*Il testo di questa voce è tratto da www.biografiesindacali.it
Nacque a Portoferraio (Li) il 12 dicembre 1920 da famiglia antifascista. Nel 1939, arrivò a Milano, raggiungendo il fratello Antonio, emigrato nel capoluogo lombardo a soli quindici anni, e il padre Vincenzo, comunista di vecchia data, che lo aveva seguito in cerca di lavoro. Erano con lei la madre Zelinda, l’altro fratello Dino e la sorellina Maria Laura. Si stabilirono, dopo qualche traversia, nel quartiere di San Siro, e Anna trovò lavoro come impiegata presso la casa editrice Bompiani.
Nell’ottobre del 1942 Antonio fu arrestato per attività antifascista, deferito al Tribunale Speciale e rinchiuso a San Vittore, da dove fu liberato solo il 3 settembre 1943. Dopo l’8 settembre divenne comandante partigiano, con il nome di battaglia di “Spartaco”, fu poi deportato a Mauthausen, dove morì. Il pomeriggio del 26 luglio 1943, Anna Gentili recatasi in piazza Oberdan, dove si stava tenendo un’imponente manifestazione per la caduta del fascismo, fermò coraggiosamente i carri armati venuti a disperdere la massa dei dimostranti e fu testimone del clima che si respirava il giorno dopo la caduta del fascismo:
Il fascismo era caduto – pensai – e quei militari non potevano rovinarci la manifestazione. E allora sentii che dovevo fare qualcosa. E fu così che mi lanciai verso quel carro armato e ci salii sopra. Ricordo che un ufficiale mi minacciò con la pistola, ma figurarsi…. La folla ormai aveva preso il sopravvento. I soldati del resto, avevano mostrato chiaramente di solidarizzare con noi.1
Venne arrestata nei giorni successivi, sorpresa a distribuire casa per casa «L’Unità» clandestina, e tenuta in carcere fino al 13 settembre, quando Milano era già stata occupata dai tedeschi. Decise di entrare immediatamente nella 3° brigata Gap – il suo nome di battaglia era “Lidia” – e nei Gruppi di difesa della donna.
Nell’aprile del 1944, ricercata dai fascisti a Milano, ma munita di documenti falsi raggiunse la bassa Valtellina, dove entrò in contatto e fu ospitata da Lina Selvetti – una partigiana della 40° Brigata Garibaldi “Matteotti”, che sarebbe morta il 4 febbraio 1945 a Milano nel corso di un’azione gappista. Gentili divenne responsabile dei collegamenti del Comando di Raggruppamento Garibaldi “Lario-Valtellina” con il Cln di Sondrio e il Comando regionale garibaldino, facendo continuamente la spola tra Milano e la Valtellina, trasmettendo ordini e recapitando documenti. Grazie alla sua prontezza, e con un pizzico di fortuna, riuscì più volte a passare indenne i controlli fascisti, come nell’episodio qui riportato:
Un giorno in Valtellina stavo dirigendomi in bicicletta a Traona. Ad un certo punto dovetti attraversare un ponte sul fiume Adda, ma una volta imboccato, mi accorsi che, poco più in là, c’era un gruppo di fascisti che bivaccava. Mi chiesi se fosse stato il caso di tornare indietro, ma pensai che sarebbe stato troppo pericoloso… Meglio andare avanti e affrontare con disinvolta allegria la situazione. Così feci e quando fui di fronte a loro li salutai e gli dissi: “ehi, ragazzi, mi raccomando, non ve ne andate, che fra poco torno a salutarvi nuovamente…”. Loro si misero a ridere e mi risposero: “stai tranquilla, che ti aspettiamo, bella come sei”. Tirai un sospiro di sollievo perché nel portapacchi della bicicletta avevo cose una più compromettente dell’altra.
Nel gennaio del 1945, assunse la direzione dei Gruppi di difesa della donna del III settore di Milano. In occasione dell’8 marzo, rese omaggio alla memoria di Lina Selvetti, esponendo la sua fotografia nella portineria della Borletti. Dopo la Liberazione, sposò Oliviero Cazzuoli, futuro dirigente del Convitto Scuola della Rinascita, dove si erano conosciuti, e in cui si formarono tanti partigiani. Entrò nel sindacato nell’agosto 1948, come impiegata presso l’Ufficio legale della Camera del Lavoro di Milano e vi rimase fino all’ottobre 1949. Morì a Milano il 12 luglio 2016.
- G. Angela, 1984. ^