Ada Bellucci nacque e visse a Perugia. Era figlia del demologo Giuseppe (1844-1921), rettore dell’Università nonché famoso collezionista di amuleti, sia antichi (romani, etruschi) che contemporanei, raccolti nelle campagne umbre, in diverse regioni italiane e all’estero. Una parte della collezione (tremila amuleti), diversificati per tipologia (come quelli per favorire la gravidanza e il parto), occupano due sale del Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria, a Perugia. Il padre raccolse anche alcuni oggetti legati alla filatura e alla tessitura, in particolare rocche per filare e fuseruole in maiolica derutese dipinta, oltre a delle stecche da busto incise e colorate, usate dalle contadine umbre ancora nei primi del Novecento. Questi oggetti daranno impulso agli interessi di Ada, che raccolse nel tempo una nutrita collezione (circa seicento pezzi) di tessuti tradizionali, strumenti tradizionali legati alla filatura e alla tessitura, oggetti da ricamo, merletti, libri e articoli.
Siamo nel primo decennio del Novecento, e in Italia si assiste a un rilancio dell’artigianato femminile, con la riscoperta di tecniche locali e di moduli decorativi tradizionali. Tale ripresa è dovuta, in parte a una rinnovata attenzione alla cultura popolare regionale (si pensi all’esposizione nazionale, curata da Lamberto Loria del 1911 e da cui poi nacque il Museo di Arti e Tradizioni Popolari di Roma), e in parte alla nascita di manifatture che promossero una specifica manodopera femminile, scongiurando così l’abbandono delle campagne e i processi di emigrazione. Il lavoro della tessitura e del ricamo consentiva infatti alle donne di avere uno stipendio, mettendo in atto competenze da sempre ritenute femminili e necessarie all’autoconsumo familiare, coniugandole con le moderne tecniche della nascente industria italiana. Promotrici di tali iniziative furono in particolare alcune straniere dell’alta borghesia e della nobiltà, come Cora di Brazzà Savignon, che fondò nel 1903 a Roma la Società cooperativa anonima “Le industrie femminili italiane”.
In Umbria incontriamo alcune straniere, come la contessa Mary Gallenga Stuart, fondatrice del Comitato regionale delle Industrie femminili italiane, diramazione di quello nazionale (insieme alla marchesa Maria Alessandrina Torelli Faina), la baronessa Alice Hallgarten Franchetti, che a Città di Castello creò il laboratorio Tela Umbra, con annessa una scuola materna. Incontriamo infine Romayne Robert Ranieri di Sorbello, che fondò la Scuola Ricami Ranieri di Sorbello a Passignano, sul lago Trasimeno.
Alcune signore con intelligenza ed amore seppero profittarne, creando dei comitati di persone volenterose per scegliere le migliori qualità di lavoro e darlo alle donne bisognose in cerca di occupazione. E, svolgendosi le piccole industrie, esse aderirono all’invito della “Cooperativa Industria Femminili italiane” e si costituirono i Comitati regionali di Perugia, Assisi e Rieti.1
L’obiettivo di queste scuole era di dare lavoro alle donne, incentivando la creazione e la vendita dei manufatti, anche attraverso esposizioni che periodicamente si svolgevano in Umbria, Italia e all’estero. Nel 1923 il Patronato Italiano delle Industrie Femminili e Piccole Industrie Popolari promosse una partecipazione alla Crociera italiana in America Latina per far conoscere i manufatti tessili e ricamati oltre i confini nazionali, in terra d’emigrazione italiana.
In Umbria fiorirono così varie scuole di ricamo, che svilupparono punti, come il croce ad Assisi, il punto umbro alla Ranieri di Sorbello, l’irlanda all’isola Maggiore del Trasimeno, il tessuto fiamma a Perugia, scuole tutte promosse da giovani imprenditrici.
Ada Bellucci partecipa attivamente alla promozione della tessitura e del ricamo umbro, attraverso una mostra-mercato permanente, con un locale sul corso di Perugia, “Arti decorative italiane”, dove questi manufatti venivano esposti e acquistati. Partecipa inoltre a diverse mostre, come la sezione Tessuti e ricami, della Mostra d’Antica Arte umbra del 1907 a Perugia, a manifestazioni che si susseguono fino alla Seconda guerra mondiale, come le Fiere campionarie a Parigi, di Bari, di Milano. Nella sua collezione sono presenti ancora del depliant di alcune mostre umbre, a cavallo tra il 1925 e il 19352. Ada contribuì anche al rilancio della Tela Umbra di Città di Castello, diresse un laboratorio di tessuti nel carcere femminile di Perugia e fondò un laboratorio chiamato Ars Paesana Umbra.
La collezione, donata nel 1971 all’Azienda di Promozione turistica di Perugia, è stata poi collocata presso il deposito della Galleria Nazionale dell’Umbria. È composta dai manufatti e dai campionari dei ricami delle diverse scuole umbre, dalla tessitura tradizionale come le tovaglie perugine in bianco e indaco d’ispirazione medievale, dai tessuti prodotti dalla cultura popolare locale.
La collezione diventa lo spunto per riflettere su una produzione femminile molto variegata, sia popolare e destinata al consumo familiare, sia frutto delle scuole e destinata a un mercato più colto e selettivo. Di grande interesse sono i numerosi strumenti per la cardatura e la filatura (pettini, rocche a braccio, rocche a mano, fusi, filatoi, arcolai), strumenti per la orditura e la tessitura (incannatoi, spole e navette, pettini, utensili per frange, telai), utensili per ricamo e cucito, più diversi oggetti di arte popolare in legno e paglia.
Gli oggetti e i manufatti raccolti testimoniano soprattutto un mondo di competenze femminili, fatto di strumenti e di tecniche, anche complesse, come quelle della tessitura o del ricamo, e di una produzione artigianale che, attraverso la vendita di prodotti, entrava finalmente nel mercato, uscendo dal mero uso domestico. Del resto, molti di questi oggetti erano legati direttamente al ciclo fidanzamento-matrimonio, come le rocche che, insieme al fuso, venivano donati nella festa di San Giovanni o nel giorno degli sponsali, come documentato dallo stesso Giuseppe Bellucci in alcuni suoi saggi. Ada non ha scritto studi specifici sulla sua collezione, ma ci ha lasciato una documentazione molto viva della vita e del lavoro femminile tra Otto e Novecento, testimonianza della ricchezza e delle competenze dell’artigianato femminile: la sua collezione è anche storia di molte donne imprenditrici della sua generazione, una storia ora dimenticata. Solo recentemente è stato ristampato il testo delle Industrie femminili italiane del 1906 della Brazzà Savignon a cura di Geneviève Porpora, che ha rilanciato alcune forme di ricamo tradizionale.
Immagine: Ada Bellucci, Tovaglia con motivi geometrici e animali
- Industrie femminili italiane, 1906, 168. ^
- Ho avuto modo di studiare e schedare la collezione di Ada Ragnotti Bellucci nel 1987-89, quando ero funzionaria alla Soprintendenza ai Beni Storico-Artistici e Architettonici dell’Umbria. Sulla collezione, insieme ad Angelica Fabiani, ho curato due mostre presso la Galleria Nazionale dell’Umbria (1987) e presso il Palazzo ducale di Gubbio (1988); alcuni pezzi sono stati esposti alla mostra curata dal Consorzio Merletti di Burano su Il merletto nel folklore italiano nel 1990. ^