Una donna forte, capace e arguta che ha dato vita, in tempi difficili, a una vera e propria impresa femminile, un ristorante con hotel, ancora oggi in piena attività, con un nome emblematico Ristorante “5 ragazze”, a Campofilone, in provincia di Fermo, nelle Marche.
Questa donna è mia zia paterna. Di lei ho pochi, significativi, ricordi d’infanzia e di gioventù insieme ai suoi tre figli, i miei cugini più grandi: Camillo detto Mimmi, Vittorio Eolo detto Lele (oggi chef rinomato e gestore dell’impresa con la sua famiglia) ed Edda Bucciarelli (grande cuciniera anche della famosa frittura ascolana con le meravigliose e rinomate olive) e, proprio grazie a quest’ultima, ho ricevuto alcune preziose notizie che, completate dalle annotazioni di Vittorio e dei suoi figli (consultabili anche nell’attuale sito del Ristorante) sono utili senz’altro a delineare un ritratto di Adalgisa detta Gisa.
Nasce da Teresa Ricci e da Lorenzo Caporossi: i miei nonni paterni e poi sposerà Nazzareno Bucciarelli.
Adalgisa nasce nella campagna dei nonni, che poi si trasferiscono in paese, a Campofilone, in una bella palazzina stretta e alta di tre piani (di cui anch’io ho piacevoli, pur lontani, ricordi d’infanzia), dopo che nonno Lorenzo, emigrato negli USA, a Chicago, rientra in Italia e l’acquista.
È la primogenita, una bambina dai capelli biondi tendenti al rossiccio. Sarà l’unica figlia femmina, perché nel 1920, nasce Ennio, mio padre, che si trasferirà poi ad Ancona; nel 1928, Enrico, che rimane a vivere in paese e nel 1930, Filiberto, residente a Chicago, dove emigrerà negli anni Cinquanta costruendosi una notevole fortuna.
Nel raccontare la sua vita ai propri figli, zia Adalgisa si è sempre lamentata perché da ragazza si era dovuta occupare dei fratelli maschi, che di fatto alleva fin da bambina, dato che mia nonna, sua madre, continuava a lavorare in campagna, anzi, in particolare, allevava le mule, nonostante avessero ormai un contadino, che abitava con la famiglia sulle loro terre della Valle dell’Aso. Inoltre fin dai 5 ai 15 anni Adalgisa collabora anche alla raccolta della “gramaccia”, la gramigna marchigiana, erba necessaria all’alimentazione delle mule, mentre frequenta la scuola elementare. Inoltre, naturalmente, aiuta in casa, sistema le scorte necessarie per l’inverno, che vengono conservate in soffitta.
Dopo i 15 anni, attorno al 1927, viene mandata come donna di servizio e tuttofare, ma anche per ricevere una buona educazione, a Pedaso, sul lungomare, presso la casa padronale di una famiglia benestante, dalla signorina Iole Tesei che abitava con sua sorella e con un vecchio generale. Le due sorelle, non sposate, stabilirono con lei un ottimo rapporto tanto che Adalgisa vive una certa indipendenza, va in bicicletta sul lungomare, passeggia e frequenta delle amiche.
La casa era sempre piena di gente: contadini, che portavano i prodotti della terra ai loro padroni, signori imprenditori, anche stranieri, che s’intrattenevano con la famiglia Tesei a parlare di affari. I Tesei avevano una grande proprietà di terreni coltivati a frutta, nella Valle dell’Aso e che commerciavano col Nord Italia e con l’estero, in particolare con l’Austria. Anche questo ambiente vivace alimenta la sua curiosità, sempre molto viva e il suo spirito di intraprendenza e di autonomia.
Per lei poi si trattava di un primo lavoro con compenso, che comunque dava ovviamente tutto in casa alla madre, mentre il padre non era poi tanto contento di questa sistemazione della figlia. Madre e figlia avevano stretto fra di loro una stretta alleanza. Lo spirito libero femminile in Adalgisa sembra essere, anche inconsciamente, sempre presente nella sua vita.
Del periodo che va dal 1927 al 1938, l’anno del suo matrimonio, non ho molte informazioni, ma sicuramente la nostra Gisa si muove tra il suo paese Campofilone in collina e Pedaso sul lungomare.
Nel 1939 nasce la sua prima figlia Vittorina, che purtroppo a nove mesi muore di difterite: il triste evento la porta a sviluppare un forte senso religioso e a frequentare assiduamente la Chiesa. Nel frattempo il fascismo e la guerra entrano prepotentemente nella sua vita. Nel 1940 nasce Edda.
Da sposata vive in paese, a Campofilone, a casa della famiglia del marito Nazzareno, chiamato Nazzarè, con i due genitori e la sorella Peppa, che la inserisce dalle monache, dove lavora. Campofilone, infatti, era ed è la sede dell’Abbazia benedettina di San Bartolomeo, importante fin dall’Alto Medioevo, per le cospicue proprietà terriere, tanto da risultare tra le più ricche abbazie del territorio fermano.
Dopo il 1945, propone, di sua iniziativa, alla proprietaria di una cantina in paese di dar vita a un “Vino e Cucina”, ma il progetto non va in porto, mentre sarà la bottega di falegname del marito Nazarè a diventare un vero e proprio laboratorio di pasta e di cucina, soprattutto durante le feste paesane, in particolare per la festa di san Patrizio.
Qui inizia, imparando da una sua comare di battesimo, Rosina Ramini, a impastare e a confezione la pasta a mano: i famosi “maccheroncini di Campofilone”. Nel 1948, per il matrimonio di suo fratello Ennio con mia madre Eola Ascani di Cupra Marittima (AP), allestirà con l’aiuto delle sue amiche tutto il pranzo di nozze, che si tiene presso la sala del Teatro Comunale del paese: sarà il suo primo vero e importante banchetto nuziale.
Da quel momento in avanti Adalgisa e le sue amiche collaboratrici iniziano una vera attività di cucina a domicilio, oggi si direbbe di catering, soprattutto in campagna, per i matrimoni, sistemandosi nelle aie, sulle spianate dinanzi alle case coloniche, allestendo pranzi per ogni festività. La pasta veniva sempre preparata nel laboratorio della bottega del marito, dove si ritaglia un angolo per impastare e tagliare a mano i maccheroncini. E prepara il sugo, ma anche i fritti e gli arrosti, nella cucina di casa.
Diventa famosa nella zona, soprattutto per i banchetti nuziali, ma non solo, infatti molte comitive dei dintorni la cercano e vengono in paese per lei. Utilizza le sale del bar del paese, al secondo piano, come sale da pranzo. Ho personalmente il ricordo, pur molto lontano, del pranzo di laurea di un mio zio materno, Claudio Ascani, che si tenne in quei locali.
Inizia così un’instancabile attività di gastronomia e di ristorazione.
La sua grande passione le farà acquisire una certa fama e la porterà ad aprire nel 1950 la prima trattoria nel centro storico di Campofilone. L’eco di Adalgisa risuona sempre più forte in tutta la regione grazie ai suoi maccheroncini, alle olive ascolane, ai cremini e alla galantina.
Attira la Commissione gastronomica regionale di Ancona che, accorsa a gustare i suoi piatti, attribuisce alla trattoria il nome Cinque Ragazze, in quanto erano 5 ragazze insieme a lei a organizzare e a tenere il locale.
L’arte culinaria di Adalgisa miete successi anche in campo nazionale, ricevendo due medaglie d’oro, diplomi, riconoscimenti e attestati.
Successivamente trasferisce la trattoria nella nuova e attuale sede, facendola diventare il pluridecorato ristorante “Cinque Ragazze” tanto che, nel 1981, quasi dieci anni prima della sua morte, davanti a 200 delegati esperti arrivati da tutta Italia, le viene assegnato l’Oscar Nazionale Della Cucina Italiana: massima onorificenza in campo gastronomico.
Successivamente escono articoli su giornali nazionali, come sulla rivista “OGGI” che le dedica un servizio giornalistico e la inserisce nella rubrica: “I PIATTI CHE HANNO FATTO L’ITALIA”.
Non mancano poi decine di premi assegnati da associazioni gastronomiche. Lo stesso Comune di Campofilone, con una seduta straordinaria, conferisce ad “Adalgisa cuoca e pastaia provetta”, il suo tributo per aver tenuto alto il nome del paese.
Tuttora il “Ristorante Cinque Ragazze” è portato avanti, con lo stesso stile di allora, dal figlio Vittorio, detto Lele, che, negli ultimi anni, aveva affiancato la madre Adalgisa. Raccolto il suo “testimone”, ottiene premi nazionali, presentando le sue specialità anche in diverse trasmissioni televisive, compresa “La prova del cuoco”, durante la conduzione di Antonella Clerici.
Nel 2007 insieme ai suoi figli, i nipoti di Gisa, apre il laboratorio artigianale “Maila” per portare non solo in Italia, ma in tutto il mondo, le sue specialità.
La vita di Adalgisa è la storia italiana di una donna, mia zia, che è riuscita con intelligenza, caparbietà e forza di volontà, a dar vita a una impresa che tuttora riempie di orgoglio e soddisfazione chi l’ha conosciuta e ne ha apprezzato le qualità.