«Quando Lila uscì sulla spiaggia era ancora così presto che non c’era nessuno in giro. La sabbia era stata ripulita dalla marea notturna e nessuno l’aveva ancora calpestata tranne gli uccelli che pescavano lungo la costa, gabbiani, chiurli e piripiri. Lila si diresse verso il mare reggendo nel palmo della mano un piccolo canestro colmo di fiori che aveva raccolto nel giardino intorno a casa, boccioli di ibisco scarlatto, gigli profumatissimi e fiori di allamanda, lucidi e gialli come il burro».[1]
Scrittrice e saggista indiana, Anita Desai tratta la figura femminile nelle varie fasi dell’esistenza e nelle sue opere offre una visione originale e sconosciuta dell’India.Il padre, D. N. Mazumdar, lascia il Bengala per studiare in Germania, dove si innamora di Toni Nime; torna poi in India alla fine degli anni Venti con la moglie tedesca. In quel periodo la società indiana, profondamente influenzata dal colonialismo inglese, assiste alla rinascita di antiche tradizioni filosofiche e letterature nelle lingue locali e alla formazione del nazionalismo politico guidato dalla classe media colta. La madre di Anita si adatta allo stile di vita indiano, ma a casa si parla tedesco e la famiglia ascolta musica occidentale e legge romanzi europei in misura superiore rispetto agli indiani. I contatti con il mondo esterno avvengono nella lingua hindi. Anita frequenta la scuola della missione anglicana nella vecchia Delhi, per cui l’inglese è stato la sua prima lingua scritta, che da quel momento rappresenta per lei la lingua della letteratura. La scrittrice studia anche la lingua e la letteratura indiana. La famiglia Mazumdar è molto coinvolta nel movimento di liberazione, e sia il nonno sia lo zio dell’autrice trascorrono molti anni nelle prigioni indiane. Anita vive insieme al fratello e alle due sorelle, che frequentano l’università e diventano l’una una funzionaria dello stato e l’altra una pediatra. La scrittrice prosegue gli studi alla Queen Mary’s Higher Secondary School e nel 1957 si laurea in letteratura inglese alla Delhi University. Nel 1958 sposa Ashvin Desai, dirigente aziendale laureato in fisica. Dal matrimonio nascono quattro figli, fra i quali la scrittrice Kiran Desai. Il marito è scomparso nel 2008 all’età di 75 anni, dopo aver lottato contro il cancro e aver debuttato nel panorama letterario con la satira Between Eternities: Ideas on Life and Cosmos.
Anita rivela ben presto una profonda passione per la lettura e la scrittura, favorita dalla ricca biblioteca di famiglia e dall’ambiente intellettuale in cui cresce. A sette anni comincia a scrivere racconti e a nove ne pubblica uno su una rivista per bambini. Da quel momento anche la sua famiglia la considera una scrittrice. Ama i classici della letteratura inglese e autori più moderni come Woolf, Joyce, T. S. Eliot. In seguito legge molto nella lingua del padre, il bengali, in particolare le opere di Tagore, ma scopre anche la letteratura tedesca e gli autori preferiti della madre (Goethe, Schiller), oltre a interessarsi a Rilke e Brecht. Sviluppa una passione per la letteratura russa, soprattutto Dostoevskij, Čechov, Pasternak e Achmatova.
Nel 1986 Desai insegna al Girton College, Cambridge University, l’anno successivo è Visiting Professor allo Smith College in Massachussetts e nel 1988 insegna al Mt Holyhoke College. A partire dal 1993 è stata docente di scrittura creativa per un decennio al MIT di Boston e vive attualmente negli Stati Uniti.
Il suo debutto avviene nel 1963 con il romanzo Cry, the Peacock (pubblicato in Inghilterra dall’editore Peter Owen, specializzato in letteratura del Commonwealth britannico), brillante descrizione della follia in cui precipita una giovane donna bramina che uccide il marito. Segue nel 1965 Voices in the City, in cui tre hindu di casta elevata vengono coinvolti nei contrasti sociali a Calcutta, capitale di un mondo di degrado e miseria. The Village By The Sea (1982) è un romanzo per ragazzi con molti tratti autobiografici. La scrittrice narra vicende ambientate a Thul, il villaggio indiano di pescatori dove i suoi figli trascorrono le estati e il tempo libero nell’infanzia. I protagonisti Hari e Lila crescono in mezzo a una profonda povertà, incupiti dalla malattia della madre e dall’alcolismo del padre. La vicenda si conclude, comunque, con una nota di speranza che rappresenta la vitalità di spirito del popolo indiano.
Nel romanzo In Custody (1984), Desai illustra il mondo dei poeti urdu e il lento declino di questa lingua, ormai quasi artificiale, perché non viene più studiata nelle scuole e all’università. L’urdu rappresenta la voce dell’India islamica. Dal romanzo è stato tratto l’omonimo film della Merchant Ivory Productions, diretto da Ismail Merchant e uscito nelle sale nel 1994. L’autrice ha scritto la sceneggiatura insieme a Shahrukh Husain e afferma di nutrire alcune perplessità sull’adattamento cinematografico (avrebbe preferito il bianco e nero nello stile del neorealismo), ma apprezza molto la musica e le poesie lette in urdu. [2]
Baumgartner’s Bombay (1988) narra la vita dell’ebreo tedesco Hugo Baumgartner, rifugiato in India per sfuggire alla persecuzione nazista. Descritto come un barbone per le strade di Bombay, in India da cinquant’anni ma pur sempre straniero, trascina la sua vita come la borsa vuota che porta sempre con sé, e somiglia ai suoi gatti, ai quali rivolge parole di tenerezza nella lingua madre. La scelta di questo personaggio deriva da una necessità biografica e dall’esigenza di affrontare le radici tedesche. L’autrice, infatti, si è recata tre volte in Germania, dove la famiglia della madre è ormai scomparsa. In Fasting, Feasting (1999) Desai mette a confronto due famiglie: una indiana e l’altra americana. Il romanzo analizza l’esperienza degli stranieri, evidenziando che le persone, in fondo, nonostante la loro diversa provenienza, hanno gli stessi bisogni. La scrittrice «sente l’India come un’indiana, ma pensa al proprio Paese da outsider»[3]. In questo senso si può comprendere un certo disprezzo occidentale presente nelle sue opere rispetto alle abitudini e alle usanze indiane. In lei convivono in modo originale le due anime della famiglia d’origine. I suoi romanzi e i suoi racconti sono legati alle tematiche femminili, alle difficoltà derivanti dal matrimonio, all’isolamento delle donne in casa e nella famiglia, alla solitudine degli esseri umani. La sua opera si caratterizza per una visione piuttosto cupa della vita, in cui nessuno ha un ruolo vincente.
Negli ultimi anni Anita Desai si interessa alla poesia come modello per la scrittura e intende attingere a questo genere letterario per la lingua delle sue opere. In esse si percepiscono le tracce dei diversi idiomi conosciuti (inglese, tedesco, hindi, urdu). L’uso del linguaggio è molto plastico e rispecchia l’inclinazione poetica, che emerge soprattutto nei racconti e in particolare nelle espressioni liriche delle emozioni e nelle descrizioni del paesaggio interiore (oltre che esterno). La scrittrice usa spesso strutture sintattiche articolate e ipotattiche, che riescono a rendere in modo sapiente i colori, i suoni e le atmosfere dell’India.
Nel 2011 la casa editrice statunitense Houghton Mifflin Harcourt ha pubblicato la nuova raccolta The Artist of Disappearance, che, oltre alla storia che dà il titolo alla silloge, ambientata a Mussoorie, contiene i racconti The Museum of Final Journeys e Translator Translated. Desai svolge anche un’intensa attività saggistica e i suoi saggi sulla cultura indiana e sulla politica sono apparsi su «Dedalus», «The New Republic» e «The New York Review of Books». Ha ricevuto numerosi premi fra i quali The Royal Society of Literature’s Winifred Holtby Memorial Prize (1977), il Sahitya Akademi Award for literature in English (1978) per Fire on the Mountain, il Guardian Children’s Fiction Prize (1983) per The Village By The Sea. Nel 1980 è stata candidata al Booker Prize per Clear Light of the Day, nel 1984 per In Custody e nel 1999 per Fasting, Feasting. Alla figlia Kiran, compagna del premio Nobel Orhan Pamuk, è stato assegnato il Booker Prize nel 2006 per il romanzo The Inheritance of Loss[4]. In Italia Anita Desai ha ricevuto nel 2000 il Premio per la Letteratura Alberto Moravia.
NOTE
1.Anita Desai, Il villaggio sul mare, cura e traduzione di Anna Nadotti, Einaudi, 2002, p. 3.
2.http://www.guardian.co.uk/books/1999/jun/19/books.guardianreview11.
3. Benson Eugene & Connolly L.W.,Encyclopedia of Post-Colonial Literatures in English, vol. 1, Routledge, London-New York, 1994, p. 353.
4. Eredi della sconfitta, traduzione di Giuseppina Oneto, Milano, Adelphi, 2007.
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