Anna dei marchesi Lalatta nasce a Parma nel 1933. Durante la guerra si trasferisce a Tremezzo, sul Lago di Como, nella villa Sola Cabiati dei nonni materni, settecentesca residenza estiva dei duchi Serbelloni (vi soggiornò l’abate Parini, quale precettore; come presenza simbolica, vi è stata trasferita la camera di palazzo Serbelloni di Milano dove fu fugace ospite anche Napoleone). L’imponente dimora è prospiciente il lago, con pontile privato da cui la separa uno sterminato giardino all’italiana.
Se tutto ciò permette ad Anna di vivere in una fastosa bellezza, condizione di assoluto privilegio, specie nel periodo bellico, dentro di lei è isolamento totale. A scuola, in quinta elementare, è arrivata una insegnante dai capelli rossi che le dice davanti alla scolaresca “Sei stupida come la luna” e la confina dietro la lavagna. I compagni si divertono a bullizzarla. Lei non capisce, non sa, tace e incassa. E i genitori? Forse non se ne accorgono, non danno peso.
“Mia madre era giovane, mi aveva avuta a 18 anni, mi amava come un cagnolino. Mio padre ufficiale di cavalleria era sempre assente. I nonni materni, i veri referenti, vivevano dentro un passato di immobile grandezza”.
Bambina taciturna, Anna, che non ha passato l’esame di quinta elementare, viene ammessa alla prima media come uditrice. La iscrivono a ceramica, ricamo, disegno, tutte le attività femminili possibili che non prevedano, apparentemente, l’applicazione della mente.
Fin quando, all’improvviso, le sorge il dubbio di non essere stupida. Da lì una gran voglia di arte e letteratura, materie diventate il suo tabù dato che nessuno le aveva insegnato. Ora, presa consapevolezza di sé, si appoggia a persone di cultura e incomincia ad apprendere. A 17 anni Anna è molto bella. “Agli uomini piacevano i miei silenzi”. La guerra è finita. Un’estate, a un ballo conosce Guidi Cantelli, già grande direttore, pupillo di Toscanini. Lui si innamora perdutamente di Anna. Giura di venire a prenderla, che lei voglia o no, al suo ritorno dall’America. Lei tentenna: lui è sposato, con un figlio. Ma Cantelli non tornerà mai, il suo aereo si schianterà a Orly in un mattino di nebbia. Anna vive quel distacco con stupefazione. “C’era come una sproporzione tra quello che era accaduto e la mia capacità di elaborarlo”.
Passano pochi anni e, ancora a un ballo, Anna incontra l’uomo giusto “il migliore che io abbia conosciuto”: Mario Crespi Morbio. Si sposano. Hanno tre figli. Ma arrivano gli anni 70, un decennio pauroso per chi ha tanti soldi. I Crespi (Corriere della Sera) sono a rischio di rapimento. Lei prende lezioni di karate e porta i bambini in Svizzera. Li va a trovare tutte le settimane, ma i bambini non fanno che piangere. Allora li riporta a Milano. Madre chioccia, se ne prenderà cura con totale abnegazione, specie quando l’ultima, Matè, passerà attraverso varie vicissitudini, non ultima la dipendenza dalla droga. Anna riuscirà a recuperarla e portarla fuori dal giro, affrontando l’inevitabile odio furibondo della figlia. “Sono stata eroica, lo ammetto”. Matè, bellissima creatura fragile e infelice dalla vita complicata, due matrimoni, una figlia che adora, morirà nel 2005, a 44 anni, per una emorragia cerebrale. Anna non si darà mai pace. Per due anni vivrà come una pazza, indifferente a tutto, cervello in tilt. Poi un giorno si scopre a ridere per una stupidaggine e torna a vivere. Con indifferenza verso tutto ciò che è superfluo. La considera una maturazione. Non le importa più di morire. “La morte è qualcosa che accade”.
Alla fine degli anni ’80, tutto è ancora da venire. Nel 1987, in un momento di grande difficoltà per La Scala, con l’approvazione del sovrintendente Antonio Ghiringhelli e il benestare di Wally
Toscanini che l’aveva fondata, Anna decide di rilevare l’Associazione Amici della Scala, creata nel 1946 per la ricostruzione del Teatro dopo il periodo bellico e poi sciolta. Anna non ha un grande bagaglio culturale né s’intende di musica. Per istinto sa però discernere quel che è bello. Ha poi una qualità rara e preziosa: sa riconoscere le persone di valore ed è armata di una volontà ferrea. Tra i Soci fondatori della rinata Associazione figurano i nomi di Indro Montanelli, Piero Ottone, Biazzi Vergani, Gaspare Barbiellini Amidei, Franco di Bella. È un buon inizio. L’impresa è comunque illusoria. Anna ha il nome e i soldi ma non le conoscenze in campo; i tempi sono cambiati, è indispensabile l’appoggio dei mass media, ma riceve rifiuti altezzosi. Anna, forte di stimolanti proposte, li invita nel suo prestigioso salotto, in corso Venezia, nella casa Invernizzi prospiciente il giardino dove circolano e stridono i pavoni, suscitando ammirata perplessità negli astanti. I giornalisti non rispondono nemmeno. Anna dirà allora la profetica frase “Non vengono? Chiederanno di venire”. Due anni dopo c’è la fila e se qualche nome viene ignorato, l’interessato si offende a morte.
Anna è tenace. Non sempre gode dell’appoggio dei vari sovrintendenti della Scala, ma lei non demorde. Confesserà “A volte mi sono seduta sulla moquette in corridoio, ad aspettare fuori dall’ufficio di Badini. Uscendo inciampava in me e alla fine doveva farmi entrare e ascoltarmi. Ho avuto anche forti opposizioni, ma ho capito che avere nemici stimola l’intelligenza.”
Di che cosa si sono occupati, e si occupano, esattamente, gli Amici della Scala?
Si è iniziato con gli incontri “Prima della Prima” con artisti, studiosi, critici, giornalisti, per spiegare ogni spettacolo in cartellone. Ma soprattutto l’Associazione ha dato vita a straordinarie iniziative lungimiranti, come il recupero e il restauro dei bozzetti a firma Guttuso, Fiume, Savinio, che giacevano dimenticati in vecchi armadi dispersi per il Teatro. L’operazione, punto chiave dell’attività degli Amici, viene portata a termine in dieci anni di sforzi, trovando oltre 26 milioni di euro per finanziare la collaborazione con l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze.
Ne nascerà una collana di monografie di tutti gli artisti che hanno creato gli allestimenti scenici per gli spettacoli scaligeri. I volumi, raffinatissimi, su carta uso mano proveniente dalla Francia, stampati dal mitico Maestro Atelier del libro, hanno testi firmati da tra gli altri da Giulio Carlo Argan, Rossana Bossaglia, Gian Alberto Dell’Acqua, Gillo Dorfles, Vittorio Fagone. Con il secondo ciclo, curato da Vittoria Crespi, oggi i volumi sono arrivati a circa una settantina.
All’inizio, gli Amici della Scala hanno sostenuto il finanziamento per la formazione della Filarmonica della Scala voluta da Claudio Abbado. Hanno pubblicato e divulgato le migliori tesi di laurea in tema teatrale. Hanno promosso mostre sul recupero del patrimonio archivistico del teatro, allestite in Italia (Museo Teatrale alla Scala, 2006; Palazzo Reale, 2005; Lucca, 2004) e all’estero (New York; Dahesh Museum of Art, 2004; Amsterdam, van Gogh Museum, 2003). Hanno finanziato iniziative come il recupero dei costumi storici, esposti in occasione della mostra Incantesimi (Milano, Palazzo Reale, Ottobre 2017 – Gennaio 2018) realizzata per celebrare i 40 anni dell’attività degli AdS.
Dopo i due anni di pandemia Covid, l’ufficio chiuso, l’attività paralizzata, nel 2022 Anna Crespi lascia il suo posto e passa il testimone alla figlia Vittoria, storica dell’arte, che già da molti anni la affianca con grande capacità.