Anna Maria Princigalli è nata a Bergamo il 2 ottobre del 1916. Suo padre era un tenente colonnello natio di Canosa Di Puglia d’istanza in Nord Italia in occasione della Grande Guerra. Sua madre era una maestra elementare bergamasca d’origini svizzere e probabilmente ebraiche.
Anna Maria trascorse l’infanzia e l’adolescenza a Canosa, che lasciò al raggiungimento della maggiore età per studiare all’università di Firenze, dove entrò a far parte degli studenti favoriti dei filosofi Ludovico Limentani e Eugenio Garin. A Firenze si ammalò di tubercolosi, ma riuscì comunque a laurearsi sotto la direzione di Garin in storia della filosofia. In pieno conflitto, si sottopose a Milano a un intervento chirurgico che comportò l’esportazione parziale di un polmone. Trascorse la convalescenza nel sanatorio di Miazzina in provincia di Verbania, dove prese contatto con la Resistenza. Militò nella brigata garibaldina Valgrande Martire e successivamente nella Divisione Mario Flaim, sola donna ad ottenere il grado di ufficiale.
Venne arrestata il 15 ottobre 1944 durante il grande rastrellamento che portò fine alla Repubblica Partigiana d’Ossola e fu incarcerata a Varese e a Milano. In carcere venne torturata dai fascisti. Durante la prigionia si ripresentarono i sintomi della malattia polmonare. Dopo il 25 aprile diresse i primi otto numeri della rivista «Valgrande Martire giornale di brigata», poi chiamata «Monte Marona giornale della divisione alpina Mario Flaim». Lasciò la rivista per assistere Luciano Raimondi per la fondazione e la direzione del convitto Rinascita a Milano, aperti ai partigiani e reduci di guerra privi di formazione, ma anche ai bambini ed adolescenti orfani e sfollati di guerra. Fu la direttrice del convitto Rinascita di Novara che rappresentò alle Conferenze dei direttori delle comunità di bambini in Svizzera, Francia e Belgio. Partecipò alla fondazione della FICE – Féderation Internationale des Communautés d’Enfants affiliata all’Unesco e si specializzò in psicologia infantile all’Institut Jean-Jacques Rousseau di Ginevra con Jean Piaget ed in seguito a Parigi con Heni Wallon. In un documento redatto dalla parlamentare, ex partigiana e educatrice Claudia Maffioli, se ne tracciano le qualità di direttrice del convitto di Novara e si riporta di come il futuro psicologo infantile ed ex partigiano Guido Petter, iniziasse la sua attività di educatore proprio aiutando e assistendo la Princigalli. Sia Petter che Maffioli in due diverse occasioni hanno ricordato i meriti della Princigalli per aver introdotto nei convitti Rinascita le più avanzate metodologie educative apprese all’estero. Lo stesso Petter tradurrà negli anni Settanta il noto testo di Piaget La géométrie spontanée de l’enfant in cui l’eminente psicologo svizzero cita una ricerca condotta assieme alla Princigalli. Sui rapporti tra quest’ultima e Jean Piaget, vale la pena di citare una lettera di Cesare Pavese in cui racconta all’editore Erich Linder di aver chiesto alla Princigalli, con la mediazione di Vittorini, d’intercedere su Piaget per ottenere un’edizione aggiornata di La représentation du monde chez l’enfant al fine di pubblicarlo in Italia per l’Einaudi, nella collana curata dallo stesso Pavese assieme all’etnologo Ernesto De Martino.
Fece parte della così detta “brigata universitaria” costituita da ex partigiani che per volontà del filosofo Antonio Banfi andò a rinnovare l’ateneo milanese dopo gli anni oscurantisti del fascismo.
Inoltre Romano Chiovini, fratello del partigiano e storico della Resistenza in Verbania Nino Chiovini e membro della divisione Flaim assieme alla Princigalli, ricorda di averla conosciuta alla fine degli anni Quaranta assieme alla psicologa infantile ed ex partigiana Marcella Balconi all’orfanotrofio dell’Istituto Pedroni a Cresseglio in provincia di Verbania, diretto da Adelina Guadagnucci.
Al rientro dalla Francia, Dina Rinaldi nel 1950 la propose alla direzione del PCI come membro della futura redazione della rivista «Educazione Democratica» di cui faceva parte anche Gianni Rodari. Per conto della rivista scrisse l’articolo La pedagogia di Anton Makarenko che l’affermò tra i principali esponenti della scuola del pedagogo sovietico, tanto che il testo fu ripreso dalla nota pedagogista Dina Bertoni Jovine.
Per la rivista «Rinascita» diretta da Palmiro Togliatti (sullo stesso numero compaiano articoli di Amendola, Longo e Calvino), pubblicò l’articolo Infanzia del dopoguerra.
Organizzò attività e discussioni tra i ragazzi vittime di guerra e ospitati nei convitti Rinascita. Utilizzava l’arte e il gioco nelle pratiche educative il cui obiettivo primario doveva essere far rifiorire la fiducia in se stessi e negli adulti che avevano tolto loro l’infanzia. Registrava le loro opinioni sulla guerra, sulla differenza tra bene e il male (i fascisti e i partigiani, i tedeschi e gli americani), sulla sfiducia e della speranza. Secondo la Princigalli i bambini dovevano partecipare alla vita democratica della loro scuola-comunità, affermava quindi che i convitti non dovevano limitarsi alla mera funzione di dare un tetto a chi aveva perso genitori e case. Anna Maria Princigalli censurava ogni forma di coercizione sui bambini ed accusava la scuola pubblica di non rendere “L’infanzia un’esperienza felice”. In effetti denunciò il fatto che i ragazzi che avevano ottenuto ottimi risultati nei convitti Rinascita, una volta inseriti nella scuola pubblica registravano peggioramenti e bocciature. Non a caso, la Princigalli fece parte della commissione del ministro Gonella per la riforma della scuola composta dai più noti pedagogisti italiani, ma la loro proposta di legge non fu mai approvata a causa dei contrasti in seno alla Democrazia Cristiana.
A causa dell’aggravarsi della malattia polmonare e di altri problemi personali e di salute, si ritirò a soli 40 anni dalla vita pubblica e accademica. Il suo caso fu seguito da vecchi capi partigiani quali Ferruccio Parri, Paolo Pescetti, Aristide Marchetti, Giuseppe Boffa e Giancarlo Pajetta. Trascorse gli ultimi anni della sua vita alloggiando, lavorando e studiando presso l’istituto di studi comunisti delle Frattocchie. Morì il 24 gennaio del 1969. Il quotidiano «l’Unità» la salutò come valorosa partigiana, educatrice e pedagoga dei convitti Rinascita. Infatti oltre a Milano e a Novara lavorò anche all’asilo dell’ANPI a Roma. La scomparsa accidentale degli archivi originali del convitto di Novara e il suo ritiro prematuro spiegano forse le ragioni del suo oblio dalla storiografia ufficiale sui convitti Rinascita.