferdinando III d’Asburgo e ad Eleonora Gonzaga-Nevers, in occasione del loro matrimonio. Il terzo volume, 11 Cantate, ariette a una, due e tre voci, è del 1652. Il quinto volume è una collezione di musiche sacre, Sacri musicali affetti (1653), con 14 composizioni dedicate ad Anna de’ Medici, arciduchessa d’Austria. Nella raccolta, per inciso, solo il Salve Regina era scritto per usi liturgici. Il sesto volume (1657) e il settimo (1659) sono collezioni di cantate e arie a una sola voce. L’ottavo è intitolato Arie. Altre composizioni della Strozzi furono inglobate in antologie pubblicate nella seconda metà del Seicento. E questa è una fortuna, perché gran parte delle composizioni di donne non si sono salvate in quanto nessuno le ha trascritte. In totale, in vita, Barbara pubblicò 125 brani di musica vocale. E mentre la sua musica prendeva le vie d’Europa, lei pare che si spense, nel 1677, a Padova, nell’oblio e nella ristrettezza di mezzi.
Barbara Strozzi
Fonti, risorse bibliografiche, siti
Jane Bowers-Judith Tick, Women Making Music, Urbana and Chicago, University of Illinois Press, 1986
Ellen Rosand, Opera in Seventeenth-Century Venice. The Creation of a Genre, Berkeley and Los Angeles, University of California Press, 2007
David Rosand-Ellen Rosand, “Barbara di Santa Sofia” and “Il Prete Genovese”. On the Identity of a Portrait by Bernardo Strozzi, Art Bulletin 63/2 (1981), pp. 249-58
Isabelle Putnam Emerson-Isabelle Emerson, Five Centuries of Women Singers, Westport, Praeger, 2005
Valeria Palumbo, in Atti del convengo Donne a Venezia. Spazi di libertà e forme di potere (sec. XVI-XVIII), Venezia, 8-10 maggio 2008, Bellino, Casanova e i finti cavalieri. Ovvero il paradosso delle cantatrici
Valeria Palumbo, L’ora delle ragazze Alfa, Fermento, 2009
Beth L. Glixon, New Light on the Life and Career of Barbara Strozzi, in The Musical Quarterly 81 (1997), 311-335
Beth L. Glixon, More on the Life and Death of Barbara Strozzi, in The Musical Quarterly 83 (1999), 134-141
Discografia
Barbara Strozzi: Arias & Duets, Dorian Recordings, 2001
Strozzi: Virtuosissima Compositrice, Cappella Mediterranea, Ambronay/Harmonia Mundi, 2009
Barbara Strozzi, Primo Libro de’ Madrigali (1644), Cantus, 2000
Strozzi: Diporti di Euterpe, Stradivarius, 2007
A New Sappho, con musiche di Barbara Strozzi e Nicolò Fontei, Favella Lyrica, Koch, 2000
Barbara Strozzi, Opera Ottava, Arie & Cantate, La Risonanza, Glossa, 2001
Strozzi – Cantates, Ensemble Musica Fiorita, Harmonia Mundi, 2000
Barbara Strozzi: Arie, Cantate & Lamenti, Ensemble Incanto, Cpo Records, 1998
Referenze iconografiche: Ritratto di Barbara Strozzi, di Bernardo Strozzi, 1630 circa. Gemäldegalerie Alte Meister, Dresda. Immagine in pubblico dominio.
Valeria Palumbo
Giornalista, storica delle donne, è stata caporedattrice de «L’Europeo», attualmente lavora nell'ufficio centrale di «Oggi», scrive per il «Corriere della Sera» e collabora con vari giornali e siti web; tiene lezioni universitarie, organizza reading teatrali, partecipa a festival storici e letterari. Membro della Società italiana delle storiche e della Società italiana delle letterate. Ultimi libri: per Odradek Le figlie di Lilith (2008), Dalla chioma di Athena (2010); per Fermento L’ora delle Ragazze Alfa (2009), La divina suocera (2010); per Hoepli L'epopea delle lunatiche (2018); per Laterza: Non per me sola (2019) per l'Enciclopedia delle donne: Le donne di Alessandro Magno (2013), Veronica Franco (2014-2019), Piuttosto m'affogherei (2018).